Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

lo forte guido 1Video
di AMDuemila
La maxi operazione 'Gotha 6' svoltasi nelle prime ore dell’alba ha permesso di accertare mandanti ed esecutori materiali di 17 omicidi perpetrati tra il 1993 e il 2012 nel messinese ma il caso del giornalista Beppe Alfano ucciso l’8 gennaio del 1993 resta ancora aperto. Il procuratore capo di Messina Guido Lo Forte (in foto) ha sottolineato: “Sappiamo che il giornalista è stato ucciso perché disturbava gli interessi e gli affari della mafia barcellonese, ed era di notevole pericolo. Ma le indagini sono ancora in corso per far luce sugli esecutori materiali del suo omicidio”. Solo lo scorso anno, dopo 22 anni dall’uccisione, c’era stata una svolta inaspettata, grazie anche alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Francesco e Carmelo D’Amico la Procura di Messina aveva iscritto nel registro degli indagati il 41enne barcellonese Stefano Genovese e poi il suo fiancheggiatore Basilio Condipodero.
“Le indagini condotte hanno appurato come la decisione di eliminare materialmente chi alzava la testa, agiva da solo, scavalcava la famiglia – ha detto Lo Forte commentando l’operazioni – fosse prerogativa dei vertici. All’epoca dell’omicidio Alfano, al vertice c’era Giuseppe Gullotti. E’ chiaro dunque che l’uccisione del giornalista rientra nella logica degli omicidi decisi dai capi”.



Al centro dell'operazione dei carabinieri del Ros c'è appunto Giuseppe Gullotti il mandante dell’omicidio del giornalista barcellonese, già in carcere per scontare la pena di trent’anni. Il boss di Barcellona Pozzo di Gotto che avrebbe consegnato il telecomando per la strage di Capaci a Giovanni Brusca.
Assieme a lui tra i destinatari della misura cautelare spiccano anche alcuni suoi fedelissimi, come Salvatore Di Salvo e Giovanni Rao, entrambi arrestati nel 2011 nell’ambito dell’operazione “Gotha” e condannati a pesanti pene detentive. Anche a Calabrese Tindaro, arresto nell’operazione del R.O.S denominata “Vivaio” del 2008, è stato notificato il provvedimento in carcere.
L’indagine si è  avvalsa della collaborazione di alcuni pentiti le cui dichiarazioni, assieme ad attività investigative di riscontro, hanno permesso di individuare gli autori e ricostruire movente e modalità esecutive - talvolta estremamente feroci - di una serie di omicidi. Tutti omicidi che mostrano come la mafia barcellonese controllasse il territorio ricorrendo anche ad esecuzioni ‘punitive’ e feroci anche solo per piccoli furti o per non aver rispettato le gerarchie. E’ il caso ad esempio di Pelleriti Domenico sospettato di una serie di furti ai danni di un esercizio di vendita di ceramiche, ucciso il 24 luglio 1993 e di molti altri. Una mafia ben strutturata che come ha spiegato Lo Forte “a parte Palermo ed Agrigento non vi sono altre organizzazioni criminali così ben strutturate. Ed il controllo che la famiglia ha voluto mantenere nel suo territorio è sempre stato totale”. Il capo del Ros di Roma Giuseppe Governale ha infine sottolineato come Barcellona Pozzo di Gotto in questo ventennio appare per certi aspetti “un vero e proprio antistato dove, se un cittadino subisce un furto, ricorre al padrino per ottenere giustizia, e la ottiene. Esiste un controllo totale mantenuto attraverso intimidazioni ed omicidi eccellenti. Chi alza la testa, deve sapere che pagherà oltre la vita.”

ARTICOLI CORRELATI

Sonia Alfano: ''Ancora manca la 'zona grigia'''

TAGS:

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos