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gabanelli reportdi Elisa Marincola
Ancora una volta un tentativo di censura preventiva contro Report, e ancora una volta gli autori del programma di Rai3 rimandano al mittente le minacce. Questa volta a spedire una diffida alla Rai è Alessandro Alfano, fratello del ministro dell’interno, dirigente di Poste Italiane, il cui nome è spuntato a luglio nell’inchiesta “Labirinto” della Procura di Roma.
Pretestuose le motivazioni con cui Alfano jr attacca il giornalista Giorgio Mottola, autore del servizio: il giornalismo sotto copertura è pratica diffusa e in crescita ovunque, proprio a causa del malcostume, soprattutto dei potenti o di quanti ai potenti collegati, di non rispondere alle domande dei cronisti; pratica tanto necessaria da aver condotto la Corte di giustizia europea a pronunciarsi per la sua legittimità. Né tiene la scusante delle regole aziendali per il rifiuto di lasciarsi intervistare: la sua intervista avrebbe riguardato la sua persona e non l’azienda, e nello specifico vicende che, semmai, se saranno dimostrate, danneggerebbero proprio Poste italiane, che infatti ha aperto un’inchiesta interna sui fatti raccontati nel servizio di Report. Peraltro, Milena Gabanelli, annunciando che non fermerà la messa in onda del servizio sotto attacco, ha avvertito che nelle riprese si dimostrerà che Mottola si era presentato per quello che è.
Quello che è ormai inaccettabile è l’arroganza di chi ritiene che basti la minaccia di una querela, nemmeno più la querela vera e propria, per fermare la diffusione di notizie che sono da tutti i punti di vista nell’interesse di tutti: perché riguardano persona legata a uno dei principali esponenti del nostro governo, perché la sua carriera potrebbe essere connessa anche a questa sua parentela, e, non ultimo, perché l’azienda di cui è dirigente, è azienda a partecipazione pubblica ma anche quotata in borsa. Quindi ciò che vi succede dentro, assunzioni eccellenti o lavori extra a carico di conti del gruppo, è di rilevanza per i cittadini e per gli investitori, che hanno tutto il diritto di vedere quel servizio.
Ma quello che tutti noi, giornalisti e cittadini, non possiamo più accettare che non venga approvata una legge per fermare querele temerarie, minacce e tutti i comportamenti volti a impedire una vera completezza dell’informazione. Il Parlamento non ha più scusanti: acceleri l’iter della proposta che giace nel cassetto di qualche commissione, o dovremo pensare che in Italia l’arroganza del più forte ha maggior diritto di cittadinanza della verità.

Tratto da: articolo21.org

Alfano jr. e i 1.355 euro per una Porsche usata
Il fratello del ministro dell’Interno ha poi rivenduto l’auto a 20.000
 di Antonio Massari e Valeria Pacelli
C’è un punto da chiarire, nella storia di Alessandro Alfano, e riguarda la compravendita di una Porsche AG 986 Boxter, cilindrata 2.7, 228 cavalli, un bolide da 245 chilometri orari, rivelata da Report nella puntata andata in onda ieri sera. Gli esperti l’hanno soprannominata anche il modello “vorrei ma non posso”, nel senso che trattasi della Porsche meno blasonata della casa automobilistica tedesca, non è una Carrera insomma, ma è la più accessibile nel listino prezzi. Per quanto accessibile, comunque, il medico veterinario Salvatore Speciale di Partinico, in provincia di Palermo, l’aveva pagata, nel settembre 2007, ben 22.200 euro.

