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marceca romina 500di Romina Marceca
Il capomafia di Brancaccio Giuseppe Graviano ammirava compiaciuto il panorama di Palermo dall’ultimo piano del suo lussuoso hotel. I clan trapanesi legati a Matteo Messina Denaro si contendevano le zone archeologiche da sfigurare per costruire i loro residence 4 stelle con piscine e campi da tennis. A Catania la cosca di Nitto Santapaola ha preferito invece realizzare un resort vicino alla base militare Sigonella, affittato per 7 miliardi di lire agli Stati Uniti.
Al business degli hotel di lusso Cosa nostra non ha mai rinunciato investendo soldi sporchi per produrne tanti altri puliti. Basta dare uno sguardo agli ultimi dati diffusi dall'Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati alla mafia: sono 44 gli alberghi e i ristoranti in Sicilia passati allo Stato e che prima venivano gestiti da un Padrino.
E tra i “Cosa nostra resort” ci sono esempi virtuosi, hotel che adesso fanno il pienone di turisti e fatturato. Tanto che uno di questi, il Grand hotel Mosè, ha anche ottenuto una stella in più: da tre è passato a quattro. Una piccola isola felice in provincia di Agrigento, un'antimafia che funziona nella stagione della bufera.
Il Grand hotel Mosè è stato sequestrato agli eredi dell'imprenditore Calogero Russello con oltre 600 mila euro di debiti, oggi su Booking ha un giudizio "Favoloso" con un 8,7 di indice di gradimento e ha anche triplicato il personale. In questo hotel con piscina Calogero Russello aveva investito parte del suo patrimonio che per i giudici è il frutto di spartizioni di appalti e voto di scambio.
Per il capo di Brancaccio Giuseppe Graviano il suo San Paolo Palace era "una meraviglia".
«Da qui si vede da Monte Pellegrino a Casteldaccia», diceva in carcere spiegando la vista dal quattordicesimo piano. Un palazzone con 248 camere sul lungomare di Romagnolo a Palermo, luogo dei misteri di mafia perché è qui che si sono svolti alcuni summit della Cupola. Graviano su quel 4 stelle aveva riposto molte aspettative imprenditoriali. Ma poi gli affari calarono e la mafia stava già decidendo come svuotare le casse dell'impresa quando i fratelli Graviano finirono in carcere nel 1994. E anche questo hotel è diventato proprietà dello Stato con risultati tutt'altro che deludenti: nel 2015 il fatturato è raddoppiato.
Da Palermo a Agrigento fino a Trapani, il regno di Matteo Messina Denaro, l'imprendibile ultimo boss di Cosa nostra. La presenza di Diabolik aleggia sugli affari di Michele Mazzara, imprenditore vicino al fantasma di Castelvetrano. Il Panoramic hotel di San Vito Lo Capo è stato confiscato. Era il più noto della località turistica.
A poco più di 25 chilometri, a Valderice, c’è il residence Torre Xiare, tolto all’imprenditore Tommaso “Masino” Coppola, finito in carcere nel 2005 con una condanna definitiva per mafia a sei anni. Anche il suo patrimonio sarebbe legato agli interessi della holding Messina Denaro. Il residence 4 stelle è stato costruito attorno a una torre risalente al XVI secolo, a trecentocinquanta metri dalla spiaggia del lido Valderice. Nell’aprile scorso il prefetto Umberto Postiglione, ex direttore dell’Agenzia dei beni confiscati, aveva preso ad esempio l’esperienza del Torre Xiare come azienda restituita al mercato “sana e competitiva.
Proprio come il Sigonella Inn a Motta Sant’Anastasia, nel Catanese, dall’altra parte della Sicilia. Un altro hotel tolto a Cosa nostra, era del faccendiere catanese Placido Aiello della cosca del boss Nitto Santapaola. Un complesso di 208 alloggi interamente affittato agli americani della vicina base militare e che fruttava ad Aiello 7 miliardi di canone annuo.
Oggi al suo “American bar” non si vedono solo militari Onu ma anche turisti di diverse parti del mondo che sorseggiano il cocktail preferito da Hemingway, il mojito.

Fonte: mafie.blogautore.repubblica.it

Tratto da: "Mafie da un'idea di Attilio Bolzoni"

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