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di matteo nino c giannini big0di Adriano Ardu
Mercoledì 1° febbraio il PM Nino Di Matteo ha trascorso un’intera giornata in Sardegna, a Cagliari e Monserrato, intervenendo a due manifestazioni organizzate dal Gruppo Agende Rosse Sardegna “Emanuela Loi”, il Comune di Monserrato e la Pro Loco. La mattina ha incontrato gli studentiall'Auditorium del Conservatorio di Musica di Cagliari e il pomeriggio è intervenuto all’Aula Magna della cittadella universitaria di Monserrato per la presentazione del libro “Collusi”.
La bravissima Giorgia Oppo di Agende Rosse ha condotto la serata e interloquito con il magistrato ponendogli numerose domande e spunti di riflessione. Un pubblico numeroso ha partecipato con grande attenzione e partecipazione, segnalando con innumerevoli applausi i passaggi del discorso di Di Matteo.
Innanzitutto è doveroso ricordare che il fenomeno mafioso non è relegato solo alla Sicilia e alcune altre regioni del Sud Italia, quali Calabria, Puglia..., ma è esteso nell’intera nazione, lo dimostrano i numerosi rapporti tra Stato e Mafia ad altissimi livelli, vedi Andreotti e Berlusconi, ampiamente citati in numerose sentenze definitive, dove si acclarava che intrattenevano rapporti con Cosa Nostra.
Sempre più spesso sono i grandi imprenditori che, quando vengono in Sicilia, “cercano” i mafiosi, per far si che i lavori si facciano presto e bene, si pensi a Villabate (PA), dove c’era il progetto di costruire un centro commerciale che per estensione doveva essere il secondo d’Europa. Naturalmente erano sorti numerosi problemi:
·       i terreni interessati al progetto erano di proprietà di circa 160 persone, bastava che alcuni di loro non vendessero e saltava tutto;
·       parte dei terreni non erano edificabili e gli imprenditori si sono rivolti direttamente alle famiglie mafiose per risolvere i problemi. La mafia vista come un interlocutore che risolve i problemi.
I mafiosi sono “teste pensanti” non come si potrebbe pensare dei rozzi contadini semianalfabeti. I mafiosi che contano hanno sempre mirato alla convivenza tra potere mafioso e potere politico “Pacifica convivenza”. Riina disse che “senza quei rapporti e quegli agganci, saremo solo una banda di sciacalli, presto spazzati via”.
A Palermo si sono svolti molti processi contro magistrati, investigatori, personale dei servizi segreti, ufficiali dei carabinieri. Il cittadino medio resta sconvolto davanti a queste notizie, però una società sana, fa emergere e combatte queste situazioni. Tutto questo è possibile grazie all’autonomia e all’indipendenza della magistratura rispetto al potere politico e a quello esecutivo in primis. E grazie anche alla dipendenza funzionale della polizia giudiziaria al PM; la polizia giudiziaria, quando svolge attività giudiziaria, non dipende dai propri superiori gerarchici, ma dai PM. Di Matteo riporta il caso delle talpe in Procura a Palermo: i carabinieri che investigarono su altri carabinieri non informarono i superiori, altrimenti le indagini presumibilmente non ci sarebbero più state. Nella recente normativa che ha previsto l’assorbimento del Corpo Forestale nei Carabinieri, una norma prevede che siano informati i superiori in caso di attività giudiziaria. È garanzia quindi per i cittadini l’autonomia della magistratura dal potere politico; Licio Gelli voleva la sottomissione della magistratura al potere esecutivo.
Con la mafia non ci deve essere nessun accordo, bisogna solo combatterla. Riferendosi alle bombe del 1993 a Firenze, Roma e Milano, i giudici hanno fatto notare che alcuni ufficiali dei carabinieri fecero arrivare a Riina la proposizione “cosa vuole la mafia per far cessare le stragi”; ciò ha rafforzato il convincimento che le stragi pagassero e che dovessero continuare. Non si può pensare che con le mafie si può dialogare, perché ciò rafforza la mafia.
di matteo nino sardegna 610È stato anche ricordato il caso delle intercettazioni che hanno riguardato l’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in conversazione con Mancino. L’oggetto di tali conversazioni non aveva alcuna rilevanza penale e furono giustamente archiviate e mai divulgate. Ciò nonostante ci furono molte critiche da parte della politica e lo stesso Napolitano sollevò il problema di conflitto di attribuzione.
Omicidi “eccellenti”. La vittima eccellente non è mai uccisa solo per vendetta; il movente è normalmente molto complesso e la vendetta concorre con altre finalità. Si uccide un bersaglio perché altri capiscano che non ci si può spingere oltre i limiti in cui si è spinto l’ucciso.
·       Falcone non fu ucciso per i maxi processi, ma perché, trasferito a Roma al Ministero della Giustizia, si apprestava a proporre pene più severe e restrittive.
·       Piersanti Mattarella, presidente in carica della Regione Sicilia, fu ucciso anche perché voleva la massima trasparenza negli appalti pubblici.
·       Nel 1985 furono uccisi i magistrati Cassarà e Montana. A Palermo, in quel periodo, alti vertici della Polizia favorirono i mafiosi e chi la pensava diversamente veniva ucciso.
·       Nel ’93 fu ucciso Don Pino Puglisi, perché era un’anomalia rispetto agli altri. Ci sono stati preti che, nelle loro omelie, non hanno mai pronunciato la parola mafia; in alcuni casi la Chiesa sembrava cercare i mafiosi. Il cardinale Ruffini disse una volta che chi parla di mafia erano giornalisti del Nord che volevano screditare l’operosa società siciliana.
Di Matteo ha ricordato le varie tappe della sua carriera di magistrato svolta in Sicilia e il fatto che vive da tantissimi anni sotto scorta, a causa delle minacce di morte che gli sono pervenute. Vive “blindato” e questo si è avvertito anche nella giornata cagliaritana, dove la presenza delle forze dell’ordine, presenti in gran numero, non è passata inosservata.
Il numeroso pubblico ha seguito attentamente e partecipe durante le quasi tre ore dell’incontro e ha tributato al coraggioso magistrato tutta la sua ammirazione, rispetto e stima; l’intensità degli applausi è andata via via crescendo. Molti si sono avvicinati al tavolo anche solo per salutarlo, ringraziarlo e incitarlo ad andare avanti.

Foto di copertina © Castolo Giannini

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