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giuliani-c-national-geographic-channelsdi AMDuemila - 27 febbraio 2014
Negli anni '80 il boss Toto' Riina aveva progettato di uccidere l'ex Procuratore Federale di New York, dal 1993 anche sindaco della Grande Mela, Rudolph Giuliani (in foto). A svelare il piano di morte è stato il pentito Rosario Naimo, interrogato dai pm che indagano sulla trattativa Stato-mafia lo scorso 15 febbraio. Il collaboratore di giustizia ha raccontato di avere ricevuto la visita di Benedetto Villico, mafioso di Passo di Rigano, che gli portò l'ambasciata di Angelo La Barbera. La Barbera, altro nome storico della mafia di quegli anni, aveva un ordine di Riina da fare pervenire alla storica famiglia di New York dei Gambino: uccidere l'allora procuratore federale del South District di New York, Rudolph Giuliani.
Una richiesta che non sarebbe piaciuta agli americani tanto che Naimo, incontrandosi con Riina, ha espresso tutto il malumore degli statunitensi ed anche le proprie perplessità. “Così loro vogliono” sarebbe stata la risposta del Capo dei capi, senza specificare a chi si riferisse.

Secondo quanto riferito da Naimo il boss corleonese voleva uccidere Giuliani un quanto c'era l'intento di isolare Giovanni Falcone che, nel procuratore federale aveva trovato un alleato per contrastare i contatti fra la mafia siciliana e quella americana.
Proprio oggi al processo trattativa Stato-mafia sono stati depositati agli atti le dichiarazioni del collaboratore di giustizia assieme a quelle dell'altro pentito, Fabio Tranchina. Di entrambi i collaboratori di giustizia i pm hanno chiesto l’esame in aula. Tranchina, ex fedelissimo dei boss Filippo e Giuseppe Graviano, in particolare, ha rivelato ai magistrati le confidenze ricevute dai boss di Brancaccio dopo l’arresto di Totò Riina su impegni presi dalla mafia e sulle rassicurazioni ottenute dai clan in relazione a modifiche della legislazione antimafia. “Naimo, invece, – ha detto il pm Nino Di Matteo ai giudici – dovrà deporre sulle confidenze e sulle preoccupazioni di Nino Cinà nel periodo compreso tra le stragi del '92 e sui compiti affidatigli in quei mesi dai vertici di Cosa nostra”.
Cinà gli avrebbe confidato la sua intenzione di lasciare la Sicilia in quanto schiacciato da un “peso insopportabile. Il peso, a suo dire, di tenere i contatti per conto della mafia con alcuni esponenti politici. A quel punto Riina avrebbe affidato a Naimo il compito di fare desistere Cinà dai suoi piani di fuga perché “i contatti politici dipendevano da lui (Cinà ndr), se si brucia siamo rovinati”.
Inoltre Naimo parla ai pm anche di un colloquio con Salvatore Biondino e Salvatore Biondo, avvenuto nel Natale del 1992, dove questi dissero che si “aspettavano qualcosa che avrebbe cambiato la situazione dei detenuti”.

Foto © National Geographic Channels

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