Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

ciotti luigi c sfdi Edith Vilardo*
Il 22 maggio 2017, gli studenti del liceo Santi Savarino di Partinico (PA) incontrano Don Luigi Ciotti in auditorium. Incontrano un uomo dall'aspetto semplice, ma dall'animo forgiato dal fuoco di mille battaglie, battaglie in nome della Giustizia. Ebbene sì, quell'uomo molto spesso visto in televisione, è oggi venuto per parlare agli studenti e per invitarli a riflettere, a guardare dentro se stessi. "L'unità di misura dei rapporti umani è la relazione" dice Don Ciotti e per questo decide di aprire il suo discorso ascoltando le domande dei ragazzi. Don Ciotti parla di un "noi", ripete che i percorsi di legalità non sono mai solitari, entrando sempre più nel cuore della tematica, alza il tono della voce e denuncia la malattia più grave: la rassegnazione. Critica i "cittadini ad intermittenza", quelli che si spengono e si accendono come le lampadine. Ma gli uomini non sono lampadine, gli uomini hanno il dovere di prendere coscienza dei fatti e dare un contributo al mondo. Chiede infatti all’uditorio, rapito dalle sue parole, che cosa muove il mondo se non la determinazione e la passione? Inseguire un obiettivo fino alla fine, cadendo e rialzandosi sempre più forti di prima, restando tenaci ai colpi della vita. Egli denuncia quindi gli indifferenti, i vigliacchi, i finti perbenisti che usano la maschera della legalità, Gramsci stesso diceva: "Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano". Don Ciotti ricorda l'importanza dell'istruzione: "La conoscenza è la via maestra del cambiamento" afferma. Il messaggio che vuole lanciare è spingersi sempre in fondo alle cose, conoscere, informarsi per ricostruire la storia e chissà forse anche i "pezzi mancanti" della mafia, come dice il giornalista Salvo Palazzolo. Esiste un peccato di sapere: il sapere di seconda mano. Non sempre è giusto fermarsi al "Relata refero" senza sapere se ciò di cui parliamo sia giusto o meno. Don Ciotti riempie di emozioni l’auditorium, la sua voce continua a vibrare nell’aria e si congratula con la dirigente Chiara Gibilaro e con i docenti dell'istituto riguardo ai progetti antimafia e all'impegno civile, oltre che scolastico, che da anni la scuola svolge. Don Ciotti torna a parlare dei problemi del mondo che ci circonda, dice di sentirsi piccolo di fronte all'olocausto del mondo, di fronte alle guerre, alla morte dei migranti e all'ingiustizia. “Il più grande naufragio, prima di quello dei barconi, è il naufragio delle coscienze” afferma. Come ha potuto l'uomo essere sovrastato da ciò che lui stesso ha creato? L'ingiustizia è un'invenzione dell'uomo, la guerra è un'invenzione dell'uomo. Il buio è assenza di luce, il rumore è assenza di suono e così l'odio è assenza di amore. È proprio l'amore verso il prossimo a mancare oggi, l'eterno timore di ciò che non conosciamo, di ciò che vediamo come diverso ma che in realtà ha molti valori in comune con noi. "Dobbiamo illuminare le cose belle e positive, le cose negative fanno più chiasso e più notizia" dice Don Ciotti. Guardando in basso non ci accorgiamo se non dell'abisso profondo, ma è solo alzando gli occhi al cielo che possiamo ammirare il sole e la bellezza della luce. Il sole può essere ricoperto dalle nuvole, ma è solo questione di momenti, torna sempre a splendere e a raggiungere gli angoli più bui della terra. "Non ci può essere legalità senza uguaglianza, essa non è obiettivo ma strumento. Obiettivo è la giustizia" dice. La giustizia, parola ormai stanca di essere sulla bocca di tutti, conserva una forza primordiale, è un muro impossibile da abbattere. "Potranno tagliare tutti i fiori, ma non fermeranno mai la primavera" diceva Neruda, potranno uccidere tutti i nostri magistrati, farli saltare in aria, freddarli, ma non fermeranno mai la giustizia. Don Ciotti parla di uguaglianza, di civiltà, fondamentale per fare il bene di tutti. Fa riferimento alla Costituzione Italiana, dice che dovremmo farla diventare parte del nostro costume, non lasciarla scritta su carta, ma tradurla in azioni. La Costituzione è la prima forma di giustizia, il primo esempio di civiltà. Don Ciotti parla di una "dieta delle parole", pesare le parole che troppo spesso oggi vengono utilizzate per offendere, dividere, etichettare. Adesso tocca il punto della memoria: "Non sono morti per avere una lapide o un monumento, sono morti per la nostra libertà, per la verità e per la democrazia". Morire per una libertà democratica e non per una libertà anarchica. Don Ciotti vuole “una memoria viva”, una persona non muore mai se continua a vivere nel ricordo degli altri, una persona muore con l'indifferenza. Questa società troppo spesso è fatta di “morti viventi”, gente che respira ma che ogni giorno muore, uccisa da demoni interiori quali l'omertà e l'indifferenza che implicano il silenzio. Ma se ci sono delle voci in mezzo al silenzio, allora la speranza non è morta. La speranza è quella cosa che non ci fa dormire la notte, ma che come un fuoco brucia dentro di noi tenendoci in vita. "Le mafie oggi sparano di meno, ma fanno lo stesso gli affari" questo dice Don Ciotti quasi rammaricato. Perché il mafioso non è più quello che indossa la coppola e il fucile, il mafioso è un uomo d'affari, un parassita che passa gran parte della vita ad arricchirsi, a costruire ville e a macchiarsi di sangue, per poi trascorrere anni rinchiuso in un bunker a vivere come un topo di fogna. Sono uomini che non hanno civiltà, non hanno rispetto, usano le armi come fossero prolungamenti degli arti e trucidano uomini, donne e bambini. Tutto solo per il denaro. Quante vite distrugge il denaro, l'avidità non sazia mai, è un buco nero che risucchia tutti i valori. La mafia si è infiltrata ovunque, nella politica, nei commerci e adesso anche nei flussi migratori. La tratta della prostituzione, lo sfruttamento della manodopera e tante altre atrocità a cui sono sottoposti i migranti poiché soggetti deboli e di facile preda. Don Ciotti conclude dicendo che Dio non è cattolico, Dio ama tutti senza fare distinzioni. Quando impareremo a seguire il suo esempio?

* Liceo Santi Savarino 3a H

Foto © S. F.

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos