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Illegalità, malaffare, violenza: tutto a danno degli animali. È un lungo catalogo di violenze organizzate, spesso sistematiche e seriali, che mietono migliaia di animali ogni anno, quello analizzato nel Rapporto Zoomafia 2016 della LAV. I traffici legati alla sfruttamento degli animali rappresentano un’importante fonte di guadagno per i vari gruppi criminali che manifestano una spiccata capacità di trarre vantaggio da qualsiasi trasformazione del territorio e di guadagnare il massimo rischiando poco. Si tratta di una criminalità che si distingue per la sua capacità di agire su vasta scala, per il suo orientamento al business, per la capacità di massimizzare il profitto riducendo il rischio. Del resto il business è tanto, sono diversi i miliardi di euro l’anno intascati con i vari traffici clandestini che sfruttano gli animali: combattimenti tra cani, traffico di cuccioli, corse clandestine di cavalli, contrabbando di fauna, macellazioni clandestina ecc.

Il triangolo della zoomafia
Per spiegare la zoomafia possiamo ricorrere alla rappresentazione grafica del triangolo: la base è formata dal business, dai guadagni che i traffici a danno degli animali garantiscono; un lato è formato dai limiti della normativa e dalla sua scarsa applicazione; il terzo lato è costituito da una sinergia scellerata di interessi diversi ma convergenti che unisce trafficanti, l’imprenditoria zoomafiosa, addetti ai controlli infedeli e affaristi.
Alla base, come per  tutti i gruppi criminali, ci sono i soldi. Quasi tutti i business zoomafiosi garantiscono guadagni cospicui a fronte di rischi, in un’ottica malavitosa, più che accettabili. È proprio qui che occorre intervenire, sui flussi di denaro, sul capitale accumulato, sull’evasione fiscale, se si vuole adoperare una efficace e decisa azione di contrasto, e le esperienze investigative lo dimostrano: laddove sono stati fatti accertamenti di natura economico-fiscale è stata inferta una ferita profonda.
Un altro lato è formato dalla inadeguatezza del nostro apparato normativo e dalla carenza dei controlli. Non si possono combattere interessi associativi criminali con gli strumenti pensati per reprimere fattispecie meno complesse. Occorre comprendere che gli interessi zoomafiosi sono interessi speciali, particolari, complessi, eccezionali rispetto alle illegalità diffuse e generiche presenti nei vari filoni. Proprio come la criminalità organizzata è diversa dalla criminalità comune. La soluzione è sempre la stessa: rivedere in modo sistematico la normativa e adeguarla all’offensiva zoocriminale in atto.
Il terzo lato è composto dalla convergenza di più interessi che si trasformano in rapporti di corruttela, connivenze, ammiccamenti. È il substrato dove opera quella imprenditoria zoomafiosa che si presenta pubblicamente linda e pulita, ma che in realtà va a braccetto con apparati della pubblica amministrazione collusi, con trafficanti e delinquenti. Si tratta di scenari già tristemente noti in altri contesti.
È su questi tre punti, su questi tre lati del triangolo zoomafioso, che occorre intervenire energicamente. Recidere anche uno solo dei tre lati significa interrompere la stabilità e la solidità dell’intero triangolo.

La piaga dei combattimenti
I combattimenti sono ritornati ad essere un’emergenza. Nel 2015, rispetto all’anno precedente c’è stato un aumento del 64% dei cani sequestrati e del 110% delle persone denunciate: 46 cani, tra cui 30 pit bull, e 21 persone denunciate, tra cui un minorenne. Un combattimento è stato interrotto in flagranza. Gli scenari sono quelli di illegalità, degrado, criminalità diffusa. Detenzione di armi clandestine, furto di energia elettrica, ricettazione, possesso di droga: sono alcuni dei reati accertati nell’ambito dei combattimenti. Persone denunciate, combattimenti fermati, ritrovamenti di cani con ferite da morsi, o di cani morti con cicatrici riconducibili alle lotte, furti e rapimenti di cani di grossa taglia o di razze abitualmente usate nei combattimenti, sequestri di allevamenti di pit bull, pagine Internet o profili di Facebook che esaltano i cani da lotta, segnalazioni: questi i segnali che indicano una recrudescenza del fenomeno. Per contrastare il preoccupante aumento delle lotte clandestine dal 1° luglio 2016 è tornato attivo il numero LAV “SOS Combattimenti” tel. 064461206. Lo scopo è quello di raccogliere segnalazioni di combattimenti tra animali per tracciare una mappa dettagliata del fenomeno e favorire l’attivazione di inchieste giudiziarie e sequestri di animali.

