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Regina Margheritadi Agnese Messina *

In questo momento il nostro Paese sta assistendo ad uno sconvolgimento dei valori etici e morali, quali l’onestà, la giustizia. Ciò avviene perché gli interessi individuali superano sempre più i bisogni collettivi; denaro e potere si accentrano nelle mani di uomini disposti a tutto pur di accumularne sempre più.
Ciò accade anche a causa dell’indifferenza. Essa alimenta la criminalità; restare in silenzio a guardare senza fare niente, vuol dire favorire le grandi organizzazioni criminali perché esse prosperano grazie ai nostri silenzi e alla nostra indifferenza. Il silenzio mette in pericolo la democrazia. Bisogna credere che ogni cittadino possa fare la sua parte contro il radicamento mafioso nelle nostre città. Perché, come cita il secondo paragrafo dell’articolo 4 della Costituzione: “Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.” Occorre uscire dal silenzio e prendere la parola. Perché una libertà passiva non esiste, la libertà va esercitata ogni giorno e per essa occorre combattere.
Solo se smettiamo di tacere si avrà una società nuova, dove le persone non stanno a guardare, ma diventano attori di scelte giuste e consapevoli. Noi tutti siamo lo Stato e, in quanto tale, abbiamo il dovere di far regnare legalità e giustizia con il nostro “modus operandi”.
Per far ciò è necessario che maturi una coscienza civile contro la criminalità mafiosa e i danni che quest’ultima ha comportato e continuerà a comportare se non faremo nulla per fermarla.
Negli ultimi venti anni c’è stata una progressiva partecipazione della società alla lotta contro la mafia, ma c’è ancora molto da fare. Per far sì che la legalità diventi qualcosa di naturale, è necessario ispirare quotidianamente il nostro modo di vivere al rispetto delle regole: se lo facciamo tutti assieme, costruiamo una società che toglierà “Humus vitale” alle varie mafie.
Per combattere le mafie, bisognerebbe imparare a dire no alle tante scorciatoie che la vita offre ogni giorno, ai favori, alle raccomandazioni, preferendo “al puzzo del compromesso morale, il fresco profumo della libertà”, come auspicava il giudice Paolo Borsellino.
Bisogna rendersi conto che la criminalità è un fenomeno terribilmente serio e molto grave, ma che si può vincere, non pretendendo l’eroismo di pochi cittadini, ma impegnando in questa battaglia tutte le nostre forze migliori, a partire dalle istituzioni.
Dobbiamo capire che tutti noi possiamo diventare eroi e collaborare insieme per riprenderci la nostra dignità, i nostri valori e le nostre libertà. Insieme possiamo fare qualcosa: possiamo concretizzare la forza dei nostri pensieri e delle nostre idee, aiutando l’intera comunità a risollevarsi e a trovare l’ispirazione per dipingere nuovi orizzonti.
Diffidiamo dalle convinzioni di coloro che credono che il fenomeno criminale sia più grande di noi.
La libertà dalle mafie si conquista con il lavoro di tutti. Magistrati e Forze dell’Ordine hanno il compito repressivo. Ma ciascun cittadino, nel quotidiano, può dare il suo contributo per affermare il diritto e l’onestà, condizioni che impediscono l’affiorare delle mafie.
E’ importante parlare di mafia e ricordare tutti coloro che hanno perso la vita a causa di essa, affinché ne rimanga viva la memoria. Perché si ricostruisca la vera storia. Perché si renda finalmente giustizia a chi della giustizia ha fatto la sua unica ragione di vita.
Parlare di mafia vuol dire ripercorrere le terribili vicende che infiammarono l’Italia a partire dagli anni ’60, riflettere sul sacrificio di tante vite umane, che non hanno avuto nessun’altra colpa se non quella della coerenza ai propri principi morali. La riflessione si estende a tutti quei magistrati e uomini che si sono battuti per diffondere un credo comune sacrificando la loro vita per lo Stato.
Ricordare vuol dire combattere contro l’oblio, il più spietato strumento di potere. E’ importante esercitare la memoria; è importante ricordare coloro che hanno perso la vita perché sostenitori di veri ideali. La memoria è lo stimolo, la spinta per guardare al futuro.
Le persone muoiono, la memoria e le idee vivono: nessuno può uccidere le idee. Noi tutti dobbiamo dare vita a questo messaggio: “Non li avete uccisi, le loro idee camminano sulle nostre gambe”; per fare in modo che questo avvenga, occorre che le gambe ci siano e affinché ci siano, è necessario che ci sia coscienza e consapevolezza delle cose. Se non facciamo niente per evitare che la Magistratura rimanga isolata, se lasciamo passare il messaggio che basta eliminare l’uomo per eliminare l’idea, questo Paese non vincerà mai la sua battaglia.
Ultimamente la mafia inizia a confrontarsi con un’apprezzabile perdita di consenso, proprio a seguito del rafforzamento delle istanze di giustizia sociale. La collettività sembra più propensa, rispetto al passato, a respingere vessazioni e soprusi. Non rendiamo vana l’eredità di quei cittadini che hanno profuso il loro impegno nella lotta contro le organizzazioni criminali.
Della cultura della legalità noi giovani siamo la più preziosa testimonianza, ma dobbiamo lottare affinché contro la criminalità sia dedicato lo sforzo comune, di tutte le forze del nostro Paese: non più fenomeno del Sud, ma fenomeno Italiano.
La criminalità organizzata si può debellare.
Serve la collaborazione e la volontà di tutti, in primis della classe politica, perché purtroppo, in molti casi, è coinvolta anch’essa. Occorre, inoltre, capire che il rispetto delle regole porta ordine, pace, progresso, sviluppo e ricchezza nelle mani di tutti e non di pochi. Dobbiamo dimostrare che la diffusione di un maggiore senso civico favorisce un miglioramento generale della qualità della vita. Mattone dopo mattone dobbiamo costruire un muro per formare la società civile.
Questo cammino richiede un patto tra cittadini e istituzioni ognuno per la sua parte, affinché questa nostra Italia cresca nella consapevolezza delle proprie responsabilità e nell’esempio dei suoi eroi, che hanno dato la vita per dimostrare che un Paese diverso è possibile oggi come vent’anni fa.

* Studentessa Istituto Magistrale Regina Margherita

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