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20160523 corteo ct''La mafia uccide, il silenzio pure''
di Ivana Sciacca, foto Francesco Nicosia
A Catania, ieri pomeriggio, piazza Roma era piena di sole e di ragazzini in occasione della manifestazione di commemorazione di Giovanni Falcone. Scout di tutte le età esibivano striscioni e palloncini per “non dimenticare”.

“Cosa significa per voi essere qui oggi a commemorare Falcone? Secondo voi basta commemorare? Cos’altro bisognerebbe fare?” rivolgiamo queste domande innocue ai ragazzi più grandi, per tastare ciò che passa nelle loro teste.

È un onore commemorare il magistrato, ma tutti concordano nel dire che non basta. “Bisogna agire partendo dalle piccole cose, dai piccoli atteggiamenti quotidiani. Farsi rilasciare lo scontrino ad ogni acquisto, denunciare gli spacciatori, non pagare il pizzo ai parcheggiatori abusivi, evitare i locali gestiti da mafiosi” e tanti altri piccoli gesti che ci consentirebbero di essere “meno mafiosi”, meno complici.

“Giovanni è vivo e lotta insieme a noi”, uno degli slogan più urlati durante il corteo. E proprio perché lotta insieme a noi, ci sbilanciamo andando oltre le domande retoriche “Sai cos’è il concorso esterno in associazione mafiosa? Conosci Mario Ciancio?”. Ragazzi di sedici, diciotto, vent’anni assolutamente ignari di ciò che sta accadendo in città. Com’è possibile protestare contro la mafia chiudendo gli occhi di fronte a ciò che ci circonda? Ma questi ragazzi non hanno nessuna colpa se qualcuno li fa vivere in una bolla fatata che li protegge severamente dalla realtà.

Distribuiamo loro il nostro volantino, con la speranza che la loro curiosità si metta in moto e vadano a documentarsi. Non bastano gli aforismi degli “eroi antimafia” in una terra come la nostra.

Un capo scout sorride lieto quando gli porgiamo uno dei nostri volantini. Dopo averlo letto però ci individua tra la folla irritato: “Eravamo rimasti che si doveva svolgere tutto tranquillamente. State disturbando il corteo. Ci sono i bambini!”. Come a dire “Vergognatevi!”. E di cosa ci dovremmo vergognare? Del fatto che siamo stanchi di queste manifestazioni intrise di ipocrisia, dove invece di schierarsi apertamente verso coloro che puzzano di mafia si innalza la bandiera del silenzio indignato? È una vergogna spiegare agli adolescenti il concorso esterno in associazione mafiosa e di come si possono avvantaggiare indirettamente i mafiosi facendosi loro complici? È davvero così spregevole spiegare come Ciancio, il monopolista dell’editoria siciliana, sia stato assolto dai giudici catanesi perché per loro, magicamente, alla faccia di Falcone, il concorso esterno in associazione mafiosa non esiste più?

I “fratellini” più piccoli urlano a squarciagola che “la mafia fa schifo”. Sugli striscioni campeggia la scritta che “la mafia uccide e il silenzio pure”. E allora? Cos’è tutto questo silenzio da parte di questi adulti che sanno ma fanno finta di non sapere?

Per molti il “dialogo con le istituzioni” continua ad essere sacrosanto, pur sapendo delle intercettazioni sul Pua del sindaco Bianco con Ciancio, pur sapendo delle infiltrazioni mafiose nel consiglio comunale, pur sapendo della “sinergia” positiva tra clan e istituzioni.

Nessuno può combattere la mafia col silenzio. Se Falcone fosse stato tiepido o reticente forse sarebbe stato ancora vivo, e forse non avremmo avuto nessuno da commemorare. Rinnoveremo sino allo sfinimento il nostro invito ai movimenti sociali ad alzare la testa e la voce di fronte a questi episodi, in un unico coro che possa restituirci la dignità.

Noi de I Siciliani siamo stati segnalati alla Digos perché non ci siamo trattenuti tra i ragazzi con le canzoncine e i palloncini ma abbiamo preferito parlargli di ciò che sta accadendo in città. Non abbiamo commemorato in allegria perché l’ipocrisia ci intristisce. Ma ieri Falcone c’era, e lo abbiamo scorto nelle parole di una ragazza di vent’anni: “Ciancio avrebbe dovuto essere condannato. Assolvere una persona che per anni in Italia ha sfruttato un mezzo di informazione pubblica come una testata giornalistica per fare clientelismo, per uno così il minimo è la galera. Per non parlare della sua brutta coscienza perché non so come questa gente poi vada a dormire la sera. Purtroppo Catania è una città che è malata dentro, Catania è una città omertosa dove si ha paura di dire ciò che si pensa. È una città in cui un giovane, come è capitato anche a me, non ha la possibilità concreta di esprimersi se non è “amico di…”. E se non combattiamo questo sistema è inutile che facciamo queste giornate commemorative. Chi sta in silenzio non è complice dei mafiosi, è più mafioso dei mafiosi!”.

isiciliani.it

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