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di AMDuemila - Video
Tra gli arrestati Ignazio Melodia, vicinissimo a Messina Denaro
Era vicinissimo a Matteo Messina Denaro, tanto che sarebbe stata la stessa “primula rossa” di Castelvetrano ad affiliarlo in Cosa nostra con il tradizionale rituale. Oggi Ignazio Melodia, capomandamento e boss dal corposo curriculum criminale, è stato arrestato insieme ad altri cinque mafiosi nell'operazione “Freezer”, il blitz che molto deve alle intercettazioni dei summit di mafia che i boss indicevano nella cella frigorifero di un fruttivendolo di Alcamo, proprio per timore delle microspie. Gli arresti, scattati per opera della Polizia di Stato e della Direzione investigativa antimafia di Trapani, sono il risultato delle indagini coordinate dal procuratore aggiunto di Palermo Teresa Principato e dai sostituti Carlo Marzella e Gianluca De Leo. Contestati i reati di associazione mafiosa, estorsioni a imprenditori e condizionamento delle elezioni comunali di Alcamo.
Ignazio Melodia, 61 anni ed ex medico dell'ufficio d'igiene ad Alcamo, è stato più volte inquisito per mafia e detenuto per 10 anni, fino al 2012. Poi, una volta libero, ha ripreso il suo posto nell'entourage criminale. Il padre, Diego Melodia, detto “consa seggie”, è uno dei capostipiti dell'omonima famiglia mafiosa alcamese, condannato a 17 anni e tre mesi nell'indagine “Cemento libero” che portò a undici arresti ed al sequestro di un impianto di produzione di calcestruzzo, la Medi Cementi srl, per un valore di 1 milione di euro. Ignazio, poi, avrebbe preso il posto del padrino alla guida del mandamento, ed è stato condannato a 8 anni per mafia nel marzo del 2010.



Durante le indagini, grazie alle intercettazioni, è stato inoltre svelato l'episodio relativo ad un'estorsione perpetrata proprio da Ignazio Melodia. Le conversazioni registrate hanno anche documentato l'impegno del boss alcamese nelle elezioni comunali dello scorso anno.
Nello specifico Salvatore Giacalone, uno degli arrestati, considerato dagli inquirenti da sempre legato a doppio filo con i Melodia, avrebbe avvicinato l'ex sindaco di Alcamo Sebastiano Bonventre, esercitando delle pressioni affinchè il politico chiedesse protezione a Cosa nostra. Giacalone avrebbe detto a Bonventre che la sua posizione di primo cittadino lo esponeva a dei rischi e che quindi sarebbe stato utile ricevere la protezione della famiglia, chiarendo che quest'ultima era pronta ad intervenire in sua difesa. Secondo gli investigatori il messaggio di Giacalone era un modo per far sentire il sindaco in debito verso Cosa Nostra. Dall'indagine emerge inoltre che, in occasione delle amministrative del 2016, Giuseppe Di Giovanni avrebbe procacciato voti, "con minacce anche a mano armata a favore della compagna Alida Maria Lauria, candidata per la lista civica "Insieme si può", collegata al candidato sindaco Baldassare Lauria". La donna, medico chirurgo, tuttavia, non fu eletta.



L'inchiesta scaturisce dall'indagine "Crimiso", risalente al 2012. Grazie alle intercettazioni delle conversazioni tra Diego Rugieri e Michele Sottile, entrambi coinvolti, gli inquirenti hanno appreso che a reggere la famiglia mafiosa di Alcamo, sin dalla sua scarcerazione sarebbe stato proprio Melodia, fratello del capomafia di Alcamo Antonino (detenuto da oltre vent'anni per essere stato definitivamente condannato a più ergastoli) nonchè figlio e nipote dei patriarchi di Cosa Nostra, Cola e Diego Melodia. A confermare le ipotesi investigative, sul ruolo di Ignazio Melodia, le registrazioni nella frigorifero del fruttivendolo, Filippo Cracchiolo (anche lui arrestato). Qui il boss, credendo di essere al sicuro, si incontrava con gli affiliati. Nell'indagine, rilevante è stato il contributo di due imprenditori vittime di estorsioni, che hanno fornito informazioni per far scattare gli arresti.

I nomi degli arrestati
Oltre a Ignazio Melodia gli altri arrestati sono Salvatore Giacalone 62 anni di Alcamo (che ha scontato una pena per tentata estorsione), Antonino Stella di 69 anni di Marsala, Filippo Cracchiolo 56 anni di Trapani, Giuseppe Di Giovanni, 32 anni di Alcamo e Vito Turriciano, 70 anni di Castellammare del Golfo, già detenuto.

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