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pipitone rosaliadi Franco Di Carlo
Ritenevo che questi personaggi appartenenti al Medioevo si fossero definitivamente estinti. Personaggi che considerano la donna un oggetto da eliminare, quando non utili. Pensavo che questa mentalità disonorevole, purtroppo per la Sicilia, si fosse persa, fermata, nei primi annì ottanta, con le diverse uccisioni avvenute in quel periodo. Con l’omicidio di Rosalia Pipitone, ragazza meravigliosa che ho conosciuto sin dalla nascita, ragazza dotata di un’intelligenza fuori dal comune. Uccisa per mano del padre, mandante dell’omicidio, perchè Rosalia, madre di uno splendido bambino, si presumeva intrattenesse una relazione con un parente e avesse l’intenzione di separarsi dal marito.
Il padre di Rosalia, Antonino Pipitone, affiliato in Cosa Nostra nella famiglia dell’Acquasanta, mal sopportava questa situazione che vedeva coinvolta la figlia, al punto di organizzare una mostruosa messinscena, una finta rapina, con lo scopo di ammazzarla.
In questo modo credeva di poter salvare la sua onorabilità di uomo d’onore. Non si era reso conto che quello che quanto andava a commettere gli avrebbe fatto perdere l’onore e l’onorabilità proprie di un padre nei confronti dei figli.
Anche Giuseppe Lucchese, detto Lucchesiddu, ha creduto di salvare la sua disonorabilità uccidendo quattro persone che facevano parte della sua famiglia: la sorella, suo cognato, l’amante della sorella, il cantante Pino Marchese, e la cognata, moglie di suo fratello. Senza pensare a quanti figli avrebbe reso orfani, compreso un neonato che al momento del vigliacco agguato si trovava in auto con i genitori. Ho letto su qualche giornale e sentito nei telegiornali affermare che queste erano mentalità e regole di Cosa Nostra. Riferito a quanto accaduto a Bagheria, all'ordine impartito dal boss Pino Scaduto al figlio "Uccidi tua sorella, è l'amante di un carabiniere". Io dico fermamente no, non è così! I casi di cui ho parlato sono frutto di cervelli sfasati, che i corleonesi di Totò Riina, quando si è autoeletto capo dei capi, precisamente nel 1983, pretesero che si comportassero da mostri sanguinari. Prima dell’avvento dei corleonesi, si erano verificati all’interno di Cosa Nostra, diversi casi di donne separate da mariti affiliati, come Giannuzzo La Licata, Tommaso Buscetta e altri, però queste mogli non sono state uccise. O come nel caso di Totò Cinà, uomo d’onore della famiglia di Cruillas, la cui figlia si era innamorata di un poliziotto con il quale era andata a convivere nei primi anni settanta. Nessuno impose a Totò Cinà di uccidere sua figlia, anche se per quella mentalità, “Ma lui ne fu felice”, subì la gogna che consisteva nell’essere stato sospeso da Cosa Nostra. Questi soggetti che volevano macchiarsi di un delitto tanto aberrante: eliminare il proprio sangue, non sono altro che mostri che antepongono a tutto la loro carriera criminale, anche a scapito della sacralità degli affetti familiari. E costoro osano ancora farsi chiamare uomini d’onore? Vorrei consigliare a costoro di cambiare denominazione, ma non chiamateli bestie, le bestie potrebbero offendersi.

Tratto daarticolotre.com

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