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di AMDuemila
Addiopizzo: "Per la prima volta sono stati gli stranieri a denunciare"

Pioggia di condanne per quasi tutti gli imputati nel processo per le estorsioni ai negozianti bengalesi di via Maqueda e di Ballarò. Il collegio della terza sezione, presieduto da Fabrizio La Cascia, ha inflitto complessivamente 60 anni di reclusione ad otto dei nove accusati di estorsione continuata e aggravate dal metodo mafioso e dalla discriminazione razziale. La condanna più alta è stata inflitta ad Emanuele Rubino che deve scontare 13 anni e 9 mesi di reclusione. Per il collegio il clan dei Rubino avrebbe dettato legge nella zona del centro storico fino a quando non ci fu una ribellione dei commercianti accompagnati dalla Federazione delle associazioni antiracket, Sos Impresa e Addiopizzo. Gli altri condannati sono Giuseppe Rubino a 13 anni, Giacomo Rubino a 3 anni, Santo Rubino a 8 anni, Giovanni Castronovo a 7 anni, Emanuele Campo a 6 anni e 6 mesi, Alfredo Caruso a 5 anni e Carlo Fortuna a 4 anni. L'unico assolto è stato Vincenzo Centineo. Il processo è nato dall'inchiesta del 2016 effettuata dalla Squadra mobile di Palermo, coordinata dai sostituti procuratori Ennio Petrigni e Sergio Demontis, che partirono dalla denuncia dei dieci commercianti che trovarono il coraggio di denunciare i soprusi e le vessazioni che subivano nel rione da parte dei nuovi boss del pizzo. Raccontarono che il gruppo di esattori faceva capo alla famiglia Rubino, un clan di giovanissimi che seminava il terrore fra gli immigrati. Le parti civili erano le 10 vittime che hanno ottenuto 5 mila euro ciascuna a titolo di risarcimento provvisionale, le associazioni Centro Pio La Torre (assistita dagli avvocati Francesco Cutraro ed Ettore Barcellona), Confindustria, Confesercenti, Confcommercio, il Comune di Palermo, la Federazione delle associazioni antiracket, Sos Impresa che hanno ottenuto mille euro di provvisionale mentre ad Addiopizzo, che ha supportato le vittime nelle denunce, il giudice ha riconosciuto 5 mila euro di provvisionale.
"Una sentenza senza precedenti - ha commentato il comitato di Addiopizzo - per la prima volta il fenomeno della denuncia collettiva vede coinvolti un cospicuo numero di commercianti di origine straniera, che da tempo vive a Palermo e che abbiamo accompagnato a collaborare e sostenuto dentro e fuori dal processo. A poco meno di tre anni dagli arresti che hanno coinvolto nove soggetti che a Palermo ed in particolare in via Maqueda erano dediti a estorsioni, rapine, violenze e minacce ai danni di 11 commercianti di origine straniera, il Tribunale di Palermo si è pronunciato con sentenza di condanna".
"Le storie di alcuni di loro sono incredibili: - prosegue la nota - partiti quindici anni fa dal Bangladesh, dopo un lungo viaggio in mare, sono sbarcati sulle coste siciliane.
Hanno aperto attività commerciali, hanno creato famiglie e concepito figli che si sono perfettamente integrati nel territorio". "Tre anni fa, alcuni di loro ci contattarono perché vessati da anni da un gruppo criminale: - conclude la nota - richieste di denaro, minacce, rapine, furti e aggressioni erano all'ordine del giorno. La paura era pressante ed erano costretti a lavorare barricati all'interno delle loro attività e a chiuderle già nel primo pomeriggio perché all'imbrunire in via Maqueda il clima era da coprifuoco”. Anche il sindaco Leoluca Orlando ha voluto commentare: "Le pesanti condanne inflitte agli esattori del pizzo che erano stati denunciati dai commercianti di origine bengalese del centro cittadino è un fatto storico. Da questi commercianti viene un esempio civile, un esempio di coraggio e di intelligente capacità di rispondere alla violenza mafiosa facendo squadra e unendo le forze".

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