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casablanca n49Il nuovo numero di Casablanca
di Graziella Proto

Si chiamava Ayse Deniz Karacagil ma tutti la conoscevano come cappuccio rosso perché portava sempre un berretto rosso. Era dolce e coraggiosa. Innamorata della vita, la sua era piena di sogni e di ideali. Il suo sogno più grande la libertà l’aveva costretta a decidere di imbracciare il fucile   per difendere i curdi. Il suo popolo. Lei Turca!
Sperava di difendere i deboli, i perseguitati e i minacciati, si batteva per la libertà di tutti. È morta sul fronte di Raqqa alcuni giorni addietro uccisa durante un conflitto a fuoco in territorio siriano, non lontano dal confine turco. Difendendo il suo popolo.
Era il simbolo della ribellione degli studenti turchi e della lotta dei curdi contro lo Stato Islamico. Addio dolce Ayse.

LE RIVOLUZIONARIE: FEMMINISTE E GUERRIGLIERE
Bei volti sorridenti intelligenti ironici, la lunga treccia sulla schiena, il passo niente affatto marziale, anzi sciolto e ondeggiante, quasi seduttivo, tutto bene: ma poi le armi in spalla le portano, con disinvoltura e le usano. E' una vera contraddizione, a salvarsi dalla quale non vale la citazione di quel principio di diritto internazionale per il quale "un popolo invaso può difendersi in qualsiasi modo", che siamo soliti/e citare a proposito di esecuzioni sommarie avvenute anche durante la nostra Resistenza. Perché le guerrigliere curde sottolineano sempre il loro essere donne, insomma femministe e guerrigliere armate. Anche nella nostra Resistenza molte donne furono riconosciute come partigiane combattenti, anche se non portavano armi, io stessa.

Sono donne emancipate, che perciò imitano -per raggiungere la parità- i modelli maschili, modificandoli quanto possono.

E' tutto: questa faccenda mi intriga molto e finora sono riuscita a darmi solo questa risposta, corretta- mi pare- ma insufficiente (Lidia Menapace)


COSE DELL’ALTRO MONDO!

LA DIGNITA’ DI RIINA
Ora che mi ricordo, ad alcuni li ha fatti sciogliere nell’acido, qualcun altro è stato mangiato dai maiali. Qualcuno si è sbrandellato nell’aria.
Certo non era lui che lo faceva, non negli ultimi anni almeno, ma era lui che decideva e che avrebbe ordinato di fare.
Sono sicura che lo ha fatto per salvaguardare la loro dignità. E’ stato umano. Anziché lasciarli sfregiati gli ha reso più dolce la vita. E la morte. Gli ha risolto un problema. Io non ho alcun dubbio sulle sue buone intenzioni. E voglio rispondere con la stessa manca casablanca n49dignità ed umanità, dignità e umanità – per fortuna sua – che lo Stato in cui vivo, uno stato di diritto, gli concede. Non lo tortura. Lo cura se è malato. E’ circondato da lavoratori seri.  Vendetta? Si chiama diritto. Anche per lui. Quindi bando alle ondate emotive. Ai buonismi. Al garantismo esagerato. Non mi pare che ci siano le condizioni per allarmarsi per una vita…anche se la vita di un sanguinario, criminale, stragista. Se dovesse accadere… ci penseremo. Codice alla mano. Ricordando che non è uno qualsiasi.

LA TESTIMONIANZA DI CUFFARO
Totò Cuffaro condannato per associazione mafiosa va in giro per tenere lezioni per aspiranti giornalisti. Spero e mi auguro che non siano futuri giornalisti che vogliono dedicarsi all’antimafia. O per dirla a modo mio giornalisti antimafia. Qualcuno si indignò…Ma non fa parte dei relatori disse qualcun altro, parla semplicemente di sé, porta la sua testimonianza. (!?) E l’ordine dei giornalisti siciliano?

LA MAFIOSA SICUREZZA
Al tribunale di Milano – dico Milano – i fratelli Fazio e i loro collaboratori hanno avuto fino a pochi giorni addietro libero accesso alle stanze senza che alcuno fino ad oggi si sia posto la domanda. “Chi sono loro?” alla Saverio Lodato. Alle dipendenze della Securpolice dei fratello Fazio. I vigilantes disarmati in divisa blu assieme alle guardie giurate controllano gli ingressi. Insomma, proteggono. Che ironia. Alessandro e Nicola Fazio al tribunale di Milano gestivano il sistema di sicurezza. (Sic) e oggi sono accusati di associazione a delinquere finalizzata ad aiutare Cosa Nostra, in stretto rapporto con pregiudicati legati al clan catanese dei Laudani.
Come hanno fatto i Fazio ad aggirare il sistema dei controlli e delle certificazioni antimafia?
Appunto cose dell’altro mondo!

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