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di Salvo Vitale
Nietzsche la proponeva come l’alternativa di passaggio per la realizzazione dell’oltre-uomo. Scrollarsi di una serie di principi che avevano portato al decadimento dell’essenza umana, allo svilimento del senso della propria dignità e riacquistare se stessi, la propria forza interiore, la capacità di liberarsi dalle trappole di una morale imposta attraverso i secoli da quei mediocri che, incapaci di creare e superare la propria condizione, avevano imposto ai loro simili la loro dittatura. Tradotta in politica questa era anche una condanna del marxismo, non tanto nel momento rivoluzionario della ribellione, comune alle due posizioni, ma in quello della dittatura del proletariato, intesa come una “prevaricazione” “il tripudio dei mediocri” nei confronti di chi possedeva capacità creative superiori. La prevaricazione nicciana era ancora da venire e paventata, mentre quella marxista era stata sperimentata da secoli attraverso le tecniche di potere messe in atto dalle classi dominanti. E in ogni caso i valori verso cui Nietzsche indirizzava la sua critica erano quelli dell’umiltà, del miserere, dell’abbi-pietà, del peccato, del perdono, dell’espiazione, della redenzione, del depotenziamento di se stessi attraverso la trasposizione delle proprie energie in un’improbabile divinità ultrapotente o nei terreni rappresentanti del potere.
A partire dall’avvento di Berlusconi si sono sviluppate in seno alla società italiana alcune dinamiche che hanno cambiato i criteri di valutazione. Prima cosa a venir meno è stata la coerenza. Prima era considerato negativo cambiare partito e idee e spesso chi lo faceva veniva tacciato di opportunismo, era un voltagabbana, un traditore, una banderuola, uno di cui non ci si poteva fidare. Con l’avvento del berlusconismo è diventato normale passare disinvoltamente da un partito all’altro e in molti casi si sono portate avanti vere e proprie “campagne acquisti” con spettacolari transumanze (si pensi a Clemente Mastella, a Scilipoti, a Capezzone, dietro cui c’era tutto il possibile immaginario della corruzione. Queste transumanze non hanno provocato discredito nei confronti di chi le ha gestito, ma apprezzamenti per le sue capacità di convinzione nel sapersi assicurare una maggioranza di governo quando questa era traballante. Ai “ballerini” si garantisce la sopravvivenza politica con la candidatura nei collegi “sicuri” o con tutti i sotterfugi che consentono di aggirare la volontà popolare e affidare le scelte di rappresentanza ai leaders dei partiti. In tutto questo il PD non è stato da meno: dalle transumanze dei due governi D’Alema si è arrivati con Renzi, dopo il Porcellum di Calderoli, all’attuale Rosatellum, l’orribile legge elettorale che sconvolge qualsiasi regola democratica, cancella le preferenze affidando la scelta degli eletti al capo del partito e introduce il premio di maggioranza, quella che una volta veniva definita realisticamente “legge truffa” e che invece è stata ritenuta uno strumento di governabilità, che consente a una minoranza con il 40x100 di diventare maggioranza. Anche qua l’inversione si focalizza sul significato della democrazia che riduce a scelta formale d’avallo di altri, a volontà di vertice la volontà popolare.
Strettamente legato a questo principio è il cambio repentino di posizione, l’affermare oggi il contrario di quello che si è sostenuto ieri, spostarsi agli estremi ignorando la medietà. Gli esempi sono infiniti: Salvini che sfida i giudici offrendosi al processo per il sequestro dei profughi e che il giorno dopo supplica i cinquestelle di votare a favore della sua impunità parlamentate e i ministri cinquestelle che obbediscono, addirittura autodenunciandosi e forzando i propri scritti a contraddire la propria storica linea di esclusione dell’immunità, o lo stesso Salvini che prima sfiducia l’alleanza parlamentare di cui fa parte e il giorno dopo si dichiara disposto a ritirare la sfiducia. Ide3m dicasi dei cinquestelle, che con incredibile disinvoltura girano pagina affidandosi al nemico PD per una nuova alleanza di governo.
