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banche armatedi Camilla Carabini (*)
Un dossier sulle «banche armate» italiane.
Giovedì 10 dicembre nella sala sant’Assunta in via degli Astalli 97 a Roma si è tenuto un evento su finanza e armi con Giorgio Beretta di Opal (Osservatorio permanente sulle armi leggere e politiche di sicurezza e difesa) e componente della campagna Banche armate (l’evento su Facebook).

I tuoi soldi potrebbero finanziare le guerre
E se in parte i fucili dei terroristi di Parigi fossero stati costruiti con i tuoi soldi? Ci hai mai pensato? Nel 2014 sono state autorizzate dal governo italiano operazioni di vendita di componenti di armi per i Paesi del Nord Africa e il Vicino e Medio oriente per 740.948.676 euro a fronte di 709.310.499 euro nel 2013.

Su Nigrizia, il mensile dei missionari comboniani, tra l’altro si legge: «L’anno scorso il valore globale delle licenze di esportazione definitiva (che di definitivo, in realtà, hanno ben poco, se non il fatto di essere state autorizzate) è risultato pari a 2.650.898.056 di euro, un più 23,3 per cento rispetto al 2013 (2.149.307.241); mentre il numero di autorizzazioni definitive all’export è cresciuto del 34,6 per cento (1.879 nel 2014 contro le 1.396 del 2013). Da ricordare che il 2013 non era stato un anno brillantissimo, con valori particolarmente bassi rispetto agli anni precedenti».

L’Italia è esportatore di spicco a livello mondiale di armi così dette leggere ed è fra i primi dieci produttori di sistemi d’arma e di armi pesanti: aziende, dalla celebre Beretta a Finmeccanica, che producono armi poi vendute a Stati spesso già in guerra (in barba alla Legge 185/90). Finché però si combattevano tra di loro, alla nostra opinione pubblica interessava poco e niente. Ora che invece vengono a colpirci al cuore delle nostre città, iniziamo a scandalizzarci.

Dove li prendono i soldi le imprese che producono le armi? Dalle banche. Secondo l’ultimo report di banche armate e Don’t Bank on the bomb, le banche italiane che hanno finanziato le armi sono una lista non esigua. Poi ci sono le regine europee, prime tra tutte Deutsche Bank, Barclays, Banco Santander (guarda la lista completa qui).

E tu lo sai che quando depositi i tuoi risparmi in banca, la banca non li lascia mica lì ad aspettare che tu te li riprenda. Li investe. Insomma, ci sono molte probabilità che proprio una parte dei tuoi risparmi sia andata a finanziare quella guerra che ripudi.

Se questo ti indigna, inizia a fare un passo concreto verso il cambiamento.

Cosa fare? Chiedi alla tua banca più trasparenza. Chiedi di sapere dove vanno a finire i tuoi risparmi. Chiedi di poterli destinare a investimenti che ritieni abbiano un valore per te e per la società che vorresti contribuire a costruire. E se non ottieni le risposte che ti aspetti… Beh, esiste una banca, l’unica banca italiana di cui noi siamo socie e soci ad essere al 100 per cento pulita da ogni tipo di finanziamento nell’industria della guerra. Si chiama Banca Popolare Etica e ti fa vedere online tutti i finanziamenti che fa. Puoi controllare con i tuoi occhi dove vanno a finire i tuoi soldi (controlla ora).

Mi dispiace, se hai letto fino a qui, ormai sei un risparmiatore consapevole. Non rimanere complice di questo sistema. Agisci e contribuisci a ripudiare ogni tipo di guerra. Perché è solo da una cultura di pace che possiamo pensare di costruire una società migliore. A te la palla.

Finanza e armi al tempo della guerra e della paura

Le ragioni del Bank Mob

L’Italia è tra i primi dieci Paesi esportatori mondiali di armi pesanti (cacciabombardieri, missili, bombe, ecc.) e detiene il primato planetario in quelle cosiddette “leggere” (pistole, rivoltelle, fucili, bombe a mano, mitragliatrici, ecc.). Le “nostre armi” arrivano agli eserciti di nazioni in guerra ignorando e aggirando la legge 185/90 imposta dall’impegno della società civile responsabile e dalla testimonianza degli obiettori di coscienza alla produzione bellica. La politica industriale e commerciale prevalente ha bisogno del denaro del sistema  bancario che finanzia per miliardi di dollari anche i produttori di armi nucleari.

Si può inceppare questo meccanismo imposto al di là di ogni scelta democratica?

Le nostre scelte personali possono ostacolare i profitto delle “banche armate”?

Città Nuova, Economia e Felicità, Next Economia per tutti, Reorient onlus, Comune.info promuovono un incontro dibattito con Giorgio Beretta, ricercatore Opal e responsabile della campagna “banche armate”

(*) articolo ripreso da «Comune Info»
(10 dicembre 2015)


Tratto da: labottegadelbarbieri.org

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