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di Piero Innocenti
Tra alcuni giorni, il 21 marzo, sarà la “Giornata della memoria”, un momento per ricordare le vittime delle mafie e per sensibilizzare la gente sul valore storico, istituzionale e sociale delle battaglie antimafia che vanno avanti da anni. Una giornata simbolica, istituita con la legge 20/2017 che dovrebbe servire a ricordare i tragici avvenimenti della nostra storia recente, a cominciare dai delitti politico-mafiosi degli anni 1992/1994, alla cosiddetta trattativa Stato-mafia ma anche all’impegno e ai successi delle forze di polizia e della magistratura nell’azione di contrasto. Resta, tuttavia, il paradosso delle mafie, italiane e straniere, ormai componenti della ricchezza nazionale in quanto i proventi (stimati) delle loro attività criminali (il narcotraffico, lo sfruttamento della prostituzione, il contrabbando di sigarette) rientrano nel calcolo del Pil nazionale. E tutto ciò in virtù di una decisione assunta cinque anni fa dalle autorità europee di statistica. Una legalizzazione statistica dei proventi malavitosi sui nostri conti nazionali valutata in circa l’1% del Pil (più o meno uguale a quello della Spagna e superiore a quella del Regno Unito) che non fa che aumentare il senso di scoramento che vivono ampi settori delle nostre forze di polizia e della magistratura impegnate, con risorse sempre inadeguate, a cercare di contenere i citati fenomeni criminali, su tutti il traffico e spaccio di stupefacenti. Così, poliziotti, carabinieri e finanzieri che nella quotidiana attività antidroga hanno sequestrato solo nei primi due mesi del 2019 già circa 11.000kg di stupefacenti, in gran parte marijuana e hashish ma anche quasi tre tonnellate di cocaina, hanno, di fatto, svolto attività contro “l’economia nazionale” e non ci sorprenderemmo se tra qualche anno venissero consegnati attestati governativi di benemerenza a boss del narcotraffico per il “contributo” dato al Paese alla “crescita economica”. Inaccettabile sul piano etico e politico come ha sottolineato la Commissione parlamentare Antimafia della passata legislatura nella sua relazione conclusiva (febbraio 2018) mentre la nuova Commissione ancora tace sul punto. Etica messa sotto i piedi quando le nostre autorità di Governo hanno deciso di far includere nei calcoli dell’Istat quelle attività illegali nel reddito nazionale “lordo” che l’UE aveva indicato, in realtà, come “possibilità” e non come obbligo e sempre che le suddette attività criminali fossero riconducibili all’incontro volontario dei soggetti come nel rapporto consumatore/spacciatore o in quello del cliente con la prostituta, e non ricollegabili alla criminalità organizzata. Passaggio incomprensibile, almeno per il sottoscritto. Allora, nella giornata della memoria dovremmo tutti ricordarci di questo punto e ricordarlo a tutti quelli che hanno consentito che il nostro Pil si insudiciasse con quella ricchezza criminale, mafiosa che è pur sempre una “ricchezza negativa”, di ostacolo a quella crescita pulita, non solo economica, ma anche civile che in molti auspichiamo, da anni.

Tratto da: liberainformazione.org

Foto © Imagoeconomica