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arresti carabinieri web0Intercettazioni: "Uccidiamo Alfano come Kennedy"
di AMDuemila

Azzerati i vertici del mandamento di Corleone. Tra i sei arrestati dai carabinieri del Gruppo di Monreale c’è anche Rosario Lo Bue, capomafia già finito in carcere nel 2008, in seguito assolto e rimesso in libertà. Lo Bue è fratello di Calogero, uno dei fiancheggiatori dell’ultima fase della latitanza del boss Bernardo Provenzano. La Cassazione, però, dichiarò nullo il decreto che aveva autorizzato le intercettazioni nei suoi confronti.

I provvedimenti scaturiscono da un’attività investigativa sviluppata in prosecuzione delle indagini Grande Passo e Grande Passo 2, che tra il settembre 2014 ed il gennaio del 2015 avevano colpito gli esponenti delle famiglie mafiose di Corleone e Palazzo Adriano. L’inchiesta è coordinata dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi e dall'aggiunto Leonardo Agueci. Dall'indagine è emerso che la mafia disponeva di un piccolo arsenale di armi nascoste, oltre al progetto di un omicidio. Alcune persone, infatti, si sarebbero rivolte a Cosa nostra per risolvere delle problematiche per la riscossione di un’eredità. Ricostruito l’assetto del mandamento mafioso di Corleone (uno dei più estesi) ed in particolare delle famiglie mafiose operanti sul territorio dell’Alto Belice dei Comuni di Chiusa Sclafani e Contessa Entellina.
Le accuse sono di danneggiamento, illecita detenzione di armi e associazione mafiosa. Lo Bue, forte del suo carisma e della sua autorità, era fautore (così come Provenzano all’epoca) di una linea d'azione prudente, cosa che avrebbe creato non poche fibrillazioni all'interno della famiglia mafiosa di Corleone. Dall'indagine emerge come Antonino Di Marco, un altro esponente mafioso arrestato nel 2014, da sempre considerato vicino alle posizioni del boss corleonese Totò Riina, si sia più volte lamentato della gestione degli affari di Lo Bue. Le attività hanno dato conferma del fatto che ancora oggi permangono dentro Cosa nostra un'anima moderata, più vicina a Provenzano, e l'altra più oltranzista fedele a Riina. Nuovamente accertata, inoltre, la costante e rigida applicazione di una fondamentale ed inderogabile regola di Cosa nostra: quella di garantire il sostentamento economico ai familiari degli affiliati detenuti, tra cui, in particolare, lo stesso Riina. Nello specifico a dare i soldi al figlio minore del boss, Giuseppe Salvatore, sarebbe stato Pietro Masaracchia, già precedentemente arrestato. L'inchiesta ha permesso di svelare anche il tentativo, da parte di alcuni mafiosi, di staccarsi dal mandamento di Corleone e crearne uno nuovo, a causa del disaccordo con la gestione di Lo Bue. Secondo gli inquirenti per risolvere le controversie si chiedeva l'intervento della moglie di Riina, Ninetta Bagarella, la cui autorità gli avrebbe addirittura permesso di rimproverare il capo mandamento.
Nell’inchiesta anche le registrazioni che avrebbero intercettato il progetto di alcuni mafiosi di Chiusa Sclafani (paesino dell’entroterra palermitano) di colpire il ministro dell’interno Angelino Alfano: "Se c'è l'accordo gli cafuddiamo (diamo ndr) una botta in testa. Sono saliti grazie a noi. Angelino Alfano è un porco. Chi l'ha portato qua con i voti degli amici? E' andato a finire là con Berlusconi e ora si sono dimenticati tutti”. "Dalle galere dicono cose tinte (brutte, ndr) su di lui", sono i commenti degli affiliati Masaracchia e Pillitteri, parlando delle lamentele dei boss carcerati sul ministro dell'Interno. Poi il riferimento a Kennedy, presidente americano assassinato nel 1993. "Perché a Kennedy chi se l'è masticato (chi l'ha ucciso ndr)? Noi altri in America. E ha fatto le stesse cose: che prima è salito e poi se li è scordati”. Secondo il procuratore di Palermo Lo Voi, però, “parlare di un progetto di attentato nei confronti del ministro Alfano è una espressione 'avanzata': siamo davanti a una conversazione tra soggetti che commentano criticamente le attività svolge dal ministro con riferimento al carcere duro, che è uno dei principali motivi di doglianza dei boss verso lo Stato". "Dico che è una espressione 'avanzata’ - ha continuato - perché c'è un riferimento alla possibilità di eseguire l'attentato quando ad Alfano fosse stata tolta la protezione, cosa che al momento non è pensabile. "Quello intercettato - ha concluso - è comunque uno sfogo di cui bisogna valutare il significato in quanto rappresenta una dura recriminazione della mafia nei confronti dello Stato e perché ci dice che i mafiosi liberi fanno propria una delle principali preoccupazioni dei capimafia detenuti a partire da Riina".

I nomi degli arrestati 
Rosario Lo Bue, 62 anni, di Corleone; Vincenzo Pellitteri, di Chiusa Sclafani, 63 anni; Roberto Pellitteri, di Chiusa Sclafani, 25 anni; Salvatore Pellitteri, di Palazzo Adriano, 23 anni; Salvatore Pellitteri, 39 anni, di Corleone; Pietro Pollichino, 74 anni, di Contessa Entellina.

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