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vassallo angelo dxdi Antonio Manzo
Lunedì, 26 novembre, l’incontro con i procuratori titolari del nuovo fascicolo sull’assassinio del “sindaco pescatore”

Avvocato Ingroia, che idea si è fatta dell’omicidio di Angelo Vassallo? «Mi sono fatto l’idea che quando di un delitto che potremmo agevolmente definite “eccellente”, di un sindaco, di un uomo delle istituzioni, si gira un po’ a vuoto per anni e ci sono anomalie, stranezze, è perché non sono affari di semplice criminalità comune».

Antonio Ingroia arriva da Roma con il “Frecciarossa”. Un uomo solo. Per 27 anni lo Stato lo ha protetto con scorte al massimo livello di attenzione, perché titolare delle più importanti indagini antimafia dalla Sicilia all’Italia. Ora quello Stato lo ha abbandonato al suo destino. È un ex pm, è chiaro. Ha lasciato la magistratura. E va bene. È un avvocato, come ve ne sono migliaia in Italia. Ma lo Stato gli ha riservato la dubbiosa ufficialità di garantirgli il minimo di una protezione e balbetta, miserevolmente, dinanzi ad un pericolo che si perpetua per la vita. Nel Paese degli scortati, Ingroia è un uomo solo. Anche perché la mafia archivia e non cancella, ricorda e non dimentica. Da qualche settimana è avvocato di parte civile nell’inchiesta bis sul delitto di Angelo Vassallo. Aiuterà cioè la famiglia di Angelo a scoprire la verità sull’omicidio avvenuto nel settembre di 8 anni fa, probabilmente negli stessi giorni di quando lui, pm palermitano, era a caccia di prove nell’accusa per la cosiddetta trattativa tra lo Stato e la mafia.

Avvocato Ingroia, è possibile riprendere il bandolo della matassa nelle indagini sull’omicidio Vassallo?
Credo di sì. Ci sono stati casi clamorosi giudiziari definiti da me, come quello della scomparsa del giornalista Mauro De Mauro e dell’omicidio di Mauro Rostagno che per decenni non hanno offerto alcuna speranza di essere risolti. Poi la tenacia e la professionalità ti consentono di scoprire assassini e mandanti. È bastata una perizia balistica come nell’omicidio di Mauro Rostagno, oppure la memoria dei collaboratori di giustizia, nel caso di Mauro De Mauro, per arrivare alla definizione di una verità giudiziaria. Nel caso Vassallo lavorano pm salernitani con tenacia, costanza e professionalità (che, forse, non sempre ci sono state) mi inducono ad essere ottimista. Sono ex colleghi validi, tenaci e puntigliosi.

Paradossalmente il tempo trascorso potrebbe garantire la scoperta della verità?
Paradossalmente sì. Come avviene nei “cold case”, come dicono gli americani. Si tratta di quei casi che anche a distanza di anni fanno emergere ricordi, circostanze, indizi, prove. Ma dietro tutto è importante che ci sia la sensazione netta che lo Stato voglia la verità. L’immagine di uno Stato pigro, inerte induce chi sa a non raccontare se si accorge che non ha il coraggio di dire “voglio la verità”.

Che idea si è fatta, incontrando i pm, del lavoro d’inchiesta in corso?
I magistrati rimangono molto abbottonati anche di fronte a un ex collega ora avvocato. Giustamentenon mi hanno potuto rivelare nulla. Ho parlato sia col procuratore dellaRepubblica facente funzioni, Masini, che conosco da tantissimi anni, prima a Milano e poi in Sicilia che con il pm Colamonici è titolare dell’inchiesta. Ho avuto modo di apprezzarlo. Sono convinto che dalloro lavoro potranno venir fuori novità. Certo, occorre rigore probatorio e, quindi, anche ciò che può essere una traccia importante se non viene “vestita”, cioè confezionata per un’accusa inossidabile, il lavoro si perde dietro sospetti che non diventano mai prove.

Che ruolo svolgerà nell’inchiesta, da avvocato di parte civile?
Ho manifestato ai procuratori salernitani l’intenzione di lavorare sul fronte delle indagini difensive con il mio bagaglio professionale. Sarò un difensore molto attivo, farò indagini e comunicherò alla procura i miei risultati. Diciamo che con i miei ex colleghi salernitani abbiamo sottoscritto una sorta di “protocollo d’intesa” per le mie indagini difensive che non ostacoleranno nè interferiranno con il loro lavoro certosino e prezioso per arrivare alla verità. Ovviamente, quando ci saranno i risultati delle indagini difensive ritornerò in procura per fornire tutti gli elementi che raccoglierò.

Su quali collaborazioni punta, da difensore di parte civile?
Convincerò a parlare chi sa e che fino ad ora non ha parlato per paura, preoccupazione. Chi è complice non parlerà nè con me nè con la procura. Io tenterò di convincere a parlare chi sa, con il metodo accorto e disponibile all’ascolto, senza assalto vagamente ed inutilmente inquisitorio all’eccesso. Ecco, chi vuole prenda contatto con lo studio legale Ingroia e formalizziamo l’incontro che non necessariamente sfocia in un verbale. Io, punto al dialogo con chi sa.

Molti sospetti in questa indagine, ma tra sospetti che non diventano indizi e men che mai prove, come conviene procedere per raggiungereuna prova?
Non c’è dubbio che nell’indagine Vassallo ci sono state superficialità, “granchi”, inefficienze. Ma non bisogna fare di tutt’erba un fascio. Non tutte le superficialità sono state depistaggi, perché bisogna saper distinguere tra insipienza professionale e il depistaggio. Perché mettendo a fuoco chi ha depistato ci può aiutare a capire perché ha depistato ed arrivare così ai soggetti che si intendevano coprire. La trama è un passo alla volta.

Ha letto gli atti?
C’è una difficoltà oggettiva, perché alcune carte della prima inchiesta sono ancora segrete e con omissis in diverse parti. Ho tentato, nel corso del colloquio con gli inquirenti, un po’ di carte nel rispetto del segreto investigativo. Ho offerto la mia disponibilità in questo senso, con il mio contributo esperenziale maturato nella storia delle indagini svolte in Sicilia. Resto convinto che anche i presunti depistaggi siano avvenuti per insipienza professionale. Perché nell’inchiesta Vassallo è accaduto anche questo.

Solo questo?
Sono convinto di no, ma la trama della ricerca deve essere molto rigorosa e fondata su prove.

È fiducioso?
I fatti hanno la testa dura, prima o poi la mostrano per intero.

Tratto da: lacittadisalerno.it

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