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libera randodi Sofia Nardacchione - Foto
1040 persone, questo il numero delle persone passate alle iniziative del Festival dell’Informazione Libera e dell’Impegno, organizzato da Libera Bologna e da Libera Informazione.
Un numero che conferma ancora una volta quanto sia importante discutere di contrasto alla criminalità organizzata e di come questo sia un tema che tocchi tutte le fasce della popolazione.
Fa sicuramente impressione pensare a come in dieci anni – questi, formalmente, gli anni del lavoro di Libera Bologna sul territorio – la mentalità sia cambiata. Nel 2006 non si parlava neanche di infiltrazione mafiosa in Emilia Romagna, il negazionismo era a un livello altissimo, un po’ per ignoranza, un po’ per mancanza di informazione. Dieci anni dopo, anche grazie al Processo Aemilia, la percezione è cambiata. Ma il lavoro da fare è ancora tantissimo: è necessario un impegno costante e profondo per creare un solido sbarramento culturale e sociale contro mafie che continuano a svilupparsi, a crescere, a innovarsi.
E’ proprio questo il significato del gomitolo simbolo di FILI: un impegno che tenga conto dei tanti temi che è necessario approfondire e delle tante realtà con cui è necessario collaborare, un impegno che deve andare in profondità e far aprire gli occhi.
Simbolo di una necessità di monitoraggio del territorio è la situazione dei beni sequestrati e confiscati: è mai possibile che in una regione virtuosa come l’Emilia Romagna non siamo riusciti a ridare vita ai beni confiscati? – si sono chiesti i relatori del “focus group sui beni sequestrati e confiscati: dall’apprensione al rapido riutilizzo. Quali strumenti?”. In media – ci ricorda Stefania Pellegrini – i beni e le aziende confiscati vengono riassegnati in sei anni, un tempo decisamente troppo elevato, soprattutto per le aziende. Anche a Bologna la situazione non è delle più incoraggianti: di sette beni confiscati, solo quattro sono stati destinati. Due sono i casi emblematici: in Galleria Falcone e Borsellino un bene confiscato nel 2008 in via definitiva a Giovanni Costa, braccio di Cosa Nostra che riciclava denaro sporco della mafia e che è stato arrestato a Santo Domingo nel 2013, è ancora occupato dalla famiglia; Villa Celestina in Viale Aldini è invece un rudere, da ristrutturare completamente, ovviamente non riutilizzato né dallo Stato né dal Comune.
dsc_3062aMa è proprio il ridare vita ai beni confiscati un segno importantissimo di lotta alle mafie, il segno di un illegale che torna legale.
A proposito di “monitoraggio”, questo è fondamentale anche in un altro campo, quello della corruzione: lo ha ricordato Leonardo Ferrante durante la presentazione del libro “È normale…lo fanno tutti. Storie dal vivo di affaristi, corrotti e corruttori” di Michele Corradino: è necessario stimolare la creazione di una comunità di “cittadini monitoranti”, che vadano oltre quel “lo fanno tutti”. Perché “la corruzione è un furto di democrazia – afferma Antonella Micele, referente provinciale di Avviso Pubblico – che non ci costa solo economicamente ma soprattutto ha un costo sociale che limita la nostra funzione democratica. E questa cittadinanza monitorante è fondamentale soprattutto in un campo come questo in cui il “contratto” avviene tra due persone interessante ugualmente che quindi non denunciano la situazione.
Una cittadinanza monitorante è anche quella che trasforma il sapere individuale in sapere pubblico: questo è stato fatto dai ragazzi che quest’estate in venti giorni hanno raccolto oltre 3200 firme per fare in modo che la proposta di legge 3500 sui testimoni di giustizia diventi legge.
Quella dei testimoni di giustizia che hanno bisogno di misure straordinarie di protezione è una situazione delicatissima: le misure di protezione sono traumatiche perché impattano con violenza sul testimone e sulla sua famiglia, ed è quindi necessario ridurre il più possibile il trauma, per evitare che chi ha deciso di svolgere un dovere, quello di denunciare, maledica il momento in cui l’ha fatto. Per questo Davide Mattiello, della Commissione Parlamentare Antimafia, ha scritto questa proposta di legge, che ha come prima firma quella di Bindi.
In Italia ci sono circa 80 testimoni di giustizia, che veicolano un messaggio positivo fondamentale. E’ necessario, in questo contesto, renderci tutti testimoni, nell’ottica di adempiere a un dovere che è di tutti: quello di essere cittadini. L’orizzonte politico – lo hanno ricordato sia Davide Mattiello che Enza Rando – è quello di non avere testimoni di giustizia, e questo avverrà quando si sarà giunti a una normalità della denuncia.
dsc_3097aMa ci sono tanti altri doveri che abbiamo noi tutti come cittadini. Uno di questi è stato approfondito durante la presentazione del IV volume dell’Atlante delle mafie, durante la quale sono intervenuti Enzo Ciconte, Marco Mescolini, Antonio Nobili, Pierluigi Stefanini e Matteo Lepore – che, come Assessore all’Economia, ha promesso un impegno durante tutto il mandato di controllo sulle infiltrazioni mafioso nei settori economici, in particolare il turismo.
“La magistratura – ha detto Ciconte dopo il discorso di Mescolini, Pubblico Ministero nel processo Aemilia – deve cercare le prove giuridiche, noi possiamo e dobbiamo cercare di capire qualcosa di più di quello che sta succedendo. E’ necessario un presidio costante anche ai processi che si stanno svolgendo sul nostro territorio, ed è necessario per dare alla società l’idea che ci sia un controllo su quello che avviene”. E’ proprio questo che sta facendo Libera Emilia Romagna, che finora, dal marzo del 2016 quando è iniziata la fase dibattimentale del processo Aemilia, ha portato in aula di Tribunale più di 500 ragazzi, e lo stesso è stato fatto con il processo Black Monkey.
“Se ognuno di noi – conclude Ciconte – facesse il proprio dovere senza condizionamento alcuno, se ci comportassimo secondo le regole rispettando leggi e regolamenti, insomma se ognuno di noi fosse determinato a non piegarsi a logiche intimidatorie sapendo dire di no, il problema delle mafie si ridurrebbe ad un mero fenomeno fisiologico. Non è una cosa banale è una cosa seria che riguarda tutti”.
C’è un ultimo, fondamentale tema che è stato trattato nel Festival dell’Informazione Libera e dell’Impegno, che è quello della memoria. Una memoria che non è presente solo il 21 marzo, ma che va avanti durante tutto l’anno, grazie all’impegno dei familiari delle vittime innocenti delle mafie, testimoni fondamentali.


