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Meeting con Luciano Armeli Iapichino
di AMDuemila
E poi succede che una delegazione del Ver.di, la Vereinte Dienstleistungsgewerkschaft, ossia il Sindacato unificato dei servizi, con 2 milioni di iscritti, rappresentante in Germania degli interessi dei singoli nei confronti dell’economia e della politica, con attività di lobbying politico in ambito nazionale e internazionale, giunga in Sicilia, nel messinese, a Patti, e approfondisca le mattanze di mafia dalle origini ai giorni nostri. E per indagare il nocciolo della questione si affida a Luciano Armeli Iapichino, docente e scrittore, conoscitore della storia e dell’evoluzione della mafia che da anni, attraverso pubblicazioni e conferenze, ha avviato un’attività di sensibilizzazione contro le mafie sul territorio isolano e della penisola.

Nella splendida cornice di Villa Chelia, nella cittadina che fu di Michele Sindona, Armeli, stavolta dinanzi all’importante parterre internazionale, ha tracciato le direttrici del fenomeno criminale dall’Unità d’Italia alla trattativa Stato-Mafia, illustrando le mattanze ai tempi di Emanuele Notabartolo, Bernardino Verro e Joe Petrosino, percorrendo poi quella dei sindacalisti (Rizzotto, Carnevale), dei giornalisti (da Cosimo Cristina a Beppe Alfano) e di Palermo degli anni ‘80/’90, sino al maxiprocesso e alle stragi.

I parallelismi, le intuizioni di Caponnetto, Falcone e Borsellino, i martiri di Saetta e Scopelliti e di altri servitori dello Stato, le latitanze, le esemplificazioni sulle complicità masso-mafiose e sui depistaggi che hanno condizionato e - continuano a farlo - la politica e la giustizia, hanno attratto l’uditorio che, alla fine del momento di formazione, ha avviato un serrato confronto con Armeli tramite interrogativi e riflessioni. Singolare l’excursus sulla storia del pentitismo, sui riti d’iniziazione e su quella norma tutta siciliana di infangare le vittime di mafia nota con il nome di mascariamento.

Armeli ha, altresì, ha dissertato di mafia d’oltreoceano al tempo delle migrazioni dal primo ‘900 al secondo dopoguerra, chiarendo i modus operandi di personaggi quali, tra gli altri, Tony Lombardo, Vito Cascio Ferro, Gaetano Badalamenti, Tommasino Buscetta. Un’analisi attenta, completa e dettagliata, armonizzata da un corredo di fotogrammi tanto rilevanti quanto inquietanti della storia e per la coscienza del popolo siciliano. Momenti di sconcerto si sono palesati in sala e nelle espressioni degli astanti alla visione del corpo tumefatto dell’urologo Attilio Manca, la cui surreale vicenda, intrisa di mafio-massoneria, è tra le più drammatiche degli ultimi anni e, pari tempo, tra le più vergognose pagine della storia giudiziaria italiana.

armeli e ver di

Un brusio si è elevato alla visione dell’immagine con lo striscione apparso, molti anni addietro, dopo la discesa in campo di Silvio Berlusconi allo stadio La Barbera a Palermo, durante l’incontro con l’Ascoli, e al momento dell’approfondimento del relatore sulla trattativa stato-mafia.

Le domande dei sindacalisti tedeschi hanno riguardato, anzitutto, l’incredulità per le lunghe latitanze dei boss in Italia al tempo di tecnologie sofisticate, oggi a disposizione degli inquirenti; la zona grigia, ovvero di quell’esercito di professionisti “al servizio della criminalità” che rende la lotta al sistema lunga e faticosa; l’associazione mafia-politica nel corso del tempo e l’atteggiamento del popolo siciliano - se remissivo o di contrasto -  dinanzi a questi fenomeni.

A distanza di più di due secoli dal viaggio in Sicilia del loro connazionale Goethe, l’isola sempre affascinate quanto più trucidata da un sistema marcio, indisturbato e vergognoso, ha accolto la delegazione tedesca con la solita ospitalità che la contraddistingue e con centinaia e forse più lapidi di siciliani sterminati da una guerra “civile” e interminabile.

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