Ma è proprio sullo stesso concetto di democrazia che si avanzano da più parti critiche, nel senso che il voto popolare, espresso da ignoranti politici e da ridotte capacità di giudizio, oltre che da inesistente cultura, porterebbe al comando persone incompetenti, tipica espressione di chi le ha elette. Questa critica viene avanzata da quei gruppi intellettuali che studiano la deriva dell’opinione popolare e del consenso generata, pilotata, orientata e gestita dai mass media, soprattutto quelli disponibili a tutti e dove ognuno, nascosto dietro la tastiera, può esprimere il suo pensierino del giorno, a caccia di “mi-piace, commenta, condividi”. Le scelte di presunta democrazia diretta affidate al voto telematico non hanno nulla di diretto, in quanto riservate a un pubblico selezionato e già “ammorbidito” dalle indicazioni dei vertici. Per il resto una piattaforma privata lascia tutti i dubbi possibili sulla trasparenza dei risultati e una minoranza di gente che sa come usare lo strumento del voto attraverso il sito, finisce con il fare scelte che interessano una platea molto più vasta.
E’ il caso di ricordare che queste opzioni non sono reali, ma possono essere incrementate da strategie a pagamento di cui si occupa chi vuol promuovere la gestione di un sito o la popolarità di un profilo, ma soprattutto non tutti sanno che esistono squadre di esperti, al servizio di un rappresentante politico-guida pronte a intervenire quando compare qualche parola chiave che possa disturbare il manovratore: scatta allora il linciaggio mediatico con ingiurie, auguri di morte e di malanni vari, frasi grondanti una violenza inaudita, come si è visto per la Boldrini, per Carola o per la neoministra Bonocore, guardacaso tutte e tre donne. La quantità degli interventi intimidatori serve a dare l’idea di una inesistente maggioranza che appoggia tali scemenze. Da questo aspetto Salvini e la sua troupe di supporters a pagamento ha fatto scuola ed espresso il massimo della strategia con cui si può catturare il consenso.
Quindi al valore dell’amore, predicato sinceramente dai cristiani e ipocritamente da Berlusconi si è sostituita l’alimentazione dell’odio attraverso una serie di giri e stravaganze dell’immaginazione che sono espressione di autentiche forzature mentali. Non è consentito dissentire né esprimere il proprio dissenso, rispetto all’opinione del leader, pena l’esposizione all’obbrobrio e al vituperio. Inevitabilmente, come in ogni campo inizialmente libero da regole, si è già sostituita una telecrazia che consente a pochi “signori telematici” di professione di spostare notevoli aree di consenso.
Il populismo è il termine che ha più subito l’inversione di significato. Nato come espressione di un generico socialismo “che ritiene demagogicamente il popolo depositario di valori totalmente positivi” ha conservato l’originario valore positivo per Grillo e Salvini, ha acquistato un senso negativo per la sinistra che lo giudica un’espressione della manipolazione della volontà del popolo attraverso metodi banali e inesistenti, ma propagandisticamente efficaci, con riferimento all’accezione peronista, che indica un rapporto diretto tra un capo carismatico e le masse popolari, con l’appoggio più o meno coperto dei locali capitalismi che possono portare avanti i loro processi di industrializzazione”.
Analoga inversione di significato per il termine “buonismo”, che dovrebbe positivamente riferirsi alla parte buona, cioè sensibile ai problemi degli altri esseri umani, e che ha assunto un significato negativo da parte di chi parte da posizioni razziste e xenofobe e non è incline a nessun tipo di indulgenza nei confronti dei problemi di altri esseri umani. L’atteggiamento non è solo riservato ai migranti, ma anche ai responsabili di piccoli reati, primo fra tutti quello della violazione di domicilio, nei confronti del quale è ammesso l’uso delle armi per legittima difesa e l’eventuale omicidio. Naturalmente è buonista anche il magistrato che non applica la legge secondo il desiderio dei “cattivisti”, non disponibili a nessuna indulgenza.
Sui sistemi elettorali è stato detto tutto, ma stupisce il repentino cambio di posizione che porta i proporzionalisti di una volta a diventare maggioritari e viceversa. In pratica la caccia non è a un sistema elettorale che garantisca stabilità, ma all’immediata vittoria elettorale in prospettiva preventiva o successiva alle elezioni di eventuali alleanze.
