Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

ciotti-luigi-c-imagoeconomicadi Antonietta Demurtas - 10 dicembre 2014
Tangenti, scandalo di Roma, Expo 2015. Don Ciotti sugli intrecci della malavita: «Renzi? Tutto e il contrario di tutto. Basta compromessi. Meno leggi e più legge».

Può esistere una politica senza mafie. Ma non possono esistere mafie senza il concorso della politica.
È questo il messaggio che don Luigi Ciotti ha portato il 9 dicembre al parlamento europeo di Bruxelles.
In occasione della Giornata mondiale contro la corruzione il presidente nazionale dell'associazione Libera, che è pronto a ricevere il premio come cittadino europeo dell'anno il 12 dicembre, ha presentato l’agenda di priorità per l’Europa contro la corruzione e il crimine organizzato.

SEI PUNTI NEL PROGRAMMA DI LIBERA. Sei sono i punti del programma di Libera per colpire il crimine organizzato: una normativa europea sui beni confiscati, il 21 marzo come Giornata Europea in memoria delle vittime di mafia, i crimini ambientali, la figura del procuratore pubblico europeo, il riciclaggio.
E la proposta per l’Europa di 'Riparte il futuro' (la campagna di Libera e Gruppo Abele contro la corruzione): una direttiva sulla tutela dei whistleblower, ovvero coloro che decidono di denunciare gli episodi di corruzione a cui si trovano ad assistere sul luogo di lavoro.
CORRUZIONE, IN TROPPI SENZA NORMA. Perché oggi, nonostante i passi avanti, solo cinque dei 28 Stati membri dell’Ue hanno una normativa completa sulla corruzione.
E l'Italia non è tra questi (sono il Lussemburgo, il Regno Unito, l'Irlanda, la Slovenia e la Romania). «Eppure già tre anni fa la Banca d’Italia parlò di corrotti che siedono regolarmente nei consigli di amministrazione di enti pubblici», dice don Ciotti a Lettera43.it.
«NE PARLAVA GIÀ ENRICO BERLINGUER». «Già nel 1982 Enrico Berlinguer aveva posto per primo la questione della morale e della trasaparenza all'interno delle forze politiche».
E ancora «nel 1984, quindi ben prima di Tangentopoli, il cardinale Martini parlò delle tre pesti che affliggevano Milano: la solitudine, la violenza e la corruzione bianca».
Interventi fatti anni fa che rappresentano «purtroppo una fotografia del presente».

