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di Mattia Fossati
Dalla Camorra alla ‘Ndrangheta: ecco come il Veneto è stato colonizzato dalle mafie

La mafia è arrivata in Nordest. Lo ha certificato l’ultima inchiesta della Dda di Venezia che ha portato all’arresto di oltre 50 persone sospettate di aver permesso al clan camorrista del presunto boss Luciano Donadio di gettare le basi nel Litorale di Jesolo, a due passi da Venezia, occupando di fatto lo spazio che fino a qualche tempo prima apparteneva alla mala del Brenta di Felice Maniero.
I sentori, però, di un’occupazione militare delle mafie nel Nordest erano palpabili già da diverso tempo. Ad aver aperto le porte della “locomotiva d’Italia” ai boss del Meridione è stato Felice Maniero, il padrino di Campolongo Maggiore creatore della prima e unica mafia autoctona del Nordest: la mala del Brenta. Stringendo accordi con le mafie tradizionali per l’importazione di eroina e cocaina, Faccia d’angelo ha fatto conoscere le potenzialità del Veneto ai picciotti di Cosa Nostra della cosca Fidanzati, al clan Guida di Napoli e anche alla mafia milanese di Francis Turatello, personaggio legato alle più importanti famiglie catanesi.
Grazie ai contatti stretti con Maniero, i padrini delle onorate società hanno imparato che il Veneto possiede tutte le caratteristiche per diventare la maxi lavatrice dei capitali mafiosi provenienti dal Sud.
Tutto ciò era già successo nel 2012 quando i magistrati padovani, indagando sul ras dei fallimenti Mario Crisci, scoprirono che in Veneto si era stabilita un'azienda che sfruttando il brand dei Casalesi aveva fatto cadere nella sua rete 130 imprenditori veneti.

LA CAMORRA – Aspide, società capofila dell’impero di Crisci, prestava soldi a strozzo ad altre imprese in difficoltà imponendo tassi di interesse da capogiro e in seguito con minacce e violenza pretendeva la restituzione del denaro. In caso di mancato pagamento, il clan di Crisci acquisiva l'azienda insolvente. Nella sentenza, poi confermata dalla Cassazione, i magistrati sono riusciti a provare che Aspide di fatto si era trasformata nella nuova mafia del Nordest però non è stato dimostrato che Crisci avesse contatti con i clan di Secondigliano.
L’usura non è però l’unica attività delle cosche campane.
In Veneto, ad ogni modo, la Camorra sembra molto più interessata ad acquisire bar, ristoranti ed esercizi commerciali e forse persino il racket dei rifiuti, come dimostra la Tpa di Franco Caccaro, società di Padova produttrice di macchine per la triturazione dei rifiuti ma che è anche molto vicina a Cipriano Chianese, condannato a gennaio 2019 in appello a diciotto anni per disastro ambientale nel caso della discarica Resit di Giugliano in Campania. I magistrati sostengono che Caccaro abbia ricevuto finanziamenti occulti da Chianese restituiti grazie ad un giro di false fatture emesse dalla Tpa.
Riciclaggio, usura, rifiuti e come certifica l’ultima inchiesta della Dda lagunare anche traffico di droga. Secondo i nuovi risvolti dell’indagine, i clan di Camorra operanti nel Litorale avrebbero imposto una tangente ai gruppi criminali dell’est e del nord Africa su ogni dosa di stupefacente venduta. Una specie di tassa per poter lavorare.

I SICILIANI – Se a San Donà, a Eraclea e a Jesolo, i camorristi hanno vita facile; in laguna i pischelli hanno ceduto il passo ai picciotti del clan dell’Arenella, i quali – secondo indagini del Ros dei Carabinieri di Padova – avrebbero messo gli occhi sul business del Tronchetto, vale a dire caricare sui vaporetti della malavita (offrendo un giro turistico ad un prezzo vantaggioso per le isole di Venezia) le migliaia di turisti che ogni giorno arrivano in pullman all’Isola d’oro. Era stato proprio Vito Galatolo, ex boss mafioso ora collaboratore di giustizia, ad essere stato assunto da una società molto vicina (ma non di proprietà) di Otello Novello detto il Coco Cinese, per un certo periodo sospettato di essere uno degli organizzatori degli opachi traffici dietro l’isola del Tronchetto.
Quale motivo poteva spingere il boss di uno dei mandamenti più influenti di Palermo a farsi assumere per lavare i vaporetti a Venezia? Secondo gli investigatori, Galatolo si sarebbe trasferito in laguna per assaggiare la reddittività del business prima di rivelarlo dalla banda dei mestrini.

I TENTACOLI DELLA SANTA – Nel Veneto più estremo, quello a confine con la Lombardia e l’Emilia Romagna, la ‘Ndrangheta ha fatto incetta di proprietà e terreni, in particolar modo nel veronese e sulle sponde del Garda. Luoghi che, per un certo periodo di tempo, avevano dato ospitalità a personaggi legati al clan Piromalli di Gioia Tauro.
Ed è a Verona che le autorità hanno piazzato gli occhi sui Giardino, una famiglia di Isola Capo Rizzuto trapiantata da parecchi anni nella città scaligera, sospettata dai Ros di avere fornito supporto elettorale all’ex Sindaco leghista Flavio Tosi.
L’intera inchiesta, però, è stata archiviata poiché nulla di penalmente rilevante è stato trovato a carico dei Giardino e tantomeno all’ex politico del Carroccio.
La città scaligera, come testimonia l’inchiesta Aemilia, è porto franco per la ‘Ndrangheta, un luogo in cui reimpiegare in attività lecite (come l’acquisizione di aziende) i milioni su milioni derivanti dal traffico di cocaina.
Un dato, però, deve spaventare più di tutti: i numerosi incendi dolosi, che da qualche anno, sono soggetti gli impianti che si occupano di smaltire i rifiuti nel veronese. Tutto ciò testimonia che qualcosa sta cambiando sotto i nostri occhi, trasformando il vecchio slogan della Lega Nord da “padroni a casa nostra” a “mafiosi in casa nostra”.

ANTIMAFIADuemila
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