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mineo franco tribunale palermoLa corte d'appello non ha riconosciuto l'aggravante per mafia
di AMDuemila
La corte d'appello di Palermo non ha riconosciuto l'aggravante di avere agevolato Cosa nostra imputata all'ex deputato regionale di Grande Sud, Franco Mineo, e ha pertanto dichiarato il non doversi procedere per intervenuta prescrizione per l'accusa di intestazione fittizia di beni. L'altro reato contestato, il peculato, è stato derubricato in peculato d'uso e, pure questo, dichiarato prescritto. In primo grado Mineo aveva avuto una condanna ad 8 anni e 2 mesi. L'ex deputato era difeso dagli avvocati Giuseppe e Ninni Reina. Prescritte anche le accuse di intestazione fittizia contestate ad Angelo Galatolo, anch'egli in primo grado condannato a cinque anni e assolto dall'accusa di associazione mafiosa. Il processo era nato da una perquisizione fatta nello studio commerciale Franzone che aveva tra i suoi clienti la famiglia Galatolo. Nel corso della stessa gli investigatori avevano rinvenuto un passaggio di proprietà che provava la compravendita di alcuni immobili in cui, sotto al nome dell'acquirente, c'era scritto: "Compra Angelo G.". Le visure catastali hanno dimostrato che i locali erano di proprietà di Mineo, una circostanza che ha convinto la Dia che l'ex parlamentare aveva, in realtà, acquistato per conto di Galatolo. Da qui, per entrambi, le accuse di intestazione fittizia di beni. Mineo era imputato anche di peculato, oggi derubricato - avrebbe usato per fini privati l'auto blu di cui godeva da assessore comunale - e la malversazione sarebbe stata fatta in concorso con l'ex presidente della Onlus Caput Mundi Settimo Trapani: secondo l'accusa i finanziamenti destinati alla fondazione sarebbero stati usati per le spese elettorali del deputato. L'ipotesi di reato di malversazione era stata già dichiarata prescritta dal Tribunale.

Fonte: ANSA

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