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messina denaro sicilia occidentaleSecondo le indagini possibile “presenza del latitante nella Sicilia occidentale”
di Miriam Cuccu - Aggiornamento
Le indagini partono nel 2015, e documentano “la possibile, periodica presenza del latitante nella Sicilia occidentale”. E il latitante in questione si chiama Matteo Messina Denaro, boss di Castelvetrano introvabile da 24 anni. La “primula rossa” del trapanese prosegue la sua latitanza dorata, ma il blitz dei Carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Trapani ha assestato un altro colpo alla rete dei fiancheggiatori del capomafia. Quattordici i provvedimenti di fermo – nell'operazione “Visir” – emessi dalla Procura distrettuale antimafia di Palermo e in corso di esecuzione dall'alba, a carico di altrettante persone indagate per associazione mafiosa, estorsione, detenzione illegale di armi e altri reati aggravati dalle finalità mafiose. Il provvedimento è stato disposto dal procuratore Lo Voi e dai sostituti Carlo Marzella, Pierangelo Padova e Gianluca De Leo, della direzione distrettuale antimafia.
Le indagini del Ros hanno ricostruito gli assetti e le gerarchie della cosca mafiosa di Marsala. Al suo interno sono state documentate anche le tensioni della famiglia per la spartizione delle risorse finanziarie provenienti dalle attività illecite. 
È emerso come la famiglia di Marsala era capeggiata da Vito Vincenzo Rallo, ma esistevano anche due sottogruppi, rispettivamente di Nicolò Sfraga (considerato uomo fidato di Rallo) e Vincenzo D'Aguanno, che seppur riconoscendo l'autorità di Messina Denaro mostrava insofferenza per le interferenze di Sfraga nella distribuzione dei guadagni del territorio di competenza. Queste frizioni portarono Rallo ad intervenire in più occasioni, per scongiurare l'accendersi di un confronto violento tra i diversi schieramenti. È a questo punto che, nel 2015, è intervenuta l'azione pacificatoria di Messina Denaro. “C'è il latitante che avi i cugghiuni unciati... – è il contenuto di un dialogo registrato – che sarebbe Messina Denaro che è nelle zone nostre”. Le intercettazioni hanno infatti captato la voce di un affiliato che trasmetteva l'ordine del boss: mettersi d'accordo, perchè altrimenti “sarebbe stato iddu a muovere il suo esercito”. E la cosca ha ubbidito senza fiatare. Un episodio, questo, che testimonia quanto ancora pesa il parere del capomafia per la famiglia mafiosa.

Secondo le intercettazioni è stato Sfraga, all’inizio del 2015, a riferire a D'Aguanno (che aspirava a ricoprire il suo posto di capodecina) che a fine 2014 c'era stato l'intervento pacificatore di Messina Denaro: "Iddu u dissi". Gli inquirenti non sono però in grado di poter stabilire se Sfraga sia stato davvero il portavoce della primula rossa della mafia, anche se ritengono che l'intervento di Messina Denaro ci sia realmente stato. Gli ordini del boss latitante, secondo le indagini, sono stati quelli di mantenere lo status quo: Sfraga capodecina di Petrosino e Strasatti, così come aveva deciso Rallo. Gli screzi tra Sfraga e D'Aguanno, oltre che per la nomina del primo a capodecina, sarebbero da imputare a controversie e dissidi in merito alla distribuzione di alcuni lavori edili. Emerso poi dall'indagine il ruolo di primo piano che avrebbe rivestito Vito Vincenzo Rallo, il quale avrebbe interloquito con esponenti delle famiglie mafiose di San Giuseppe Jato e Belmonte Mezzagno in merito a dinamiche associative che coinvolgevano più mandamenti della provincia di Trapani.
"L'indagine conferma l'unitarietà di Cosa nostra e la permanenza delle regole gerarchiche al suo interno”. A dichiararlo è stato il colonnello Roberto Pugnetti, vice comandante del Ros, nel corso della conferenza stampa. Pugnetti ha ricordato che alla fine del 2014 Messina Denaro "sembrerebbe essere intervenuto per esternare disappunto" per le frizioni sorte in seno al sodalizio mafioso per la nomina di capodecina di Strasatti e Petrosino. Frizioni che il boss avrebbero potuto "mettere in pericolo l'intera struttura". Gli inquirenti hanno sottolineato che oggi il business di Cosa Nostra continuano ad essere gli appalti pubblici, e che dalle indagini sono emersi contatti, volti a perseguire interessi comuni, tra le famiglie di Mazara, Trapani ed Alcamo con quelle di San Giuseppe Jato e Belmonte Mezzagno.
"I particolari dell'operazione eseguita oggi a Marsala - ha affermato il senatore Giuseppe Lumia, componente della Commissione parlamentare antimafia - confermano la capacità di Matteo Messina Denaro di interagire con l'organizzazione nonostante la latitanza e gli sforzi investigativi fatti. Ecco perché bisogna fare di più, dando più risorse e mezzi ai magistrati e alle forze dell'ordine per isolarlo e catturarlo".

I nomi degli arrestati
Andrea Antonio Alagna di 38 anni, Alessandro D'Aguanno (26), Vincenzo D'Aguanno (57), Calogero D'Antoni (35), Giuseppe Giovanni Gentile (43), Michele Giacalone (47), Simone Licari (59), Ignazio Lombardo (55), Vito Vincenzo Rallo (57), Alessandro Rallo (24), Nicolò Sfraga (51) e Fabrizio Vinci (47).

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