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aula tribunale4Danuele Sciabica racconta la guerra di mafia tra Stidda e Cosa nostra
di AMDuemila
Il pubblico ministero Alessia Sinatra, al termine della requisitoria di ieri, ha chiesto vent’anni di reclusione per Daniele Sciabica, ex assicuratore agrigentino autoaccusatosi di quattro omicidi di mafia e di un triplice tentato omicidio. La sentenza sarà emessa il prossimo 6 giugno. Le sue dichiarazioni sono state considerate rilevanti dal pm Emanuele Ravaglioli della Direzione distrettuale antimafia di Palermo, che lo scorso 18 novembre ha richiesto il rinvio a giudizio. La condanna è stata richiesta tenendo conto della riduzione di un terzo, prevista nei riti abbreviati, e delle attenuanti stabilite dalla legge sui collaboratori di giustizia.
Sciabica ha consentito di guardare attraverso una nuova lente la storia criminale della guerra di mafia avvenuta a Porto Empedocle. L’imputato si è assunto la responsabilità di essere stato uno dei killer di Gerlando (27 agosto ’85) Antonio (5 agosto ’85) e Giuseppe Messina (8 luglio ’86) ovvero zio, nonno e padre di Gerlandino, in seguito diventato boss di primo piano di Cosa nostra agrigentina e catturato nel 2010, ponendo fine alla sua latitanza. Il pentito si è anche autoaccusato dell’omicidio di Pietro Gambino, ammazzato il 1° ottobre ’88.
Sciabica ha inoltre dichiarato di aver preso parte ad un triplice tentato omicidio ai danni degli esponenti di Cosa nostra Domenico Gambino, Salvatore Cucchiara e Alfonso Cutaia, quest’ultimo avvenuto nell’86, qualche giorno dopo la strage di Porto Empedocle nella zona di Villaggio Mosè, davanti all’hotel Tre torri. Tutti avvenimenti facenti parte della guerra di mafia tra Cosa nostra e Stidda, avvenuta a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta. Negli anni in cui avvennero i fatti di sangue oggetto del processo, Sciabica avrebbe fatto parte del clan stiddaro dei Grassonelli, che si scontrò con la famiglia Messina di Cosa nostra.

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