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fanella-konbdi Pietro Orsatti - 18 dicembre 2014
Sono ancora in corso arresti e perquisizioni in mezza Italia in relazione all’omicidio di Silvio Fanella avvenuto il 3 luglio scorso nel quartiere residenziale della Camilluccia a Roma. Fanella cassiere di Gennaro Mokbel che all’epoca del presunto rapimento finito in omicidio – e alla luce di quello che comincia a trapelare dall’operazione della Polizia di Stato su mandato della DDA della Procura di Roma in corso usare il termine “presunto” è obbligatorio – era stato condannato da pochissimo tempo in primo grado per la maxi truffa Fastweb Telecom Sparkl. Un caso, la truffa, che già vedeva connessioni evidenti di “colletti bianchi”, ex uomini dell’area eversiva nera e organizzaioni mafiose e in particolare la ‘ndrangheta.
L’operazione in corso condotta dai pm Paolo Ielo e Giuseppe Cascini di Roma, si sta svolgendo in Piemonte, Lombardia, Trentino Alto Adige e a Roma e in particolare a Ostia.

Fra i nomi che compaiono nella prima lista degli arresti di oggi ne spiccano due: Emanuele Macchi e Manlio Denaro. Dopo l’arresto dei primi tre esecutori dell’omicidio avvenuti questa estate (Giovan Battista Ceniti di Verbania già appartenente a Casa Pound che lo aveva espulso precedentemente, l’ex appartenente ai Nar Egidio Giuliani e il pregiudicato piemontese Giuseppe Larosa anche lui vicino a ambienti dell’estrema destra) a settembre era stato arrestato in Francia “Nenè” Macchi per essersi sottratto a un’ordinanza cautelare della Procura di Genova in relazione a in traffico internazionale di cocaina. Macchi esponente esponente del Movimento rivoluzionario popolare, vicino all’esponente dei Nar Pierluigi Concutelli condannato per l’omicidio del giudice Vittorio Occorsio. L’altro pezzo da novanta dell’operazione di oggi emerso finora è il romano Manlio Denaro, già coinvolto nella truffa Fastweb Telecom Sparkl e che compare anche nelle carte dell’inchiesta Mafia Capitale di questi giorni e che gravitava negli ambienti sia della Banda della Magliana che dell’estrema destra eversiva visti i suoi antichi rapporti con l’area di Terza Posizione e con l’ex NAR e uomo della Banda Antonio D’Inzillo, morto nel 2008 in Africa.
Sembra di essere tornati indietro di quasi 40 anni, quando il confine fra la criminalità organizzata mafiosa e pezzi dell’eversione nera era labile e in molti casi totalmente dissolto. Con Floriana Bulfon (con la quale ho scritto il libro Grande Raccordo Criminale  per Imprimatur editore 2014 ristampato in questi giorni) un’ipotesi di relazioni ereditate dagli anni ’70 e ’80 fra mafie e eversione nera e che oggi operano non solo nella Capitale l’avevamo non solo descritta ma in parte dimostrata e negli ultimi giorni stavamo lavorando a un pezzo di aggiornamento alla luce di quello avvenuto nei mesi dopo la pubblicazione (febbraio 2014) partendo proprio dall’omicidio Fanella. Un omicidio che da luglio ritenevamo chiave indispensabile per decifrare tutto quello che sta avvenendo a Roma e in Italia. Oggi l’ennesima conferma.

Scrivevamo nel libro

Sembra difficile, se non impossibile, mettere insieme un uomo gambizzato a Casalpalocco e Michele Sindona, quattro banditi di borgata che iniziano la loro carriera criminale con un rapimento “finito uno schifo” e i conti cifrati dello Ior, gli “zingari” di piazza Gasparri con l’omicidio Pecorelli, un’esecuzione a Tor Sapienza con gli appalti della Metro C. Eppure sono pezzi di storia di un grande raccordo criminale, dove il potere ha mille facce, anche quella delle mafie. Un raccordo che tracima, che non è affare locale, ma nazionale. Perché a Roma il potere
esercita la sua centralità. Assoluta.

Ecco, oggi quell’impossibile diventa oscena esposizione. Ex terroristi neri e più giovani militanti dell’estrema destra che operano insieme a corruttori, usurai, e membri di quella Banda della Magliana che non mai morta anche se la storia ufficiale (perfino quella letteraria) l’avevano data per estinta. E ancora la ‘ndrangheta che a Roma c’è con impensabili coperture e relazioni con ambienti dell’estrema destra e di “pezzi infedeli” dello Stato. Così come Cosa nostra siciliana, arrivata negli anni ’70 con Pippo Calò l’ex cassiere di Totò Riina, stragista (treno 904), implicato in ogni mistero possibile passando dall’omicidio Calvi ai conti cifrati dello Ior e l’affaire Sindona e uomo di collegamento fra Banda della Magliana e la P2 e l’eversione nera. Così come i Caruana-Cutrera da Siculiana (e Inghilterra, Spagna, Svizzera e soprattutto Venezuela e Canada) considerati fra i più pericolosi trafficanti di droga a livello mondiale e che avevano fino al 2013 base a Ostia. E non parliamo poi della camorra (vecchia, organizzata, scissionista, casalese), pizzerie, pizze e cocaina. E che dire degli “ibridi” come quelli di Fasciani sul Litorale e dei Casamonica a Roma Est e anche loro sul “mare di Roma”? E i russi e i cinesi? Quelli che si comprano ville e alberghi di pregio e gli altri che tessono una rete immensa di migliaia di punti commerciali utili al riciclaggio.

Le mafie influiscono e si fanno parte economica condizionante dell’area produttiva della Penisola. Ed è a Roma, centro del potere decisionale, che le mafie, fin dai primi anni Settanta, hanno giocato la loro strategia di penetrazione e condizionamento nazionale anche sul piano economico. È a Roma che hanno stretto i rapporti con la politica e fatto politica, si sono intrecciate e poi rese protagonisma, centro del potere decisionale, che le mafie, fin dai primi anni Settanta, hanno giocato la loro strategia di penetrazione e condizionamento nazionale anche sul piano economico. È a Roma che hanno stretto i rapporti con la politica e fatto politica, si sono intrecciate e poi rese protagoniste di trame e progetti eversivi. È a Roma che hanno sperimentato la creazione funzionale, e per almeno vent’anni pacifica, di una sorta di associazione temporanea d’impresa per raggiungere due semplici obiettivi: soldi e impunità.
Ma non esiste una Roma criminale, esiste un’Italia criminale di cui Roma è semplicemente la Capitale. Anche
delle mafie.te di trame e progetti eversivi. È a Roma che hanno sperimentato la creazione funzionale, e per almeno vent’anni pacifica, di una sorta di associazione temporanea d’impresa per raggiungere due semplici obiettivi: soldi e impunità.
Ma non esiste una Roma criminale, esiste un’Italia criminale di cui Roma è semplicemente la Capitale. Anche delle mafie.

Tratto da: orsattipietro.wordpress.com

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