Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

macaluso sergio c ansaMacaluso, ex boss di Resuttana: “Mi fu dato un sacco pieno di armi
di AMDuemila

Dentro Cosa nostra stava maturando la decisione di “buttare fuori Bacchi da tutta Palermo”, l'imprenditore arrestato il 1° febbraio nell'operazione “Game over”. A svelare le dinamiche interne alle famiglie mafiose palermitane è il pentito Sergio Macaluso (in foto), ex capo di Resuttana arrestato a dicembre nel blitz “Talea”. Tra i dettagli emersi, anche gli attriti nei rapporti tra il “re delle scommesse” e i boss del capoluogo siciliano.
Davanti ai pm Roberto Tartaglia, Annamaria Picozzi e Amelia Luise, Macaluso racconta dei rischi corsi da Bacchi per un mancato rispetto degli accordi con Cosa nostra. Tra le foto sottoposte al collaboratore, l'ex boss di Resuttana riconosce Roberto Graziano, “nipote di Vincenzo (boss con il quale Bacchi ha avuto contatti, nonché colui che doveva recuperare il tritolo per uccidere il pm Nino Di Matteo, ndr) che si occupava del gioco. Teneva i rapporti con Ninì Bacchi perché noi a Resuttana avevamo 17 agenzie di scommesse e per ogni agenzia Bacchi ci dava 200 euro al mese. Questo accordo si fece con la mediazione di Alessandro Alessi (mafioso di Pagliarelli, ndr) che propose a Roberto Graziano di estendere gli accordi che già erano operativi sul territorio di Alessi”. Quando però Graziano tornò in libertà, prosegue Macaluso, “mi disse di rintracciare Bacchi perché era in arretrato con i pagamenti da tre mesi”. Così il pentito si rivolse “a mio nipote Lo Iacono Francesco, che mi fece rintracciare un cugino di Bacchi che si chiama Salvatore. Parlai con questo ragazzo e mi presentai a nome di Roberto Graziano”.
Il nipote di Bacchi, continua il pentito, avrebbe addotto come giustificazione dei ritardi il fatto che “le sale non lavoravano mai abbastanza”. Macaluso, da parte sua, intimò “di chiudere entro un giorno i centri scommesse”. “Si stava decidendo con Paolo Calcagno (reggente del mandamento di Porta Nuova, ndr) di buttare fuori Bacchi da tutta Palermo - sottolinea il pentito nel verbale - Avevamo pensato anche di fargli una rapina in un ufficio di via La Malfa dove confluivano i soldi di tutti i centri scommesse di Bacchi”. “Ne parlammo anche con Lo Iacono Francesco che non si oppose ma che ci fece presente che Francesco Nania di Partinico voleva parlare con Bacchi e per questo ci disse se potevamo attendere”. A Bacchi “furono dati tre giorni di tempo nel corso dei quali non accadde nulla” dopodichè, racconta il pentito, “mi incontrai in viale Campania con Graziano Vincenzo e suo nipote Santino e lì mi fu dato un sacco pieno di armi da utilizzare per fare la rapina a Bacchi. Due giorni prima di questa rapina ci fu un altro tentativo di rapine ai danni dello stesso sito che volevamo aggredire noi e nell'occasione furono arrestati i rapinatori grazie agli impiegati dell'ufficio che si accorsero di quello che stava avvenendo dalle telecamere. Decidemmo di fermarci e quindi contattammo mio nipote per sapere qual era la persona che portava i soldi a Partinico”. Il progetto di ritorsione fu poi stoppato, conclude il collaboratore, nel momento in cui “Calcagno ci mandò 10.000 euro dati da Bacchi”.

bacchi benedetto c igor petyx

L'arresto di Benedetto Bacchi (© Igor Petyx)


Diatribe su “La Cubana”

Nei verbali di Macaluso anche la diatriba interna a Cosa nostra in occasione dell'apertura del bar “La Cubana” di viale Strasburgo. Proprio accanto, infatti “io e Filippo Bonanno - spiega il pentito - dovevamo aprire il bar Strasburgo”, cosa che avrebbe portato i proprietari dell'edificio a lamentarsi, e da qui “ne nacque una diatriba” nella quale “mi trovai in difficoltà perchè Vincenzo Graziano aveva autorizzato l'apertura de La Cubana” con la mediazione di Alessandro Alessi, che aveva dato “50 mila euro a Graziano” e preso “l'impegno di pagare 500 euro al mese a Resuttana”. Durante un incontro Macaluso avrebbe chiesto il sostegno di Vito Galatolo (oggi pentito) il quale “aveva autorizzato la mia apertura”. Alla fine, però, l'ex boss di Resuttana fu costretto a rinunciare al progetto poiché Graziano “non avrebbe potuto aiutarmi economicamente”. Nel contempo il proprietario dell'immobile “mi minacciò che mi avrebbe denunciato”, così “decidemmo che avrei chiuso il bar, ma La Cubana avrebbe dovuto rifondermi le spese, ci diedero 25 mila euro”. Di contro, i proprietari de “La Cubana” affermano di “non aver mai ricevuto alcuna autorizzazione ad aprire, né di aver mai fatto accordi per pagare il pizzo, né tanto meno di averlo mai pagato”.

Foto © Ansa

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos