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donatelli-saradi Sara Donatelli - 19 dicembre 2014
I Filistei ormai da tempo opprimono gli Ebrei grazie alla presenza del terribile gigante Golia che ogni giorno, da quaranta giorni, lancia una sfida: sarà un duello tra lui e un campione dell’esercito nemico a decidere le sorti della guerra. Ma nessuno osa accettare. È a questo punto che entra in scena Davide, pastorello, che impacciato con le armi, le depone e sceglie da un torrente cinque sassi ben lisci; poi, con la fionda in mano, va incontro a Golia e lo incita spavaldo a misurarsi con lui. Anticipando il gigante tira fuori fulmineo un sasso dalla bisaccia e lo scaglia con forza contro la fronte di Golia, che stramazza al suolo. Infine corre accanto al filisteo, gli sfila la spada dal fianco e lo uccide, tagliandogli la testa.

Questa è la storia di Nino. Di Roberto, Francesco e Vittorio. Questa è la storia di Peppino, Boris, Pio, Carlo Alberto, Giangiacomo, Rocco, Pippo, Ninni, Mauro, Libero, Giovanni, Paolo, Beppe, don Pino. E tanti, tanti, tanti altri. Questa è la storia di chi lotta, di chi usa il dialogo, la legge, la giustizia, la verità e la conoscenza come Davide usò i suoi cinque sassi. È la storia di chi usa la violenza, l’odio, l’ignoranza. Una storia che dura da anni. Una malattia genetica trasmessa da padre in figlio. Un cromosoma errato, una vita segnata. Un cancro, una piovra.

Questa è la storia di chi, come Davide, di fronte a tanta gente che si tira indietro, si fa avanti. Va ad un torrente e prende cinque sassi, rifiuta le armi e si pone di fronte il gigante, di fronte il male, di fronte l’oppressore. E poco importa se qualcuno, da un cella, dice “facciamola grossa e non ne parliamo più”. Poco importa se il vento è a sfavore. Perché Davide non è solo, ci sono tanti piccoli uomini, tante piccole donne pronte a spingerti, Davide. A sollevarti in alto fino a farti guardare negli occhi Golia e sferrare il colpo finale. Per Nino Di Matteo e per tutti quei piccoli uomini e quelle piccole donne che ogni giorno prendono in mano una fionda e iniziano a lottare, o meglio, continuano a lottare.

Tratto da: loraquotidiano.it

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