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lumia-giuseppe-webdi Giuseppe Lumia - 20 dicembre 2014
Sul “Fatto quotidiano” qualche giorno fa è stato offerto spazio a Pietrangelo Buttafuoco, il quale ha così proseguito la campagna diffamatoria contro di me, compiuta da tempo con articoli pubblicati su varie testate (solitamente di impronta berlusconiana).
Per tutti gli altri episodi, falsi o inventati, sarà l’autorità giudiziaria a decidere se le affermazioni di Buttafuoco siano legittime o meno. Però questa volta non posso evitare di replicare pubblicamente, anche per rispetto dei lettori di quel giornale che saranno rimasti sicuramente sconcertati nel leggere il pezzo di Buttafuoco sul “Fatto” anziché su altri quotidiani che hanno sempre cantato le lodi di Dell’Utri e aggredito la migliore magistratura antimafia.

Non è in questione, naturalmente, l’opinione politica di Buttafuoco su di me. Tutto sommato, anzi, ho solo da compiacermi per la disistima che mi rivolge frequentemente. In fondo, anche se non ha il coraggio di fare del tutto outing, Buttafuoco ha fra i suoi idoli politici il suo conterraneo Vladimiro Crisafulli, contro il quale la mia battaglia politica è nota a tutti. Forse anche da questo ha tratto linfa l’astio di Buttafuoco contro di me, forse fin da tempi in cui quel giornalista entrava, insieme tra gli altri all’avvocato del boss mafioso contiguo agli ambienti neri eversivi Sebastiano Rampulla, nel consiglio dei garanti dell’Università Kore di Enna, creata proprio da Crisafulli nel suo regno. Oppure da quando io attaccavo pubblicamente Crisafulli per i suoi rapporti con il capo di Cosa Nostra nella provincia di Enna Raffaele Bevilacqua. Insomma, è comprensibile che Buttafuoco preferisca Crisafulli a me. Di questo posso farmi solo un vanto.

Quel che, però, è davvero intollerabile da chiunque, e tanto più dal fascista Buttafuoco, è il paragone fatto tra me e Massimo Carminati, l’esponente dei Nar e della Banda della Magliana di recente arrestato per mafia nell’inchiesta su Mafia Capitale. Una mafia nera da me sempre combattuta (vedi anche caso De Pedis) e su cui Buttafuoco non ha mai speso una parola. Capisco che Buttafuoco, che ha pubblicato pure un libro con la casa editrice guarda caso dello stragista Franco Freda, per la sua affinità ideologica con Carminati possa non coglierne il disvalore. E infatti l’incipit del suo articolo è dichiaratamente giustificazionista in favore di Carminati. Anzi, gli strizza l’occhio, tanto per stare alla metafora del “cecato”.

Ma io ho fatto della lotta alla mafia la stella polare della mia vita e del mio impegno politico, ricevendone in cambio la condanna a morte decisa da Provenzano, come riferì ai magistrati della Procura di Palermo il collaboratore di giustizia Antonino Giuffré e come svelò qualche tempo dopo il pentito Lo Verso, secondo cui la cosca di Bagheria aveva preparato un piano di morte nei confronti del sottoscritto e del pm Nino Di Matteo. E probabilmente agli occhi di Buttafuoco pago anche il sostegno pubblico che ho sempre dato alla magistratura impegnata contro Cosa Nostra. Non dovrei essere io a ricordare che, nel silenzio ostile di gran parte del mondo politico, sono stato io a proporre un’interrogazione parlamentare per chiedere al governo la massima attenzione sui rischi che in atto corrono magistrati palermitani come Scarpinato e Di Matteo. I giornalisti del Fatto sanno bene, perché spesso se ne sono occupati, come io sia stato uno dei pochi esponenti politici che non abbia mai mancato di denunciare pubblicamente pure le deviazioni istituzionali delle quali ha goduto Cosa Nostra. L’ho anche scritto ufficialmente nel documento che ho presentato nella scorsa legislatura in Commissione antimafia sulla trattativa Stato-mafia e sui depistaggi sulla strage di via D’Amelio. Ai quali depistaggi Buttafuoco non ha mancato, ancora di recente, di fornire supporto con le sue indecenti mistificazioni sulla presunta distruzione dell’agenda rossa di Paolo Borsellino, smontate puntualmente dall’avvocato Fabio Repici nel suo articolo “Buttanissimo Buttafuoco”.

Questa è l’antimafia che Buttafuoco non riesce a digerire. E anche quella del nuovo corso di Confindustria che io ho certamente condiviso appieno in una linea di radicale rinnovamento e presa di distanza dal passato, quando si lasciava solo Libero Grassi condannandolo così alla vendetta mafiosa. Un rinnovamento che veda al centro legalità e sviluppo, insieme alla denuncia di ogni tentativo di prevaricazione mafiosa.

Ci sarebbe ancora da parlare dell’elezione del sindaco antimafioso di Gela, Rosario Crocetta, alla Presidenza della Regione Siciliana. Sul punto ogni critica politica fatta in buona fede è certamente legittima, ma io vado orgoglioso dell’elezione di Crocetta, che certo, come chi conosce Crocetta sa bene, è un politico libero e di polso e non certo un burattino che, insieme a personalità come Antonio Ingroia, sta mettendo in seria crisi il vecchio e colluso sistema di potere con cui Buttafuoco andava a braccetto.

Anche su Lombardo io sono rimasto coerente: prendemmo le distanze dall’allora governatore prima ancora dell’avvio del processo e non come Buttafuoco che iniziò ad attaccare Lombardo quando questi, dopo averlo fatto sedere, gli tolse la poltrona di Presidente del Teatro Stabile di Catania.

Tratto da: giuseppelumia.it

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