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di Mario Improta
L’epidemia da Covid-19 ci ha distratti, tutti.
Chiusi nelle nostre case, mentre la primavera faceva il suo corso, siamo stati tutti arsi da un fuoco di emozioni antiche e contrastanti: paura, sofferenza, timore, preoccupazione, nostalgia, ma anche desiderio, speranza, ottimismo, combattività, energia positiva. E così, gli stati d’animo si sono alternati in silenzio e con rapidità. Però, a tratti, è parso, che il virus avesse gettato, in un primo momento, il seme della riflessione che porta al cambiamento.

Dall’unità alla fame, dalla fame all’odio
Sotto gli occhi di tutti, e nel cuore di molti, si percepiva l’alto livello di tossicità che accompagnava le nostre frenetiche giornate ante-covid. Si avvertiva uno strano, e ambiguo, senso di liberazione, di depurazione, nelle giornate trascorse nell’attesa, serrati nelle mura domestiche. E con quel senso di liberazione, di depurazione, si son sviluppate alcune nobili riflessioni. Ci siamo subito movimentati a fare di quelle riflessioni una lista di buoni propositi da bravi cittadini: non inquineremo più, non litigheremo più, non ci accuseremo più, non compreremo più roba inutile, siamo italiani e non siamo calabresi-lombardi-piemontesi-napoletani. Ma la clausura è durata troppo a lungo. E poi i ritardi del governo. E l’assenza del lavoro. Ed il lento vedere inerme una propria azienda cadere in disgrazia. E la mancanza di cibo. E la paura del domani. E così, alla riflessione che questa quarantena portava incondizionatamente con sé, ben presto, s’è nutrita per essa una forma di avversione, anzi ostilità.
Ai buoni propositi da bravi cittadini, si è presto sostituita la rabbia del popolo che ha fame. Quell’imposizione a rimanere a casa per salvare vite umane è diventata fonte di ogni malessere. Del resto, mors tua vita mea, dicevano i latini. E montava la rabbia e si levava il grido “bisogna riaprire, riapriamo tutto, non si muore solo di covid. Si muore anche di fame”.
Ed altri ritardi del governo e slittamenti e rimandi e valuteremo.

L’odio riconquista il suo trono
Finché, con un colpo di classe da veri professionisti dell’horror, si è regalato al popolo affamato e inferocito una vittima sacrificale: Silvia Romano. Legata mani e piedi, si è lanciata una venticinquenne tra le belve insaziate e insaziabili dell’odio. Improvvisamente, era tutto finito. Non c’era più la fame, non c’era più la necessità di lavorare, non c’erano più i ritardi del governo e gli slittamenti e i rimandi e i valuteremo. Era tornata la logica del capro espiatorio e, così, Silvia Romano ha scontato sulla pelle i sessanta giorni di disquilibrio emotivo degli italiani. E mentre leggevo incredulo le offese e le volgarità e le ingiurie, avverso la connazionale, ho capito. Ho capito che non saremmo mai cambiati. Ho capito che la natura dell’uomo è questa: non è vero che è il padrone della Terra perché è l’essere più intelligente, l’uomo è il padrone della Terra perché se l’è presa con la forza e l’ingiustizia e la violenza.

La piazza della Vergogna
I social networks, che solo fino ad alcune settimane prima erano una piazza virtuale dove si sperava, si pregava, si manifestava, insieme, il proprio orgoglio italiano, con Silvia Romano sono tornati ad essere la piazza della Vergogna: quella in cui si gettano i pomodori, si impiccano i nemici e si lapidano le signorine maleducate. Era tutto sparito, cavolo! Non trovavo più nulla di tutto quel fuoco di emozioni antiche e contrastanti. Non trovavo più i ce-la-faremo, non trovavo più i video del Bel Paese e del Bel Canto: c’era solo Silvia Romano col capo coperto e la scritta enorme “Abbiamo liberato l’Islamica, abbiamo liberato una neoterrorista”.

Il risveglio
Ho capito, insomma, che l’odio s’era risvegliato. Oppure, forse, non s’era mai addormentato, mai assopito ed io non lo vedevo. Non lo so, forse non sono stato attento, ero distratto dall’epidemia oppure, ancora, io in quei buoni propositi da bravi cittadini ci credevo, ci speravo. E si sa che, spesso, la speranza annebbia ogni ragione. Sarà stata colpa mia, non bisogna fidarsi delle persone. Si finisce sistematicamente traditi e… delusi.
Chissà se tutti i traditi e i delusi della Terra, tutti i distratti e tutti quelli che hanno sperato nei buoni propositi da bravi cittadini, riusciranno mai a cambiare queste logiche. E trasformare il tradimento in rivalsa, la delusione in grinta, la distrazione in fermezza, la speranza in traguardo. Chissà.
Per il momento, possiamo indignarci per l’ipocrisia dei più. Ma non basterà.

Foto originale © Imagoeconomica

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