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Padre e figlio sarebbero vicini a Messina Denaro
di AMDuemila - Video
Sequestrati beni agli imprenditori Marco Giovanni ed Enrico Maria Adamo, rispettivamente padre e figlio, originari di Castelvetrano (TP) e molto noti nella cittadina trapanese per il loro impegno nella politica locale. Il provvedimento è scattato per opera della Direzione Investigativa Antimafia di Trapani, emesso dal Tribunale su proposta avanzata dal Direttore della Dia, Nunzio Antonio Ferla, insieme al procuratore aggiunto Bernardo Petralia, coordinatore del “Gruppo Misure di Prevenzione” della Dda di Palermo. Il sequestro, del valore complessivo di circa 5 milioni di euro, riguarda appartamenti, terreni, conti bancari, automezzi, un’imbarcazione da diporto e tre aziende.
Marco Giovanni Adamo, imprenditore molto attivo nel settore del movimento terra, con le proprie aziende è stato impegnato in grandi opere pubbliche e private nelle provincie di Trapani e Agrigento. Tra queste, le condotte idriche per la distribuzione irrigua delle acque invasate nella diga Delia di Castelvetrano, il metanodotto tra Menfi (AG) e Mazara del Vallo (TP) e l’Acquedotto Montescuro Ovest (PA, AG e TP).



Secondo le risultanze giudiziarie degli ultimi decenni l'imprenditore si sarebbe sbarazzato delle imprese concorrenti con metodi mafiosi, grazie all’appoggio del sodalizio criminale capeggiato dallo stesso boss latitante Matteo Messina Denaro. Adamo, infatti, aveva rapporti con la “primula rossa” di Castelvetrano sin dall’infanzia. Anche la mafia agrigentina avrebbe subìto la volontà dell’ultimo superlatitante di Cosa nostra con l’imposizione dell’impresa di Adamo a discapito anche di imprese di altri affiliati a quel sodalizio criminale.
Il figlio, Enrico Maria, avrebbe seguito le orme del padre ricoprendo il ruolo di amministratore delle aziende di famiglia quando quest’ultimo temeva di poter essere raggiunto da provvedimenti giudiziari, proseguendo nei rapporti con l’organizzazione mafiosa. Questo, infatti, avrebbe permesso l’infiltrazione mafiosa delle imprese di Lorenzo Cimarosa, all’epoca referente imprenditoriale di Cosa nostra, nei lavori per la realizzazione del centro comunale polifunzionale di Castelvetrano, formalmente aggiudicati ad un’impresa ragusana poi colpita da un provvedimento interdittivo della Prefettura di Trapani.

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