DOMANDA. Renzi lo definirebbe un selfie. Forse però bosgna smettere di scattare foto e agire...
RISPOSTA.
Renzi scrisse un articolo di risposta a Roberto Saviano con un'agenda di impegni di contrasto alla mafia, dove c'era tutto e il contrario di tutto. Quei punti erano condivisibilissimi, il problema è che alle dichiarazioni devono seguire i fatti, bisogna dare le risposte concrete.
D. Serve più coraggio?
R.
Credo che ci sia il desiderio, ma non mi basta. Io ho bisogno di vedere la concretezza di alcuni passaggi.
D. Il pacchetto anti corruzione e la legge anti riciclaggio non la soddisfano?
R.
I temini in cui erano stati presentati erano concreti, chiari, trasparenti, solo che poi il ministro della Giustizia Andrea Orlando è dovuto scendere a compromessi.
D. E quindi?
R. Si rischia di svuotare il valore di tutto quello fatto e proposto sinora. I beni confiscati alle mafie sono bloccati da due anni per colpa della burocrazia, dei ritardi, dei cambiamenti di governo.
D. Dei politici insomma.
R.
Ci sono troppi venti contrari, che tirano da una parte e dall'altra. Così si va in Commissione, si va in Aula e alla fine si sviliscono gli intenti. Se da un lato c'è davvero chi vuole investire, chi vuole trasparenza, dall'altra si arriva a dei compromessi per galleggiare.
D. A Roma per esempio si è galleggiato tanto nel 'Mondo di mezzo'...
R
. Roma è una delle più grandi ferite, ma io mi stupisco ancora una volta di chi si stupisce, perché tutte le volte che succedono queste cose, tutti dicono: «Mio Dio non sapevo, non pensavo».
D. Invece?
R.
Invece si sapeva, eccome. Per questo sono contento che la procura di Roma abbia inserito il 416 bis che individua nel nostro Paese i reati di stampo mafioso. Corruzione e mafia sono due facce della stessa medaglia.
D. Basta quindi parlare solo di Sicilia?
R.
La mafia c'è anche a Roma, Milano, Torino. E 32 anni fa ha ucciso il procuratore della Repubblica di Torino Bruno Caccia. Il Comune piemontese di Bardonecchia fu commissariato per infiltrazioni mafiosa nel 1995. Oggi Milano è la terza realtà d'Italia per beni confiscati, che sono il chiaro indicatore di una presenza criminale.
D. L'Expo la preoccupa?
R.
Nelle grandi opere, la mafia ha sempre cercato di inserirsi. Per fermarla ci deve essere una corresponsabilità da parte di tutti. Il Commissario nazionale Expo Raffaele Cantone, presidente dell'Anticorruzione, è una persona di grande valore. Ma non basta.
D. Che cosa suggerisce?
R.
Serve una maggiore attenzione da parte di tutti. La prima riforma da fare è una auto riforma, quella delle nostre coscienze. Serve un risveglio sociale, perché abbiamo troppi cittadini a intermittenza.
D. In che senso?
R.
Quando ci sono le tragedie, la gente si commuove e poi non si muove.
D. In fondo se i politici sono corrotti, c'è qualche cittadino che li corrompe?
R.
Sì, tutti dovrebbero leggere il libro di papa Francesco, Guarire dalla corruzione, dove invita a pensare chi è il corrotto e chi è il corruttore, una fotografia perfetta di quello che abbiamo davanti ai nostri occhi.
D. Abbiamo i politici che ci meritiamo?
R.
Sì, la responsabilità non è solo dei politici. Le mafie non riescono a fare nulla se non trovano dei professionisti che li aiutano. Hanno bisogno di imprenditori, tecnici, commercialisti, notai, avvocati, che si rendono complici del sistema, direttamente o indirettamente. Perché la forza della mafia non sta dentro la mafia. Sta fuori.
D. Nella società. Che è mafiosa, ma anche in crisi.
R.
I mafiosi per raggiungere il loro obiettivo hanno bisogno di trovare alleanze, compiacenza. Poi certo, la crisi economica finanziaria ha favorito molto questo fenomeno, perché i mafiosi hanno tanto denaro, frutto di affari sporchi, crimini, violenze. Anche se oggi sempre di più si mettono i guanti bianchi. Non hanno più la lupara in mano, ma la valigetta 24 ore.
D. Sono ancora più invisibili?
R.
Sì, ma attenzione: non sono meno sanguinari. Dal 1992 a oggi la guerra di mafia apparentemente più silenziosa e meno appariscente ha fatto 3.500 morti.
D. E secondo lei l'Unione europea rischia di non vedere questi morti?
R.
L'Ue sbaglia già nel linguaggio, perché anziché mafia preferisce chiamarla criminalità organizzata. Chiamiamola come vogliamo, ma non possiamo permetterci di pensare che il problema non esiste.
D. Forse non si capisce?
R.
Ci sono certo modalità e forme diverse. Da noi le nostre mafie hanno radici storiche in alcune regioni, ma alla fine gli affari li hanno fatti al Nord, non al Sud. Non dimentichiamo che già nel 1900 don Luigi Sturzo, fondatore della Dc (Democrazia cristiana), aveva profeticamente detto che le mafie sarebbero salite verso il Nord e avrebbero anche varcato le Alpi. Dovremmo rileggere quei documenti.
D. Abbiamo la memoria corta?
R.
Sì, purtroppo, il vero problema è che non ci chiediamo: perché da 400 anni abbiamo la camorra in Italia? Perché da oltre 150 anni parliamo di mafia? Perché da 120 anni parliamo di 'ndrangheta?
D. Ha una risposta?
R.
Perchè al di là dell'impegno che molti ci mettono, non viene affrontato il nodo centrale del problema.
D. Quale?
R.
Che serve davvero una volontà politica ferma, chiara, trasparente. Ci vogliono meno leggi e più legge. E soprattutto più politiche sociali, perché una delle gambe della mafia è rappresentata dalla mancanza di lavoro, dall'ignoranza. L'Italia è agli ultimi posti per dispersione scolastica in Europa. Ci sono sei milioni di analfabeti.
D. L'ignoranza uccide?
R.
Crea un terreno fertile. Un dato inquietante è che il 61% di disoccupati è disposto ad accettare un posto di lavoro in una attività dove la criminalità organizzata ha investito per riciclare il denaro. C'è gente onesta senza lavoro che non sa dove sbattere la testa.
D. E si fa finta di non vederle queste persone?
R.
No, si vedono. Il problema è che oggi consapevolezza e responsabilità sono due parole centrali: non si può essere consapevoli senza sentirsi implicati in tutto questo.

Tratto da: lettera43.it

Foto © Imagoeconomica

Ti potrebbe interessare...

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos