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pizzolungo monumento partecipacoopdi AMDuemila
Oggi si è tenuta l’udienza preliminare. Imputato è Vincenzo Galatolo

Ha avuto inizio questa mattina l’udienza preliminare del processo “Pizzolungo quater”, il nuovo procedimento penale istituito per accertare la verità sulla strage di mafia di Pizzolungo avvenuta quasi 39 anni fa nel trapanese. Il dibattimento vedrà come imputato Vincenzo Galatolo, capo mafia del rione Acquasanta di Palermo e già da tempo nelle patrie galere, che dovrà rispondere davanti al gupgiudice Baldo, dopo la richiesta di rinvio a giudizio da parte della procura di Caltanissetta.
In particolare ad accusare Vincenzo Galatolo, già condannato all' ergastolo per l' omicidio del generale Carlo Alberto dalla Chiesa, sono la figlia Giovanna e il pentito Francesco Onorato.
La prima ha infatti riferito ai magistrati alcune reazioni avute dal padre in famiglia, proprio nei giorni dell’attentato che aveva come obiettivo il giudice Carlo Palermo (sopravvissuto miracolosamente) e in cui persero tragicamente la vita Barbara Rizzo, ed i suoi due figlioletti di sei anni, i gemellini Salvatore e Giuseppe Asta. “Non appena il telegiornale diede la notizia - ha messo a verbale Giovanna Galatolo - mia madre iniziò a urlare: 'I bambini non si toccano'. Mio padre le saltò addosso, cominciò a picchiarla, voleva dare fuoco alla casa". “Avevo vent’anni - ha raccontato Giovanna - a casa sentivo mio padre che diceva: ‘Quel giudice è un cornuto’. Poi, si verificò l’attentato. E mi resi conto, anche mia madre capì. Non si dava pace“. Oggi si sono dunque costituiti parte civile il Comune di Erice, Trapani e Valderice, le associazioni Libera, “La verità vive” e Antiracket di Trapani insieme al giudice Carlo Palermo e Margherita Asta, figlia e sorella delle tre vittime della strage. Anche lei sarebbe potuta morire se non fosse che in quella mattina era già stata accompagnata a scuola da un’amica di famiglia per non fare tardi alle lezioni. Il giudice scioglierà le riserve sulle ammissioni la prossima udienza, prevista per il 12 marzo. Intanto, secondo alcun indiscrezioni, l'imputato Vincenzo Galatolo potrebbe chidere di essere giudicato col rito abbreviato.

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Il magistrato Carlo Palermo © Imagoecoomica



Il delitto avvenne il 2 aprile 1985, Carlo Palermo all’epoca sostituto procuratore di Trapani si era trasferito nella provincia da appena 40 giorni. Il giudice aveva già avviato indagini sulle connessioni tra mafia e colletti bianchi. Tra i fascicoli che aveva aperto, in particolare, di rilievo erano quelli relativi ai cavalieri del lavoro di Catania, Costanzo, Rendo e Graci, i loro contatti con mafiosi trapanesi e le ingerenze in certi affari della loggia segreta Iside 2 di Trapani. Cosa Nostra decise che era giunto allora il momento di mettere a tacere il pm. I boss fecero brillare una macchina carica di tritolo che però non uccise il giudice sulla Fiat 132, ma investi l’autovettura della famiglia Asta (che di fatto fece da “scudo” al veicolo del magistrati), senza lasciare sopravvissuti tra chi si trovava all’interno.
Per la strage si celebrarono 3 processi, come si legge su La Stampa. Il primo contro gli esecutori, tutti appartenenti al clan mafioso di Alcamo, poi assolti in via definitiva dalla Cassazione, dopo una prima condanna in primo grado. Gli altri due processi hanno visto condannati in via definitiva i capi mafia Totò Riina e Vincenzo Virga e in un altro ancora i boss palermitani Nino Madonia e Balduccio Di Maggio. Tutti i processi celebrati fino a questo momento hanno ricondotto il movente alla strategia mafiosa di quegli anni, di colpire gli investigatori ed i magistrati che operavano sul fronte avanzato della lotta a Cosa nostra. Ma potrebbe esserci altro. Un alone di mistero con poteri occulti, massoneria e servizi segreti deviati dello Stato che potrebbero avere avuto un ruolo nella strage di Pizzolungo. E non solo. A dimostrazione di questa possibilità vi sarebbero i residui del tritolo rinvenuti nella scena dove è esplosa l’automobile che è lo stesso usato in ben altri delitti stragisti in odore di mafia: dalla strage al treno rapido 904, nel dicembre 1984, per il quale è stato condannato il cassiere della mafia siciliana Pippo Calò (anche lui un tempo iscritto tra gli indagati per Pizzolungo), passando per il fallito attentato all’Addaura contro Giovanni Falcone nel 1989, fino ad arrivare all’autobomba di via d’Amelio del luglio 1992 dove si ritiene che la composizione dell’esplosivo fosse identica a quella di Pizzolungo. Numerosi sono quindi gli indizi e i pezzi di questo puzzle complesso che i giudici del nuovo processo “Pizzolungo quater” dovranno comporre e unire per delineare gli scenari su ciò che avvenne quella mattina di primavera di 39 anni fa.

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