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di Paolo Borrometi
Dodò. Lui è Domenico Gabriele, per tutti Dodò. Innamorato del calcio, anzi innamoratissimo e appassionato dello studio a scuola. “Un bambino pieno di sogni”, lo raccontano così. Tanti sogni che nessuno, purtroppo, ha potuto veder realizzati.
Dodò aveva solo 11 anni, solo 11. Venne ucciso (“per sbaglio”, si disse) mentre giocava con suo papà, come ogni giovedì, a calcetto. Stava dribblando quando si sentirono dei botti. Dodò cadde a terra, colpito. Tutti corsero a soccorrerlo, il padre gli sollevò la testa, perdeva moltissimo sangue. Poi la corsa in ospedale, da quel momento la vita di Dodò, in coma, sarà appesa ad un filo per tre mesi. Tre lunghi mesi, ma da quel dribbling Dodò non ha potuto più sorridere. Fino al giorno della morte, 11 anni fa oggi, il 20 settembre 2009.
Quei proiettili erano stati esplosi, in un regolamento di conti fra ‘ndranghetisti, contro Gabriele Marrazzo, esponente della mala locale. Ma uno, vagante, colpì Dodò. E da quella maledetta sera (del 25 giugno 2009) anche i suoi sogni. I sogni di un bambino che non c’è più.
Ecco cosa sono le mafie, ricordiamocelo sempre.
Per Dodò e per gli altri bambini uccisi da quelli che si definiscono "uomini d'onore".

Tratto da: facebook.com

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