Lo slogan leghista “prima gli Italiani” non vuol dire niente, perché non esiste uno stato che privilegi i diritti degli stranieri prima di quelli dei propri cittadini, ma la perversione delle spiegazioni porta a far credere che, a causa di alcuni detentori di poteri forti che si arricchiscono con la politica dell’accoglienza, il patrio suolo è invaso quotidianamente da orde di barbari e che prima si pensa ai poveracci che arrivano sui barconi e dopo agli italiani. Non è così, ma piace credere che sia così e identificarsi con chi sostiene questa stupidaggine, quasi a rendere se stessi protagonisti di un atto di forza e di una ribellione a regole che ci vengono imposte chissà da chi e di cui siamo vittime.
L’educazione è tramontata, così come la correttezza, il rispetto dell’altrui opinione, la possibilità data all’altro di potere esprimere il proprio pensiero ed eventualmente controbbatterlo. I dibattiti televisivi si sono trasformati in un’esibizione di litigiosità, in una sovrapposizione di voci, particolarmente più odiosa nel momento in cui bisogna bloccare le cose dette dall’avversario politico, quando possono alzare il velo sulle menzogne propinate come verità. L’assurdo di tutto questo passa dalla convinzione di chi conduce il programma, che queste forme di mala-educazione aumentino l’audience e da parte dei maleducati di guadagnare consensi.
La mistificazione è un altro elemento che si affida a parole d’ordine su elementi non provati ed usati solo a scopo propagandistico. L’elenco di queste bufale è infinito e se ne accenna solo a qualcuna: per l’opposizione il governo aumenta le tasse, anche se non lo fa, occupa e ama le poltrone, ove comunque si siederebbero, se potessero farlo, quelli che lo dicono, fa aumentare la disoccupazione, anche se la crisi è sistemica e non solo italiana, è complice di un complotto internazionale che fa capo ad alcuni super-ricchi che decidono per tutto il mondo, è servo dell’Europa che impone le regole, è d’accordo con i trafficanti di uomini che, soprattutto attraverso le ONG stanno progettando l’invasione africana e islamica dell’Europa, ecc. Tutte bufale che fanno colpo su un pubblico sprovveduto e disposto a credere al primo profeta truffaldino che presenti loro un’illusoria via d’uscita dalle difficoltà del presente.
Le conseguenze di questo mutamento di clima sono catastrofiche. In passato Berlusconi è stato un maestro di queste strategie che, se usate con opportuna propaganda attraverso i mezzi di comunicazione, diventano strumenti d’affermazione e di potere. Coperti e protetti da una rete di impunità, avventurieri, balordi, gente sprovveduta, politici della prima ora, ministri senza alcuna competenza, bugiardi convinti di convincere delle loro bugie, incompetenti, furbetti, speculatori nascosti, mafiosi nascosti e protetti, mascalzoncelli fascisti in gruppetti palestrati e bene organizzati, militari ammalati di onnipotenza, presunti opinionisti che pretendono di pontificare non dicendo altro che banalità, gente che, col crocifisso in mano pretende di criticare le affermazioni del Pontefice e soprattutto quelli che Cristo chiamava “seminatori di zizzania”, prolificano, si atteggiano a storici, avvolti da abissali ignoranze, e si svegliano ogni mattina aprendo sul mondo la finestra del proprio cellulare, a mezzo del quale, scrivendo le proprie “minchiate” possono dire a se stessi: “Tu sì che vales”. Per alcuni di essi si arriva all’iperbole attribuita a Trump, ma valida anche in Italia: la cattura del consenso, anche se solo di una parte minima, ma spacciato per consenso universale, per il pensiero degli Italiani o degli Americani medi, comporta la giustificazione di qualsiasi aberrazione della legalità, il perdono per qualsiasi scandalo o delitto, la trasformazione di eventuali e comprovati delitti in strumenti di persecuzione da parte dei propri nemici, magistrati compresi, e quindi in medaglie da appendere al petto. In pratica la deificazione, anche se sarebbe meglio chiamarla, con Seneca, la “zucchificazione”, dei nuovi profeti.

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