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mani-wall-sanguedi Gery Ferrara* - 15 febbraio 2015
Il ragazzo ucciso in discoteca, il mio lavoro di inquirente e il destino di vittime e carnefici. Fra violenza, stupidità, rabbia, amore, potere. Per scoprire che, alla fine, una risposta alle tue domande non la troverai mai

Ufficialmente si chiama “Turno Esterno, per distinguerlo da quello per le convalide degli arresti e dei sequestri. Ma noi cinicamente, e con un po’ di scaramanzia, lo chiamiamo “Turno Morti”. È il turno del cellulare della Procura che ogni giorno cambia di mano, da un sostituto all’altro, e che la polizia giudiziaria deve immediatamente contattare se si verifica una morte dubbia, sospetta, violenta, di quelle insomma che fanno scattare l’indagine. Tu speri sempre che non squilli mai perché quella è veramente una telefonata che ha già cambiato una vita, più vite spesso, e magari cambierà semplicemente la tua giornata, o i mesi successivi del tuo lavoro, o forse piano piano la tua prospettiva di vedere il mondo e gli altri.

La morte che diventa realtà, come quella del povero ragazzo ucciso l’altra sera in discoteca. È la morte che in quel momento, per paradosso, diventa la tua vita. E la scena del crimine non è Csi, le lacrime e la disperazione dei familiari non sono edulcorate come in tv. Le indagini ti si sviluppano davanti come una ragnatela, con infiniti e possibili bivi ed incroci. Le cinque W non ti servono per scrivere un pezzo giornalistico, ma per dare una risposta a chi te la chiede: a chi resta e piange, allo Stato che ti consente di fare un lavoro che non cambieresti con nessun altro, alla collettività che chiede giustizia, alla vittima stessa che forse da qualche parte si starà chiedendo perché è successo proprio a lui/lei. E in fondo cerchi di dare una risposta anche a te stesso, quando ti chiedi come può il male, quasi sempre, essere alla fine così banale e perché ci sono uomini disposti a rovinarsi la vita in questo modo.

Perché poi quando riesci a ricostruire tutto, a trovare il colpevole, a capire il movente, spesso, semplicemente, ti trovi di fronte la natura umana nelle sue multiformi sfaccettature: stupidità, violenza, rabbia, amore, potere. Qualunque sia la ragione, il male che ne deriva è solamente una delle espressioni dell’essere umano. E allora preferisci non pensarci, meglio buttarti a capofitto nella tua indagine. Perché tanto sai che alla fine la risposta ai tuoi interrogativi non la troverai. E che alla fine, quando anche chiederai trent’anni o l’ergastolo, il colpevole ti farà pena, quasi come la vittima. Stesse vite distrutte, analogo triste destino. Alla fine.

* Sostituto procuratore presso la Procura di Palermo

Tratto da:
dipalermo.it

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