Il traffico di cuccioli
La tratta dei cuccioli dai Paesi dell’Est si conferma uno dei business più redditizi che coinvolge migliaia di animali ogni anno e che vede attive vere e proprie organizzazioni transazionali. Sono circa 500 i cuccioli sequestrati (dal valore complessivo di circa 400mila euro) e 28 le persone denunciate nel 2015. Nei Paesi di origine i cuccioli vengono allevati in strutture fatiscenti  e venduti per pochi euro, spesso arrivano ammalati e accompagnati da falsi pedigree e da documentazione contraffatta. La regia del business fa capo a gruppi organizzati che importano gli animali e li smerciano attraverso venditori compiacenti o tramite annunci su Internet.

Le corse clandestine di cavalli
I numeri relativi alle corse clandestine e alle illegalità nell’ippica parlano da soli: 11 interventi delle forze dell’ordine, 2 corse clandestine bloccate, 13 persone denunciate, 9 persone arrestate, 15 cavalli sequestrati solo nel 2015. In 18 anni, da quando L’Osservatorio Nazionale Zoomafia LAV ha iniziato a raccogliere i dati, ovvero dal 1998 al 2015 compreso, sono state denunciate 3366 persone, 1253 cavalli sequestrati e 113 corse e gare clandestine bloccate. Solo nel 2015 sono stati 69 i cavalli che correvano in ippodromi ufficiali risultati positivi a sostanze vietate. Tra le sostanze somministrate ai cavalli anche la Benzoilecgonina (metabolita della cocaina).

Il contrabbando di fauna
Il traffico internazionale di animali o parti di essi, uno dei pericoli principali per la sopravvivenza delle specie minacciate, trova nel nostro paese un’importante punto di arrivo e di transito. Crotali, macachi, varani, boa, pitoni, rane freccia, testuggini, puma, cebi cappuccini, leopardi, tigri, canguri, iguane, caimani, aquile, pappagalli, tartarughe azzannatrici, farfalle, cavallucci marini, ma anche caviale, corallo, avorio, corni di rinoceronti, borse, cinture e portafogli prodotti in pelle di animali protetti, farmaci derivati da specie protette: sono solo alcuni degli animali o parte di essi sequestrati. Nel 2015 il Servizio CITES ha effettuato controlli su 12.574 animali vivi tra tartarughe, pappagalli, felini e primati (ad esclusione dei pesci), 6.896 piante vive (5.200 cicas) e 221.230 parti e derivati (210.000 sono prodotti in pelle di rettile).
Il bracconaggio uccide 8 milioni di uccelli, vengono abbattuti illegalmente anche specie rarissime come il Nibbio Reale e il Capovaccaio, secondo dati Lipu. In tre anni oltre 100 lupi sono morti per cause non naturali. Sono stati ammazzati anche 5 Ibis sacri. La vendita di animali imbalsamati e il traffico di fauna per l’alimentazione umana muovono un giro d’affari milionario. Armi da fuoco clandestine, fucili modificati, silenziatori, puntatori laser, congegni esplosivi, munizioni, lacci, reti, coltelli, machete, trappole di vario tipo, cianuro e veleni vari: l’arsenale dei  bracconieri.
Il business randagismo è una vera manna per trafficoni, imbroglioni e affini che mirano alle convenzioni con gli Enti locali. La situazione del randagismo in alcune aree della Penisola continua ad essere una vera emergenza, con conseguente allarme sociale e preoccupazioni vere o presunte per la sicurezza pubblica. Cani tenuti  in pessime condizioni igieniche, ammalati e non curati, tenuti in strutture fatiscenti, sporche e precarie, animali ammassati in spazi angusti, denutriti: questi alcuni casi accertati nel 2015. 11 tra canili e strutture – con oltre 1500 cani e 200 gatti – sequestrati nel corso del 2015 e 13 le persone denunciate per reati che vanno dalla truffa al maltrattamento, all’esercizio abusivo della professione veterinaria.

