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“Nota dolente la mancata denuncia dei danni subiti da parte delle vittime del pizzo”
di Aaron Pettinari - Video
“La mafia è tutto”; “Cosa nostra esiste da quando esiste il mondo”; “Il rispetto è il rispetto”; “Noi siamo il fiore all'occhiello di Cosa nostra". Sono queste alcune delle intercettazioni registrate dagli inquirenti nell’ambito dell’operazione “Montagna” che questa mattina ha portato all’arresto di 58 tra boss e mafiosi dell’agrigentino. Parole che manifestano la forza di una mafia fortemente radicata nel territorio e basata su antichi valori. “Questa indagine dimostra che la presenza di Cosa nostra continua a essere attuale e vitale - ha commentato il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi - In zone come quella dell'agrigentino si connota per una rigidità estrema e per la chiusura delle strutture organizzative che cercano contatti con mandamenti di altre province e con personaggi calabresi per favorire traffici droga". “Lo dicono i numeri - ha aggiunto - Undici sono stati i provvedimenti di arresti domiciliari notificati, 49 le misure cautelari in carcere. Due ordinanze di custodia non sono ancora state eseguite e pare che questi soggetti siano fuori dal territorio nazionale”.



Le mire sui fondi per i migranti
Il procuratore ha evidenziato alcuni particolari emersi dall’indagine condotta dalla Dda con l’ausilio dei carabinieri. Tra questi l’interessamento per organizzare nuovi centri di accoglienza per i migranti. “Il tentativo non è andato in porto perché non si sono completati gli iter - ha proseguito Lo Voi - Ma la vicenda conferma come in un settore in cui arrivano soldi pubblici per l'accoglienza l'interesse di alcune aree di Cosa nostra è particolarmente attivo”.

Le mancate denunce
Altro dato inquietante riguarda le mancate denunce dei danni subiti da parte di molte vittime del pizzo. “Ancora una volta un'inchiesta dimostra che commercianti e imprenditori non riescono a sottrarsi all'imposizione del pizzo - ha detto il Procuratore Capo di Palermo - Duole rilevare inoltre che una ventina di imprese hanno subito danneggiamenti che non hanno nemmeno denunciato. Questo conferma l'effetto intimidatorio che la mafia continua ad avere. Cosa nostra non sarà più quella di venti anni fa ma parlare della sua sconfitta è decisamente prematuro. Il lavoro da fare è ancora lungo". In tutto le estorsioni scoperte dai militari dell'Arma sono state 27 ed è emerso che per quasi una ventina di danneggiamenti non sono state presentate le denunce.



Cosa nostra e le sue regole
E’ toccato poi al procuratore aggiunto Paolo Guido indicare alcuni passaggi importanti dell’inchiesta. "Emerge - ha detto Guido - uno spaccato sociologico relativo a una ortodossia che ci riporta indietro nel tempo, perché alcune conversazioni intercettate rassegnano concetti che credevamo superati. Sembra di tornare a 40 anni fa sentendo parlare i componenti dei clan che parlano di Cosa nostra e non di mafia. Nelle intercettazioni sembra di essere dentro a una fiction, come Gomorra, in cui si sentono frasi del tipo 'La mafia è tutto' o 'Cosa nostra esiste da quando esiste il mondo' e ancora 'Il rispetto è il rispetto' e poi 'Noi siamo il fiore all'occhiello di Cosa nostra' denigrando la provincia di Palermo, all'interno della quale viene riconosciuta autorevolezza solo alla mafia di Corleone".
Quindi ha proseguito: “Uno dei risultati da sottolineare di questa imponente indagine è che sono stati arrestati 15 capimafia, personaggi cioè di vertice dell'organizzazione". A finire in manette anche figure chiave come Francesco Fragapane, 37enne figlio del padrino di Santa Elisabetta Salvatore, detenuto al 41 bis. Secondo gli inquisenti era lui il reggente del mandamento di Santa Elisabetta e di un grande mandamento, chiamato “della montagna", che racchiudeva sotto di se anche i paesi di San Biagio Platani, Cammarata, San Giovani Gemini, Sant’Angelo Muxaro, Casteltermini, Favara, Raffadali, Santo Stefano di Quisquina, Bivona, Alessandria della Rocca.



L'indagine ha accertato estorsioni, intestazioni fittizie di beni, un episodio di concorso esterno, uno di voto scambio, traffici di droga e truffe a imprese sottoposte ad amministrazione giudiziaria. “Cosa nostra nel territorio agrigentino - ha ricordato ancora Lo Voi - si connota per una particolare rigidità e chiusura delle sue strutture e che è continuamente in ricerca di contatti con i mandamenti di altre provincie del territorio siciliano ma anche con personaggi calabresi, in particolare per il traffico di stupefacenti”. Alla conferenza stampa è anche intervenuto il colonnello Giovanni Pellegrino il quale ha riferito che durante il blitz sono state rinvenute e sequestrate diverso denaro contante. “Addirittura abbiamo sequestrato 240mila euro impacchettati e ben ordinati. Durante la perquisizione c’è stato anche l’episodio di un figlio di uno dei soggetti raggiunti dall’ordinanza che ha tentato di dileguarsi con una busta contenente sempre del denaro”.
Rispetto all’accusa di concorso esterno contestata al sindaco di San Biagio Platani, Santino Sabella, vi sono intercettazioni in cui questi dialoga con rappresentanti della locale famiglia mafiosa. “Dava indicazioni, in un certo senso come a voler concorrere nella gestione di determinati appalti - hanno detto gli inquirenti - Ci sono intercettazioni abbastanza significative che testimoniano il rapporto di vicinanza con alcuni elementi apicali della consorteria mafiosa”.

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