“Questo è un paese al contrario, dove i familiari cercano giustizia e la giustizia rema contro di loro”: lo ha detto Lorenzo Baldo, autore del libro “Suicidate Attilio Manca”, scrittore di una storia ancora senza verità giuridica: “È il 12 febbraio 2004. A Viterbo, in un appartamento di via Monteverdi viene ritrovato il cadavere di Attilio Manca. Il corpo del giovane urologo di Barcellona Pozzo di Gotto, che operava all’ospedale di Viterbo, è riverso trasversalmente sul piumone del letto, seminudo. A causarne la morte, come accertato dall’autopsia, l’effetto combinato di tre sostanze: alcolici, eroina e Diazepam. Sul suo braccio sinistro i segni di due iniezioni. Per la Procura di Viterbo non c’è dubbio, si è trattato di un suicidio. Ma Attilio Manca è un mancino puro. Non ha alcun motivo per suicidarsi. E, soprattutto, dietro a questa misteriosa vicenda si intravede l’ombra di Cosa nostra”.
E dopo quasi tredici anni, i familiari cercano ancora verità e giustizia, contro un suicidio che non è stato suicidio. “Sono tutti fili irrisolti di una stessa matassa – ci dice Gianluca Manca, fratello di Attilio – dove i familiari invece di essere tutelati aspettano da troppi anni verità e giustizia, scontrandosi giorno dopo giorno contro muri di gomma sempre più alti”.
dsc_3200a Oltre 300 persone di tutte le età che riempiono una sala per festeggiare i 10 anni di Libera Bologna, insieme a Nando Dalla Chiesa: questa è l’ultima immagine di FILI. Questi dieci anni sono stati caratterizzati da un impegno che è stato “gioia di vivere”, quella che ci ha insegnato Mauro Rostagno. Una gioia di vivere fondamentale per continuare il nostro impegno su un territorio come il nostro, dove tanto è stato fatto ma tantissimo è ancora da fare.
Siamo pronti.

Tratto da: liberainformazione.org

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