Il malandrinaggio di mare
Sono sempre più evidenti gli interessi dei sodalizi criminali per tutta la cosiddetta “filiera dal pesce”, dall’attività di pesca alla vendita all’ingrosso, da quella al dettaglio fino alla ristorazione. Nel 2015 diverse inchieste hanno portato a sequestri e denunce contro appartenenti a clan che controllavano segmenti del “mercato ittico”. Il mare viene saccheggiato da organizzazioni dedite alla pesca di frodo con esplosivi, alla raccolta di datteri e ricci di mare destinati al mercato clandestino di ristoratori compiacenti, e alla pesca illegale di novellame, pesce spada e tonno rosso. Continua senza tregua la guerra per le vongole, raccolta illegalmente in zone di divieto. Si registrano sempre con maggior frequenza furti su commissione in allevamenti e vivai ittici di ostriche, mitili e pesce rivenduti al mercato nero. Da menzionare anche il fenomeno della pesca e della commercializzazione delle Oloturie, meglio note come “Cetrioli di mare”: i mercati asiatici arrivano a pagare fino a 600 euro al chilo. Il Mediterraneo è sovra sfruttato: secondo il Wwf ogni anno vengono pescati 1,5 milioni di tonnellate di pesce, con l’85% delle subpopolazioni soggette a pesca commerciale sovra pescate e l’89% esaurite.
Il bracconaggio ittico, un’attività silenziosa che non suscita clamore, eppure si tratta di un fenomeno in aumento e che crea allarme e preoccupazione negli addetti ai lavori. In alcune province del Nord i fiumi sono saccheggiati da bande di predatori umani: pescatori di frodo, quasi tutti stranieri dell’Est Europa, che dispongono di mezzi, barche potenti, furgoni-frigo, reti lunghe centinaia di metri e che usano, spesso, intimidazioni e minacce nei riguardi degli addetti ai controlli. Pescano di tutto e rivendono al mercato nero, soprattutto il Siluro (Silurus glanis), un pesce particolarmente apprezzato nei paesi dell’Est e per questo oggetto di vere e proprie rappresaglie in stile militare nei nostri fiumi. Un giro d’affari di svariati milioni di euro l’anno. La pirateria fluviale si accompagna alla sparizione, ovvero ai furti, di barche e motori, in forte aumento.

La mafia dei pascoli
La penetrazione della criminalità organizzata nel mondo degli allevamenti, della macellazione e della distribuzione della carne trova un’evidente conferma dai dati giudiziari del 2015, basta vedere i provvedimenti adottati dalla magistratura o i sequestri della polizia giudiziaria: terreni, allevamenti di bovini e ovini, caseifici, aziende bufaline. Ogni anno scompaiono nel nulla circa 150.000 animali. L’abigeato, reato da sempre sottovalutato, è in realtà un vero business per la criminalità organizzata. Solo in Sicilia nel 2015 si sono registrati più di 12 mila animali da allevamento rubati o smarriti. Sui Monti Nebrodi in Sicilia è stato registrato un crescente aumento di casi di furto di animali – cavalli, agnelli, mucche, pecore. La mafia dei pascoli, messa in pericolo da nuovi provvedimenti, ha ripreso a sparare, come dimostra l’attentato subito dal presidente del Parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci. Sullo sfondo un vero sistema di malaffare legato alla gestione di allevamenti, alle truffe, al traffico illegale di medicinali e sostanze dopanti, al furto di animali da allevamento, alla falsificazione di documenti sanitari. La mafia è nata nelle compagne, negli allevamenti, tra i pascoli e non ha mai reciso il cordone ombelicale che la lega alle sue origini territoriali. Anzi, non è un caso che proprio nel territorio di origine trovano rifugio e protezione i boss latitanti. Non è solo una questione di sicurezza: stare nel proprio territorio significa controllarlo, non perderne il dominio, far percepire la propria presenza e ricordare, semmai ce ne fosse bisogno, chi comanda. Controllare i pascoli significa sì assicurarsi in modo fraudolento i fondi europei, ma significa anche controllare il territorio e esercitare un dominio sociale. Tipico esempio è rappresentato dalle “vacche sacre”, bovini, perlopiù non anagrafati e di provenienza ignota, che vengono lasciati pascolare senza alcun governo nei fondi altrui. Fenomeno radicato fortemente in Calabria, ma presente anche in altre regioni. Non si tratta solo di una mera questione di pascolo abusivo: dietro le mandrie vaganti ci sono ben altri interessi. Interessi che possono spingere ad uccidere. Il potere su un territorio lo si esercita anche con animali liberi di entrare nei terreni altrui; animali, loro malgrado, simboli viventi della tracotanza criminale. Le vacche che girano per boschi e fondi ricordano chi comanda, chi è il padrone, chi decide tutto e a chi manifestare la propria riconoscente sottomissione. In Calabria come a Brescello, dove recentemente è stata sequestrata una mandria di ovini di noti pregiudicati.
Al mondo dei pascoli è legata la macellazione clandestina, nelle sue diverse forme, che vanno da quella domestica, o per uso proprio, a quella organizzata, riconducibile a traffici criminali, da quella collegata alla caccia di frodo a quella etnica. Le sofisticazioni alimentari creano sempre maggiore allarme sociale. Tonnellate di alimenti di origine animale sequestrate. Nel 2015 sono stati chiuse dai Nas 1035 strutture del sistema agroalimentare con il sequestro di 25,2 milioni di prodotti alimentari adulterati, contraffatti, senza le adeguate garanzie qualitative o sanitarie, o carenze nell’etichettatura e nella rintracciabilità. Dai 38.786 controlli effettuati dai Nas nell’ultimo anno sono emerse non conformità in un caso su tre (32%).

