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via-dei-georgofili-3C’è molta attesa per le motivazioni della sentenza della Cassazione sul boss Tagliavia. Il suo avvocato, Luca Cianferoni: “Lui non porta ai mandanti”
di Stefania Limiti - 30 settembre 2014

C’è molta attesa per le motivazioni della sentenza con cui la Cassazione ha stabilito, lo scorso 17 settembre, il rinvio della condanna all'ergastolo inflitta a Francesco Tagliavia per la strage di via dei Georgofili - Firenze, 11 maggio 1993, cinque morti, tra cui due bambine, 48 feriti e circa 150 opere d’arte danneggiate. Il boss di Corso dei Mille è stato completamente assolto dai giudici supremi per gli attentati stragisti di Milano (via Palestro) e Roma (via Fauro, Velabro e stadio Olimpico).
Tagliavia ha un curriculum mafioso piuttosto lungo: tra gli altri, hanno parlato delle sue attività delinquenziali un pentito storico come Francesco Marino Mannoia, "cui Tagliavia era stato presentato secondo i rituali di mafia, e che lo aveva indicato come stabilmente inserito nel "gruppo di fuoco" del mandamento (all'epoca) di Ciaculli, oltre che estremamente attivo nel traffico degli stupefacenti" e, agli inizi degli anni ’90, Gaspare Mutolo e Giuseppe Marchese che testimoniarono l’importanza del ruolo di Tagliavia nel consorzio mafioso. (Sentenza Tagliavia, II Corte d’assise di Firenze, 5 maggio 2011).

Tra chi aspetta di leggere nel dettaglio i percorsi logici che hanno portato alla imprevista sentenza della Cassazione c’è, cianferoni-lucanaturalmente, Luca Cianferoni (in foto © ACFB), avvocato di Tagliavia, che tempo affidò alle percentuali il suo chiaro punto di vista (come riporto in Doppio livello):   "la strage di Capaci è al 90% di mafia, il resto lo hanno messo gli altri. Per quella di via D’Amelio siamo 50 e 50 e per le stragi sul continente la percentuale mafiosa scende vertiginosamente al 10".

Cianferoni oggi conferma questa sua descrizione e sostiene che la sentenza che ha ribaltato il giudizio sul boss di Corso dei Mille ne è la conferma. Nel ricorso in Cassazione la difesa ha sostenuto il vuoto probatorio a carico di Tagliavia - arrestato il 22 marzo del ’93 ma era già all’ergastolo per una serie di omicidi e per via D’Amelio - insistendo sul fatto che non ci sarebbero prove che il boss partecipò, come invece sostenuto da Spatuzza, alla fase ideativa della strage. Secondo Cianferoni, "Il verdetto emesso dalla VI sezione penale deve farci riflettere su un punto cruciale: Francesco Tagliavia non porta ai mandanti. L’architettura dei processi che ha portato alla sua condanna non ha retto e ha spezzato la continuità del ragionamento sulle stragi nel continente. Il lavoro autorevolissimo che aveva iniziato il dottor Chelazzi non è stato proseguito, secondo me. Tagliavia è una persona semplice, non può avere nulla a che fare con l’ideazione delle stragi – ammesso che i suoi capi mafiosi abbiamo potuto autonomamente individuare gli obiettivi così particolari delle stragi del ’93".
Secondo la Procura, invece, il boss aveva "un ruolo di cerniera tra la 'base operativa' e i fratelli Graviano", un’accusa basata essenzialmente sulla testimonianza del pentito Gaspare Spatuzza le cui dichiarazioni, pur effettivamente "tardive", sostengono i giudici della corte d’appello di Firenze, non sono per questo meno "credibili". Spatuzza ha indicato Tagliavia fra i presenti alla riunione di Santa Flavia (Palermo), che si tenne fra l’attentato a Costanzo, "un assoluto mistero – secondo Cianferoni – che forse cela molti segreti legati alle stragi cosiddette di mafia " e quello di Firenze e durante la quale, cartine turistiche e libri d’arte alla mano, venne organizzato l’attentato ai Georgofili.

georgofili-opere-rovinate"Quella testimonianza prova il ruolo di Tagliavia nel contesto di Cosa nostra non come stragista. Sulle stragi nel continente c’è molto da indagare ma, se si insiste sui livelli più bassi, non si riuscirà mai a salire. E gli attentati del ’93 non possono aver avuto una matrice mafiosa. Gli uomini di Cosa nostra non sapevano neanche che esistesse una sigla come la Falange Armata", a nome della quale sono stati rivendicati gli attentati di Roma, Firenze e Milano con le autobombe.

La prima sentenza Tagliavia è quella che ha giudiziariamente stabilito l’esistenza di una trattativa, si possono ipotizzare conseguenze dopo la decisione della Cassazione?  
"Vedremo che cosa accadrà … vedremo come va a finire, il Processo di Palermo. Le trattative sono state una costante del rapporto storico tra lo Stato e Cosa nostra. Posso solo ricordare che certamente Totò Riina [di cui Cianferoni è difensore nda] se avesse partecipato ad un tavolo ‘negoziale’ avrebbe posto la questione di suo figlio, condannato all’ergastolo a 18 anni. Quella sarebbe stata la sua principale preoccupazione e rappresenta una prova assoluta del fatto che Riina non si è mai seduto a nessun tavolo".

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