di Francesca Mondin
E' un fiume in piena l'ex rampollo del clan Carini che di recente ha iniziato a collaborare con la giustizia. Nino Pipitone potrebbe riaprire le indagini su molti omicidi e fatti avvenuti prima del suo arresto sui quali sta riempiendo pagine e pagine di verbali davanti ai magistrati. Omicidi come quello del macellaio Giampiero Tocco, scomparso nell'ottobre del 2000. Una lupara bianca per la quale sono stati condannati all'ergastolo Salvatore e Sandro Lo Piccolo come mandanti e Damiano Mazzola come esecutore. Ora però le dichiarazioni del neo pentito riaprono il caso e supportano le testimonianze rese da altri due pentiti coinvolti nell'omicidio: Gaspare Pulizzi e Francesco Briguglio. Entrambi i collaboratori di giustizia all'epoca avevano indicato altri nomi ma non si era potuto procedere contro queste persone per mancanza di sufficienti riscontri.
Nino Pipitone oltre ad autoaccusarsi chiama in causa il boss di Cinisi Gaspare Di Maggio, Angelo Mannino proprietario della villa che sarebbe stata utilizzata per l'interrogatorio di Tocco, suo fratello Enzo Pipitone, e Ferdinando Freddy Gallina, Angelo Conigliaro, Vito Palazzolo e due personaggi della famiglia di Santa Maria di Gesù. Nuovi indizi per gli investigatori e i pm del pool coordinato dal procuratore aggiunto Vittorio Teresi i sostituti Roberto Tartaglia, Annamaria Picozzi Amelia Luise e Francesco Del Bene.
L'agguato contro il macellaio di Cinisi avvenne il 26 ottobre mentre Tocco guidava la sua Opel Frontera con a bordo la figlia di sei anni. I sequestratori lo fermarono simulando un posto di blocco travestiti da poliziotti e lo portarono via risparmiando la figlia. Fu proprio la bambina a chiamare la madre e fornire poi indicazioni sull'accaduto attraverso un disegno. Il tutto avvenne in diretta per gli investigatori che avevano piazzato delle cimici perchè sospettavano il coinvolgimento di Tocco nella sparizione di Peppone Di Maggio.
Tocco infatti sarebbe stato assassinato perché ritenuto dai Lo Piccolo responsabile del tradimento e dell'uccisione di Giuseppe Di Maggio, figlio del boss di Terrasini Gaspare e alleato dei capimafia di San Lorenzo.
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