Crimini organizzati e strutturati
L’analisi dei crimini zoomafiosi fa emergere l’esistenza di sistemi criminali consolidati, di veri apparati con connivenze tra delinquenti, colletti bianchi,  amministratori e funzionari pubblici. Sistemi criminali a danno degli animali e, in generale, della società. Le illegalità legate al mondo animale sono molteplici e richiamano le attenzioni di diverse categorie. Non deve sorprendere, quindi, il fatto che vengono denunciate persone appartenenti a categorie culturali, economiche e sociali completamente diverse tra loro: l’interesse criminale per gli animali è eterogeneo, trasversale, complesso e multiforme, ed è organizzato in gruppi di individui dotati di strutture, regole, vertici e sistemi di controllo; gruppi che sono costituiti per commettere crimini, e in particolare crimini per fini di lucro. È sempre più evidente la presenza di una sorta di affaristi zoomafiosi formati da imprenditori senza scrupoli e speculatori che, per il raggiungimento dei loro obiettivi, creano sinergie scellerate con delinquenti, funzionari collusi e faccendieri, uniti dall’interesse economico comune. Segnali di questo tipo si rilevano nel traffico di cuccioli, nella gestione dei canili, nell’allevamento e macellazione di animali, nella distribuzione agroalimentare. Nel traffico di cuccioli, ad esempio, è noto l’interesse di alcuni esponenti della camorra, mentre nella gestione dei canili basta ricordare le vicende di “mafia capitale”, che hanno evidenziato il tentativo di accaparramento degli appalti comunali. Sul piano investigativo occorrerebbe intervenire più approfonditamente per far emergere questi profili criminali e per adottare strategie di contrasto più radicali. Parimenti occorrerebbe intensificare l’analisi e il contrasto a tutte le forme di maltrattamento organizzato di animali, come ad esempio i combattimenti tra animali e le corse clandestine di cavalli, per individuare e reprimere in primis proprio il loro profilo organizzato e programmato, poiché si tratta di forme di maltrattamento intrinsecamente consociative che trovano la loro consumazione solo sotto forma di evento pianificato e strutturato.
Varie inchieste fatte negli ultimi anni –inchieste che hanno riguardato diverse regioni e per fatti diversi tra loro-, hanno delineato in modo preoccupante il ruolo dei cosiddetti insospettabili, ovvero pubblici ufficiali addetti ai controlli o al rilascio di autorizzazioni amministrative, che avrebbero dovuto garantire il rispetto della legge negli allevamenti e nei macelli e che si sono rivelati autentici complici di varie organizzazioni dichiarando controlli mai eseguiti, fornendo timbri e documenti falsi, fornendo la necessaria copertura e ausilio nella macellazione abusiva e nella vendita delle carni illegali. Ovviamente si tratta di poche mele marce che offendono l’onore dell’intera categoria, ma quanti di questi professionisti dopo la condanna passata in giudicato sono stati radiati? Ci sono casi di pubblici ufficiali condannati con sentenza definitiva che ricoprono ancora il loro ruolo. Che credibilità possono avere le istituzioni se non provvedono a fare pulizia di elementi simili? Perché chi doveva vigilare amministrativamente sull’operato di funzionari infedeli non è intervenuto? Notoriamente spesso questi reati sono accompagnati da fenomeni di corruzione e di falso documentale. La corruzione esaspera il malaffare dei traffici contro gli animali aprendo varchi nel sistema dei controlli. Va rafforzato l’apparato normativo contro la corruzione con l’acquisizione di strumenti normativi tipici del contrasto alla criminalità mafiosa, e prevedere aggravanti per il coinvolgimento collusivo di pubblici ufficiali in questi reati, perché sono proprio loro che di fatto rendono possibile, con la loro malafede, la realizzazione del reato.

