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di Piero Innocenti
Nell’attesa che vengano pubblicate, verosimilmente nei prossimi giorni, le consuete relazioni (annuale) della Direzione Centrale per i Servizi Antidroga (DCSA) sulle attività di contrasto al narcotraffico del 2019 e quella (del secondo semestre del 2019) della Direzione Investigativa Antimafia (DIA), proviamo a fare qualche considerazione generale sul traffico/spaccio di stupefacenti di “casa nostra” come si è andato sviluppando negli ultimi dieci anni.
Dal 2010 al 2019 le forze di polizia e le dogane hanno complessivamente effettuato 228.131 operazioni antidroga con il valore medio mensile di 22.800 unità (62 operazioni al giorno) e con quello più alto nel 2017 con 25.918 attività e quello minimo con 19.301 nel 2015.
Un impegno, dunque, notevole, costante, costoso sia sul piano delle risorse umane che tecnologiche, più volte stimolato a livello periferico con apposite circolari e direttive dei Ministri dell’Interno e Capi della Polizia che si sono succeduti nell’arco del decennio suindicato.
Operazioni che hanno consentito di sequestrare complessivamente una montagna di oltre 797mila chilogrammi di stupefacenti con il picco nel 2014 di 154mila kg e quello minimo del 2010 di 31.500kg. Variazioni anche notevoli collegate essenzialmente ai sequestri di marijuana e di hashish.
Se consideriamo che - secondo valutazioni consolidate, pluriennali fatte da esperti antidroga, nazionali e internazionali - il volume dei sequestri operati dalle forze di sicurezza rappresenta, mediamente, il 15-20% della quantità globale degli stupefacenti immessa nel mercato, se ne può dedurre uno scenario straordinariamente allarmante sia sul fronte del consumo che su quello del denaro circolante e sui profitti che incassano gli “imprenditori” del narcotraffico e i tanti gruppi e singoli cittadini che ruotano intorno allo spaccio.
E sono tanti se contiamo tutte le denunce all’autorità giudiziaria inoltrate nel decennio in esame: ben 336.031 - con il picco nel 2010 (39.340) e quello più basso nel 2019 (27.194 ma il dato è provvisorio) - di cui 122.558 stranieri (dato che include quello ancora provvisorio del 2019). Negli ultimi dieci anni le denunce all’autorità giudiziaria degli stranieri (in gran parte per spaccio) hanno riportato il valore più alto nel 2018 con 14.217 e quello più basso nel 2015 con 10.303. Le regioni maggiormente interessate dalla presenza di stranieri coinvolti nel narcotraffico (circa l’80% del totale) sono la Lombardia, il Lazio, l’Emilia Romagna, la Toscana, il Veneto, il Piemonte.
Da sottolineare, poi, la fiorente e redditizia coltivazione di piante di cannabis che si è andata diffondendo in quasi tutto il paese e che ha annotato nei dieci anni il sequestro complessivo di 7.822.488 piante di cui più della metà solo nel 2012.
Nel corrente anno, in relazione alle note restrizioni imposte alla mobilità delle persone collegate alla pandemia, i primi cinque mesi hanno fatto registrare, come era prevedibile (in particolare a marzo ed aprile), un apprezzabile calo delle operazioni antidroga e delle conseguenti denunce all’autorità giudiziaria che sono state 11.078 di cui 3.867 stranieri (dati DCSA non consolidati).
Anche se a giugno si sta annotando un certo “risveglio” nel commercio di droghe e, di conseguenza, nella repressione, ritengo che sarà molto difficile conseguire i risultati degli ultimi anni.
Tenuto conto, poi, dei prezzi al minuto dei vari stupefacenti praticati sulle principali piazze italiane e rilevati generalmente ogni semestre dalla DCSA, si può ricavare una stima approssimativa e prudente del fatturato derivante dall’azienda del narcotraffico oscillante, nei dieci anni in esame, tra i quaranta e i cinquanta miliardi di euro in parte riciclati in Italia ma in buona parte all’estero, in UE ma anche in paesi lontani (Repubblica Dominicana, Cuba, Aruba, Panama, Repubbliche centro asiatiche).

Tratto da: liberainformazione.org

Foto © Imagoeconomica

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