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di Davide Mattiello*
La sentenza della Corte Costituzionale sull’ergastolo ostativo mi preoccupa anche (!) perchè rivela una grave sottovalutazione della mafia come organizzazione criminale permanente (sarebbe utile farsi dare dalla DNA una statistica dei “fine pena” tra i boss senza ergastolo).
Dalla mafia non ci si dimette e chi cerca di scappare lo fa a suo rischio e pericolo (penso soprattutto alle donne uccise perchè hanno cercato di girare pagina). Come se essere mafiosi fosse una condizione disponibile da parte dell’individuo. Non è così. E’ semmai una condizione disponibile da parte della mafia stessa, che se considera un suo affiliato infame, lo disconosce, lo ammazza, lo fa sparire (ecco perchè è così importante la decisione di collaborare).
Questo strabismo porterà presto, temo, a mettere radicalmente in discussione il 416 bis come reato associativo: si dirà che non si può essere condannati per la semplice appartenenza ad una associazione, se non si dimostra che chi appartiene a quella organizzazione ha commesso determinati reati-fine.
E si rischia di tornare a quando i capi della mafia, potenti e insospettabili che non si sporcavano le mani, andavano tutti impuniti perchè si poteva procedere soltanto per il singolo omicidio, la singola partita di droga.
E quanto resisterà la “orribile” inversione dell’onere della prova nei sequestri di prevenzione?
Per non parlare di quel mostro poliforme che è la DIA, mai completamente digerita o del potere di coordinamento e di impulso della DNA, lesivo dell’autonomia del giudice naturale… e via seguitando.
C’era una volta la mafia che faceva la guerra allo Stato, una anomalia, che però ha avuto il “merito” di mostrare al Mondo la pericolosità del fenomeno. Quella mafia, in Italia, non c’è più: a fare tesoro della lezione sono stati loro.

* Presidente di Benvenuti in Italia e Consulente della Commissione Parlamentare Antimafia della XVIII legislatura

Tratto da: liberainformazione.org