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provenzano-bernardo-web0di AMDuemila - 17 dicembre 2012
La notizia si apprende solo oggi ma i fatti risalgono allo scorso 31maggio, pochi giorni dopo la visita in carcere degli onorevoli Giuseppe Lumia e Sonia Alfano. I due si erano recati al carcere di Parma esortandolo a collaborare con il boss che avava replicato “I miei figli non devono andare al macello, fatemi parlare con loro e poi sarà la volontà di Dio”.

Così i pm Ingroia e De Francisci si sono diretti immediatamente a far visita al capomafia Corleonese, per cercare di capire se vi fossero reali spiragli per una collaborazione con la giustizia. "Ha l'unica occasione di ristabilire in parte la verità sul suo nome", gli dissero i due magistrati. Un collocquio che durò circa un'ora con tante parole dette e non dette, frasi lasciate a metà ed espresse in dialetto siciliano. A darne notizia è il Corriere della Sera con il capomafia, arrestato nel 2006, che venne ascoltato come testimone nell'ambito di un procedimento catalogato come relativo a "notizie non costituenti reato".
“Fare male non m'è mai piaciuto e non mi piace” - ha detto Provenzano - Per dire io la verità avissi a parrari male di cristiani, scusatemi”. E poi ancora: “Non ho niente, io... Facevo bene, facevo male... Ci sono cose che... portano tutto questo male che vede.
Noi dobbiamo parlare bene se non abbiamo ricordi. Allora, io dovrei prendere, caricare una cosa che non è chiara, non è mia, e dovrei farla portare agli altri? Non è cosa mia. E manco portarla. Niente. Per me è una legge che si deve rispettare”. “Se volessi fare qualcosa – ha poi aggiunto - e se facessi subito la guerra, è chiddru di diri che c'è cu è ca mi ha rispettato e c'è cu è ca un m'ha rispettato (c'è chi mi ha rispettato e chi no ndr). Non ho voluto tanto parlare, per ora non ho cose”.
E quando Ingroia gli ha chiesto ancora una volta di raccontare la “sua verità” anche per “i suoi figli” il padrino corleonese ha risposto: “Ognuno di noi, penso che tutti abbiamo il pensiero di costruire e costruire, e per farlo ci vuole, dice mà paesano, ma si può dire Dio, perché proprio è u tiziu, u caiu, e persone che non sanno, covano e discriminano... Ma queste cose verrà, ma potrebbe venire col tempo, secondo come andranno le cose. Non ho cose particolari da dire, né a lei né ad altri... Il raccontare la mia vita, ma non è che posso raccontare... Una vita da latitante mi fici”.
Il boss, incalzato dai pm, ha anche ammesso il viaggio in Francia in automobile per sottoporsi a un'operazione alla prostata ma non rammenta i particolari del suo arresto. Dice di non ricordare nemmeno se furono i poliziotti o i carabinieri a catturarlo: “Pi mia a stessa cosa sunnu”. Alla domanda se conoscesse o meno Vito Ciancimino ha quindi risposto: “Lo  conoscevo perchè era paesano mio, u sapi è inutili che ci dico”.
Una volta preso atto del tentativo fallito i pm se ne sono poi andati comunque annunciando un possibile ritorno. E Provenzano parla ancora lasciando apparentemente uno spiraglio: “Io cose da raccontare non ne ho e non ce ne posso dare. Al momento non ci posso dire niente, cioè se posso essere utile... e ritenete che potrebbe essere utile. Ma non lo so, sono a disposizione vostra... Prima devo vedere come mi trattano qua”. Ed è a quel punto che i pm chiedono: “Se fosse fuori dal carcere parlerebbe più liberamente?”, e il boss cocnlude: “Non lo so, se u sapìssi ci u dicissi. Ma sì, aspettiamo. Aspettiamo cioè, quello che si dice 'e sia volontà di Dio', possiamo incontraci benino, se non c'è volere di Dio, sia fatta la volontà di Dio”.
Il legale del boss, Rosalba Di Gregorio, che non era presente all'interrogatorio dopo avere ottenuto il verbale lne ha chiesto l'acquisizione nell'udienza preliminare per la cosiddetta trattativa tra Stato e mafia. I pm Antonino Di Matteo e Roberto Tartaglia si sono opposti alla richiesta dei legali di Provenzano. Spetta adesso al gup Piergiorgio Morosini decidere se accogliere il deposito dei verbali nell'udienza preliminare. All'udienza di oggi, che si tiene come sempre a porte chiuse, è presente un solo imputato su 12: Massimo Ciancimino, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Tra gli altri imputati spiccano i nomi dell'ex ministro Nicola Mancino, del generale Mario Mori e del senatore Marcello Dell'Utri.

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