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francese-mario-3Oggi il ricordo a 36 anni dall'omicidio
di AMDuemila - 26 gennaio 2015
Un giornalista dalla schiena dritta che prima di altri aveva capito l'evoluzione di Cosa nostra tra gli anni sessanta-settanta. Era il tempo della prima ascesa dei corleonesi quando Liggio ed i giovanissimi Riina e Provenzano davano vita alle proprie trame per arrivare al vertice della mafia.
Quella sua passione per il giornalismo e per la scrittura emerse sin dal suo primo impiego, negli anni '50, quando venne assunto come telescriventista all’Ansa ed è a quel tempo che corona anche il suo sogno di lavorare per un giornale diventando corrispondente de “La Sicilia” di Catania, per il quale scriveva di cronaca nera e giudiziaria. Nel gennaio 1957 trova impiego a “cottimo” presso l'ufficio stampa dell'assessorato ai Lavori Pubblici della Regione Sicilia, divenendo capo ufficio e definitivamente assunto nel 1958, mentre in contemporanea avviava un rapporto di collaborazione con “Il Giornale di Sicilia” di Palermo dove gli fu affidata, seppur non nell'immediato, la cronaca giudiziaria. E' proprio in questo settore che Francese fece strada diventando in poco tempo una delle firme più note ed apprezzate nonché grande conoscitore delle vicende di mafia. E quando si trovò di fronte ad una scelta, se proseguire con il giornalismo o restare in Regione, la passione per lo scrivere ha preso il sopravvento.

Da quel momento, dalla strage di Ciaculli all'omicidio del colonnello Russo, non c'è stata vicenda giudiziaria di cui non si sia occupato, cercando una “lettura” diversa e più approfondita del fenomeno mafia. Il suo è stato un raro esempio in Sicilia di “giornalismo investigativo”. Fu l'unico giornalista a intervistare la moglie di Totò Riina, Ninetta Bagarella. Il primo a capire, scavando negli intrighi della costruzione della diga Garcia, l'evoluzione strategica e i nuovi interessi della mafia corleonese. Non a caso parlò, unico a quei tempi, della frattura nella “commissione mafiosa” tra liggiani e “guanti di velluto”, l'ala moderata. E Cosa nostra non l'ha perdonato, fulminandolo la sera del 26 gennaio 1979 davanti casa, mentre stava rientrando dopo una dura giornata di lavoro. Un delitto che apre la lunga catena di sangue di Cosa nostra, con delitti “eccellenti” a ripetizione. Solo in quell’anno vengono uccisi il segretario provinciale della Dc Michele Reina, il capo della Squadra Mobile di Palermo Boris Giuliano, il giudice Cesare Terranova. E poi a gennaio 80 il presidente della Regione Piersanti Mattarella. E molti altri ancora seguiranno. Presto l’omicidio di Mario Francese cade nel dimenticatoio, l’inchiesta viene archiviata. Verrà riaperta molti anni dopo, su richiesta della famiglia. E il processo, svolto con rito abbreviato, si concluderà nell’aprile del 2001 con la condanna a 30 anni di Totò Riina e gli altri componenti della «cupola»: Francesco Madonia, Antoniono Geraci, Giuseppe Farinella, Michele Greco, Leoluca Bagarella (esecutore materiale) e Giuseppe Calò. Assolto invece Giuseppe Madonia, accusato di essere stato, con Leoluca Bagarella, il killer. Nel processo bis, con rito ordinario, l’altro imputato Bernardo Provenzano è condannato all’ergastolo. Purtroppo nessuna sentenza ha reso giustizia al dolore di un figlio, che perde il padre a soli 12 anni, mentre in “diretta” ascolta il suono degli spari “fatali”, così, a 36 anni, il giornalista Giuseppe Francese, dopo aver contribuito all’emergere di verità occultate con inchieste e ricostruzioni della morte di suo padre, decide di togliersi la vita.

