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pazienti-petrosellidi Miriam Cuccu - 2 dicembre 2014
Sul caso di Attilio Manca – urologo morto l’11 febbraio 2004 a Viterbo in circostanze misteriose – la Commissione parlamentare antimafia vuole vederci chiaro. Per questo ha convocato per un’audizione a Palazzo San Macuto il procuratore di Viterbo, Alberto Pazienti e il Pubblico ministero Renzo Petroselli, che saranno sentiti il prossimo 17 dicembre. I due magistrati della procura laziale che aveva preso in carico l’inchiesta hanno sempre catalogato la morte di Attilio come “inoculazione volontaria” di eroina, che unita ad un mix di alcool e tranquillanti avrebbe causato il decesso. In realtà le immagini del corpo trovato la mattina dopo fanno pensare tutto il contrario: il volto e i testicoli sono gravemente tumefatti e il rapporto del 118 evidenzia la presenza di lividi ai polsi e alle caviglie. In più, i buchi dai quali è stata iniettata la droga si trovano sul braccio sinistro di Attilio, mentre l’urologo originario di Barcellona Pozzo di Gotto, nel Messinese, è sempre stato un mancino puro. Circostanze che fanno pensare a tutto, meno che all’overdose di un tossicodipendente.

Di questo ne è convinta la famiglia Manca, la quale sostiene – e ha sempre chiesto che si indagasse in tal senso – che la morte di Attilio sia legata alla latitanza del boss Bernardo Provenzano. Nel 2003 il capomafia corleonese si sarebbe infatti trovato a Marsiglia, per sottoporsi ad un’operazione alla prostata, proprio negli stessi giorni del giovane urologo che, dicono i familiari, alla fine di ottobre li chiamò dicendo di essere nel Sud della Francia per un intervento chirurgico. I Manca, difesi dagli avvocati Fabio Repici e Antonio Ingroia, a distanza di anni sono infine riusciti ad ottenere l’apertura di un processo (dove però la famiglia è stata esclusa dalle parti civili) anche se solamente a carico di Monica Mileti, accusata di aver ceduto lo stupefacente ad Attilio. Processo che, però, potrebbe permettere di vagliare quegli indizi che portano invece alla pista mafiosa che finora la procura di Viterbo ha sempre scartato.
Per questo la Commissione antimafia ha deciso di interrogare i due magistrati, la cui indagine a loro carico evidenzia gravi mancanze. Come il fatto che la rilevazione delle impronte digitali è stata disposta solo dopo otto anni (senza ottenere alcun risultato), così come la questione dell’esame tricologico, da fare su un campione di capello per scoprire se vi sia stato in precedenza uso di stupefacenti. La sua presunta positività è sempre stata collegata dai due magistrati all’ipotesi del suicidio per overdose, ma questo non è affatto certo. Senza contare il fatto che i tabulati telefonici in cui ci sarebbe anche la telefonata fatta da Attilio dalla Francia non sono mai stati acquisiti, o l’esistenza di un rapporto, datato ottobre 2003, in cui si dice che nel periodo in cui Provenzano si è recato a Marsiglia Attilio sarebbe sempre stato al “Belcolle” di Viterbo. In realtà controllando il registro delle presenze – il servizio è stato mandato in onda sul programma “Chi l’ha visto” – è risultato che l’urologo in quei giorni era effettivamente assente. Un altro indizio che porterebbe alla pista dell’omicidio di mafia. La procura di Viterbo, aveva detto Angela Manca, madre di Attilio, "non ha mai mosso un dito", e i magistrati Petroselli e Pazienti "hanno prodotto documenti falsi e detto cose false" per "mettere il marchio di drogato a un professionista serio come mio figlio". “Mi sembra difficile si tratti di un suicidio" aveva dichiarato la presidente della Commissione antimafia Rosy Bindi quando una delegazione, lo scorso ottobre, si era recata a Barcellona Pozzo di Gotto. "Come commissione antimafia – aveva aggiunto il deputato messinese dei Cinque Stelle, Francesco D'uva – pretendiamo chiarezza e verità per i familiari del medico ucciso".

In foto: il Procuratore capo Alberto Pazienti e il Pm Renzo Petroselli

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