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antoci giuseppedi AMDuemila
Nove i fermati per le minacce della mafia dei Nebrodi: al centro delle indagini la violazione del "protocollo Antoci”. Ad essere vessati erano contadini, allevatori e privati cittadini che venivano costretti a cedere le loro proprietà. Così Cosa nostra, in particolare la famiglia catanese dei Santapaola-Ercolano, era riuscita nell’escamotage di accedere ai contributi per l’agricoltura emessi dall’Unione Europea senza dover presentare la certificazione antimafia, che il presidente del parco dei Nebrodi Giuseppe Antoci (in foto) ha reso obbligatoria per l'accesso ai finanziamenti. Decisione che ha tolto molti terreni, e risorse finanziarie, alle cosche locali.
La denuncia è arrivata però da uno degli allevatori di Cesarò, che ha dato l’input per avviare le indagini, seguite dai carabinieri della compagnia di Santo Stefano di Camastra e dal Ros di Catania. Così sono scattati i provvedimenti di fermo. Oggi sarà presentata al Gip di Catania la richiesta di convalida dei nove fermi: l'udienza si dovrebbe tenere venerdì prossimo.
I fermati sono accusati di associazione mafiosa ed estorsione. Tra loro anche i reggenti delle due famiglie criminali, Giovanni Pruiti, fratello di Salvatore (condannato all’ergastolo), e Salvo Catania, boss di Bronte.
"E' un duro colpo assestato ad importanti famiglie mafiose. Apprendo inoltre che tutto questo è collegato agli effetti scaturiti dal Protocollo di Legalità". ha dichiarato Antoci. "Sono contento - ha proseguito - che il percorso di legalità e sviluppo che stiamo portando avanti continua e che stiamo liberando la Sicilia da un malaffare che durava da anni e che toglieva dignità agli agricoltori ed allevatori onesti". "Il 23 febbraio - ha quindi concluso - sarò a Roma alla Camera dei Deputati per presentare la Legge che di fatto allarga il Protocollo di Legalità a tutta Italia facendolo definitivamente diventare legge dello Stato". Proprio lo scorso anno Antoci fu vittima, illesa, di un agguato con colpi di fucile sparati contro la sua auto blindata lungo la strada dei boschi dei Nebrodi che unisce San Fratello e Cesarò. Su quest'ultimo episodio pende un'inchiesta la Dda della Procura di Messina.
"La mafia dei terreni ricca, potente e collusiva subisce un altro duro colpo che raggiunge i vertici di Cosa nostra presenti a Bronte, con l'arresto del boss Catania, e Cesarò, con l'arresto di Giovanni Pruiti che, all'indomani dell'attentato a Giuseppe Antoci, avevo denunciato apertamente proprio in quel Comune e con diverse interrogazioni parlamentari” ha commentato il senatore del Pd Giuseppe Lumia, componente della Commissione parlamentare antimafia. "Il Protocollo dei Nebrodi - ha aggiunto - è il primo atto che prevede la rescissione dei contratti di affitto dei terreni sui quali le cosche hanno costruito un giro d'affari superiore a quello della cocaina. Per anni i boss del territorio hanno agito indisturbati, senza che nessun riflettore e nessun intervento dello Stato li avesse mai sfiorati". "L'operazione 'Nebros' eseguita di recente dalla Guardia di finanza - ha continuato Lumia - ha dimostrato che il protocollo ha prodotto degli effetti non solo sul piano amministrativo ma anche penale. In quell'occasione è stata colpita Cosa nostra tortoriciana”. Tuttavia, ha proseguito, “nessuno si illuda che la storia finisca qui, ancora c'è molto da fare. I nomi e i cognomi dei boss li abbiamo denunciati nelle piazze dei comuni dei Nebrodi e sono contenuti negli atti parlamentari. Adesso è necessario portare avanti il cammino avviato, investendo sempre di più sulla repressione e sullo sviluppo, perché solo così si può vincere questa sfida e lo Stato dimostrare di essere più forte di Cosa nostra”. L’indagine sfociata nei provvedimenti odierni, coordinata dalla Procura distrettuale di Catania, ha avuto un'accelerazione con i fermi per il rischio di gravi intimidazioni o violenze nei confronti delle vittime.

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