I dati delle Procure: ogni ora un nuovo fascicolo per reati contro gli animali
Dall’analisi dei dati delle Procure, prendendo in esame un campione di Procure di cui sono disponibili i dati sia per il 2014 che per il 2015, si evince che nel 2015 c’è stato un aumento del 3% dei procedimenti penali per reati contro gli animali, mentre gli indagati sono diminuiti del 4%. L’Osservatorio Nazionale Zoomafia, come ogni anno, ha chiesto a tutte le Procure Ordinarie (140) e a quelle presso i Tribunali per i Minorenni (29) dati relativi al numero totale dei procedimenti penali sopravvenuti nel 2015, sia noti che a carico di ignoti, e al numero indagati per reati a danno animali: uccisione di animali (art. 544bis cp), maltrattamento di animali (art. 544ter cp), spettacoli e manifestazioni vietati (art. 544quater cp), combattimenti e competizioni non autorizzate tra animali (art. 544quinquies cp), uccisione di animali altrui (art. 638 cp), abbandono e detenzione incompatibile (art. 727 cp), reati venatori (art. 30 L. 157/92) e traffico illecito di animali da compagnia (art. 4 L. 201/10). Le risposte sono arrivate dal 70% delle Procure. In particolare le risposte sono arrivate da 93 Procure Ordinarie, su un totale di 140, pari al 66% del totale e da 25 Procure presso i Tribunali per i Minorenni su un totale di 29, pari all’86% del totale. Sommando le risposte delle Procure Ordinarie e delle Procure presso i Tribunali per i Minorenni si arriva al 70% di tutte le Procure del Paese.
Il totale dei procedimenti sopravvenuti nel 2015, sia a carico di noti (Mod. 21) che di ignoti (Mod. 44), per i reati a danno degli animali e per il campione del 66% delle Procure Ordinarie è di 6249 (2843 a carico di noti e 3406 a carico di ignoti) con 3749 indagati.
La proiezione dei dati su scala nazionale conferma, tenendo presente le dovute variazioni, il dato relativo all’apertura di un fascicolo all’ora per reati a danno di animali e di una persona indagata ogni 90 minuti. Il reato più contestato è quello di maltrattamento di animali, art. 544ter cp, con 1870 procedimenti, pari al 29,93% del totale dei procedimenti (6249), e 1252 indagati. Seguono: uccisione di animali, art. 544bis cp, con 1789 procedimenti, pari al 28,63%, e 354 indagati; reati venatori, art. 30 L. 157/92, con 1315 procedimenti, pari al 21,05%, e 1164 indagati; abbandono e detenzione di animali in condizioni incompatibili con la loro natura, art. 727 cp, con 896 procedimenti, pari al 14,34%, e 735 indagati; uccisione di animali altrui, art. 638 cp, con 316 procedimenti, pari al 5,6%, e 86 indagati; traffico di cuccioli, art. 4 L. 201/10, con 26 procedimenti, pari allo 0,41%, e 45 indagati; spettacoli e manifestazioni vietati, art. 544quater cp, con 21 procedimenti, pari allo 0,33%, e 44 indagati; infine, organizzazione di combattimenti tra animali e competizioni non autorizzate, art. 544quinquies cp, con 16 procedimenti, pari allo 0,25%, e 69 indagati.
Per quanto riguarda il traffico illecito di animali da compagnia, reato previsto e punito dall’art. 4 L. 201/10, si registra una diminuzione del 18,75% dei procedimenti e un aumento del 4,6% del numero degli indagati: sono stati aperti 26 procedimenti (24 noti e 2 ignoti), con 45 indagati.

*Criminologo, responsabile Osservatorio Zoomafia LAV

La zoomafia in Italia

Tratto da: liberainformazione.org

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