Il primo punto da chiarire è quindi il seguente: perché, il 3 giugno 2008, il dottor Speciale rivende il bolide acquistato appena 11 mesi prima a soli 1.355 euro? Come mai ad Alessandro Alfano, fratello dell’appena nominato ministro della Giustizia Angelino, accade di trovarsi dinanzi a un simile affare? Parliamo di ben 20 mila e 845 euro in meno. Certo, si dirà, in quanti avrebbero esitato, dinanzi a un’occasione di questo tipo? Ma da cosa è motivato questo incredibile sconto? Il Fatto ha provato inutilmente a contattare il venditore. C’è però un secondo punto da chiarire: quella Porsche, Alfano junior, non la tiene con sè molto tempo. Appena due anni dopo, il 31 maggio 2010, Alessandro Alfano la rivende a Giuseppe Pace. Questa volta il prezzo è giusto: 20mila euro. Salvo ulteriori sorprese e spiegazioni, insomma, Alessandro Alfano ci guadagna ben 18mila e 645 euro. Al di là del fiuto per gli affari, però, il punto è anche un altro, come Report ha sottolineato nel servizio in onda ieri: chi è Giuseppe Pace? Parliamo dell’attuale presidente della Camera di Commercio di Trapani. La stessa dove ha lavorato, come segretario generale il fratello del ministro.

Per diventare segretario generale, Alessandro Alfano, con una laurea triennale in Economia, ha superato un concorso, al quale parteciparono anche altri sette dirigenti pubblici. Nella Commissione, rivela l’inchiesta di Giorgio Mottola, c’era anche Giuseppe Pace. Tra i candidati c’era invece il segretario generale della Camera di Commercio di Enna, Santo di Bella. A Report Di Bella ha spiegato: “A Trapani già da tempo circolava il nome del vincitore.” Ossia: “Alessandro Alfano”. Poi l’ex vice segretario della Camera di Commercio di Trapani, Anna Perricone, aggiunge quali erano i requisiti richiesti per il superamento del concorso: “Veniva data un’alta valutazione alla conoscenza dell’inglese” spiega e rileva un’altra anomalia: “Ritenere sufficiente una laurea triennale”. E gli altri concorrenti quindi? “Quanto meno avevano più di una laurea triennale”. Alessandro Alfano viene designato segretario generale della Camera di Commercio il 15 novembre 2010, nove mesi dopo aver venduto la Porsche a Pace a un prezzo – è bene chiarirlo – in linea con il mercato. Anzi, tre anni dopo, lo stesso Pace rivende l’auto al prezzo dimezzato: solo 10 mila e 500 euro. Insomma, dalla documentazione Aci, sembra che l’unico a guadagnarci sia stato proprio Alfano jr.

Intanto però Alfano ha lasciato la Camera di Commercio di Trapani e adesso ha un contratto da dirigente alle Poste Italiane, dove dirige l’area immobiliare Sud2 con sede a Palermo. L’ingresso in Poste avviene nel 2013, quando l’azienda guidata all’epoca da Massimo Sarmi, lo assume in Postecom.

Il retroscena di quell’assunzione, lo racconta Raffaele Pizza, indagato nell’inchiesta romana denominata ‘Labirinto’, a Davide Tedesco, collaboratore del ministro dell’Interno. Pizza spiega che Alfano jr. si lamentava del proprio stipendio: “Tant’è che Sarmi stesso gliel’ha detto ad Angelino: ‘Io ho tolto 10 mila euro d’accordo con Lino per poi evitare’… ‘no no, ha fatto benissimo’… lui adesso va dicendo che la colpa è la mia che l’ho fottuto che non gli ho fatto dare i 170 mila euro… cioè gliel’ho pure spiegato (…) 160 piglia chisto… poi dice 10 mila magari te li recuperi diversamente”. Con gli anni lo stipendio di Alfano è anche cresciuto. Oggi guadagna 200 mila euro l’anno lordi. Se non bastasse, scopre Report, Alfano jr. riesce a farsi un bagno chimico nel suo ufficio al costo per l’azienda di 5.900 euro. Alfano ha inutilmente diffidato la Rai dal mandare in onda le sue dichiarazioni.
(18 ottobre 2016)

Tratto da: Il Fatto Quotidiano

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