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giacalone-rino4di Umberto Di Maggio
A Trapani, talvolta, i fatti non vengono raccontati. Al loro posto, invece, prendono spazio le supposizioni, le allusioni, i si dice, i sembrerebbe. A Trapani le notizie si costruiscono anche sul filo del pettegolezzo da bar e nella eco - anche quella immediata di Facebook e Twitter. Quei social network che diventano “salotti virtuali” buoni ad intessere alleanze, a manifestare reciproci sostegni, a farsi amicizie che contano. E’ accaduto il 2 maggio scorso quando l’emittente televisiva “Telesud” ha comunicato la notizia di una indagine per tentata estorsione e millantato credito a carico del giornalista Rino Giacalone. Il cronista, firma di Libera Informazione, Articolo21 e i “Siciliani Giovani” (e di molte altre realtà giornalistiche impegnate sui temi del contrasto alle mafie) secondo la testata giornalistica trapanese si sarebbe proposto all’imprenditore Davide Durante per “sistemare” la sua situazione giudiziaria, grazie a conoscenze tra i magistrati, in cambio di un favore. Noi di Libera (insieme a molti colleghi di Rino) abbiamo attesto notizie dalla procura. A chiederle è stato proprio Giacalone e sono arrivate: Rino non è indagato per tentata estorsione né per millantato credito. Questo è solo l’ultimo di una serie di episodi che aprono una riflessione profonda sul ruolo dell’informazione in questa provincia.

Trapani vive anni difficili sul tema del contrasto alle mafie e non solo. Superata, in parte, la fase del negazionismo sul tema delle mafie, qui talvolta al racconto del territorio si è preferito il commento, in luogo di un dibattito aperto e sano sui temi dell’antimafia si è imposto lo scontro quotidiano fra persone, orientamenti e professionalità. In un gioco delle parti al ribasso in cui a perdere sono tutti. E su tutti, i cittadini trapanesi.

Così, ad esempio, può capitare che i giornalisti che hanno veramente scritto contro la mafia, denunciandone crimini di ogni natura, prendendosi anche querele per aver detto senza mezzi termini che cosa nostra è una “montagna di merda”, vengano proprio a Trapani sbattuti in prima serata sui notiziari cittadini perché colpevoli di chissà cosa. E chi lo dice che sono colpevoli? I giornalisti. E chi lo ha detto ai giornalisti? Le fonti. E cosa hanno queste fonti? Alcune cose e non tutte. E quali sono queste fonti? Non ci è dato saperlo. Tocca fare atto di fede, perenne. Così il “mascariamento” è servito.

Un anno fa la sentenza del processo Rostagno decretava che ad ucciderlo era stata la mafia. E tocca ricordare che Mauro è stato ucciso più volte. La prima dal mafioso che gli ha sparato contro e da quello che ha ordinato l’omicidio, la seconda - e quelle successive - anche da quelle penne - e da quelle tastiere ovviamente - che con i si dice ed i sembrerebbe hanno “mascariato” prima e dopo il suo generoso e coraggioso impegno contro Cosa nostra ed i poteri forti. Che Trapani, allora, possa veramente ricordare quel sacrificio e quello di troppe vittime innocenti. Che a Trapani l’informazione sia veramente libera, come lo è nell’inchiostro dei tanti giornalisti a schiena dritta di questa splendida ed amara terra. Che Trapani ricordi e racconti. Senza retorica, inutili arrivismi, odii e guerre di campanili. Che Trapani non dimentichi.

(22 maggio 2015)

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