Motivazioni della sentenza
I giudici, nelle motivazioni della sentenza, evidenziano anche articoli e dossier redatti da Francese. Da questi emerge “una straordinaria capacità di operare collegamenti tra i fatti di cronaca più significativi, di interpretarli con coraggiosa intelligenza, e di tracciare così una ricostruzione di eccezionale chiarezza e credibilità sulle linee evolutive di Cosa nostra, in una fase storica in cui oltre a emergere le penetranti e diffuse infiltrazioni mafiose nel mondo degli appalti e dell’economia, iniziava a delinearsi la strategia di attacco di Cosa nostra alle istituzioni. Una strategia eversiva che aveva fatto  un salto di qualità proprio con l’eliminazione di una delle menti più lucide del giornalismo siciliano, di un professionista estraneo a qualsiasi condizionamento, privo di ogni compiacenza verso i gruppi di potere collusi con la mafia e capace di fornire all’opinione pubblica importanti strumenti di analisi dei mutamenti in atto all’interno di Cosa nostra”. Il tutto viene confermato nella sentenza di appello nel dicembre 2002. Nel verbale si legge: “con la sua morte si apre la stagione dei delitti eccellenti. Mario Francese era un protagonista, se non il principale protagonista, della cronaca giudiziaria e del giornalismo d’inchiesta siciliano. Nei suoi articoli spesso anticipava gli inquirenti nell’individuare nuove piste investigative». E rappresentava «un pericolo per la mafia emergente, proprio perché capace di svelarne il suo programma criminale, in un tempo ben lontano da quello in cui è stato successivamente possibile, grazie ai collaboratori di giustizia, conoscere la struttura e le regole di Cosa nostra”.
L’impianto accusatorio regge in Cassazione, anche se vengono assolti tre boss, Pippo Calò, Antonino Geraci e Giuseppe Farinella “per non avere commesso il fatto”. Ma la sentenza, dicembre 2003, conferma i 30 anni di carcere per Totò Riina. Definitiva la pena a 30 anni anche per Leoluca Bagarella, Raffaele Ganci, Francesco Madonia e Michele Greco, che non avevano fatto ricorso davanti alla Suprema corte. Nel processo bis confermato in appello l’ergastolo a Bernando Provenzano.
Stamane alle 9,30 a Palermo il gruppo siciliano dell’Unione nazionale cronisti (Unci) commemora Francese in viale Campania, accanto alla lapide che ricorda il cronista. All’iniziativa interverranno la vedova del cronista, signora Maria, e i figli Fabio e Massimo. Hanno assicurato la partecipazione il sindaco Leoluca Orlando, il prefetto Francesca Cannizzo e i vertici delle forze dell’ordine. Saranno presenti anche il presidente dell’Ordine dei giornalisti di Sicilia, Riccardo Arena, i vertici dell’Assostampa e il gruppo dirigente dell’Unione cronisti siciliana. Sempre questa mattina, in memoria del giornalista, a Siracusa sarà inaugurato un giardino botanico di circa 3.000 metri quadrati intitolato a Mario Francese. L'iniziativa è dell'amministrazione comunale, su decisione del sindaco Giancarlo Garozzo. All'inaugurazione, alle 10.30, saranno presenti, tra gli altri, il figlio Giulio e la sorella Maria, il sindaco e il prefetto Armando Gradone insieme con i vertici delle forze dell'ordine. Il giardino botanico "Mario Francese", approvato dalla soprintendenza ai beni culturali e ambientali, riqualifica una vasta area attorno alla biglietteria del parco archeologico, un passaggio obbligato per i turisti italiani e stranieri. Sono state impiantate, oltre al prato, più di 40 specie fra arbusti, piante erbacee perenni, stagionali, rampicanti, officinali e aromatiche. Inoltre, è in fase di completamento una vasca per le piante acquatiche.

Foto tratta da marioegiuseppefrancese.it