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guidotto-enzoLettera di Enzo Guidotto al preside di Castelvetrano
di Egidio Morici - 18 maggio 2014

Castelvetrano. A defilarsi è l’Istituto Tecnico Commerciale, che fa sapere al preside Fiordaliso che non consentirà ai propri studenti di partecipare alla manifestazione “Musica e parole contro la mafia” per domani, in vista della ricorrenza della strage di Capaci.
“Il preside Pietro Ciulla mi ha comunicato che si tratta di una decisione del collegio dei docenti - riferisce il professore Fiordaliso, tra i promotori dell’evento - i quali avrebbero preferito uno slogan ‘per la legalità’ e non ‘contro la mafia’. Un messaggio certamente non edificante che viene dato all’esterno, in un momento delicato come questo”.
La vicenda non è passata certo inosservata. Al punto che il professor Enzo Guidotto, preside a Bassano del Grappa nell’89, quando Paolo Borsellino incontrò gli studenti dell’Istituto professionale “Remondini” nell’ormai famosa “lezione” sulla mafia, ha scritto una lunga lettera al preside Fiordaliso, indirizzata anche agli uffici scolastici provinciali e regionali e al Ministero della Pubblica Istruzione.

Secondo Guidotto, ed è davvero difficile non essere d’accordo, questa presa di distanza dalla manifestazione del 19 maggio, “in una città come Castelvetrano, culla della mafia vecchia, nuova ed attuale – soprattutto per il potere esercitato da Francesco Messina Denaro, figli e parenti, Matteo in primis in quanto responsabile della strategia stragista dei primi anni Novanta – appare a dir poco vergognosa all’occhio dell’opinione pubblica in tutto il Paese”.
Guidotto, che è stato anche consulente della Commissione parlamentare antimafia nazionale in due passate legislature e membro del ‘Tavolo Interdirezionale’ del Comitato Nazionale Scuola e legalità del Ministero della Pubblica Istruzione nel 2007, non usa mezzi termini e aggiunge: “Se nelle scuole italiane c’è ancora gente che, specialmente alla vigilia della ricorrenza di un eccidio che assieme agli altri dei primi anni Novanta hanno cambiato la storia d’Italia, ha il coraggio – o la vigliaccheria? – di sostenere che non è opportuno far partecipare gli studenti a certe manifestazioni antimafia, significa che le cose non vanno per il verso giusto. L’unica opportunità sulla quale questa gente dovrebbe riflettere seriamente è piuttosto un’altra: quella di cambiar mestiere”.

Egidio Morici (castelvetrano500firme.it)

Castelvetrano500firme.it, invitando alla lettura integrale della lettera di Enzo Guidotto riportata di seguito, rimane disponibile all’eventuale replica da parte del consiglio docenti o del preside dell’Istituto Tecnico Commerciale.




 

OSSERVATORIO  VENETO  SUL  FENOMENO  MAFIOSO
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IL PRESIDENTE
Castelfranco Veneto, 14  maggio 2014

Preg.mo Prof. FRANCESCO FIORDALISO
Preside dei Licei Classico, Scientifico e Magistrale
CASTELVETRANO (Trapani)
E per conoscenza a
Ufficio Scolastico Provinciale
Ufficio Scolastico Regionale
Ministero Pubblica Istruzione


Oggetto: Plauso per la promozione della manifestazione dal titolo MUSICA E PAROLE CONTRO LA MAFIA   -   Biasimo per la mancata partecipazione alla stessa da parte dell'ITC "Ferrigno".


Signor Preside,
mi congratulo ancora una volta per la Sua singolare ed incessante attenzione per le attività di approfondimento culturale e di sensibilizzazione civica sul fenomeno mafioso e soprattutto per l' ennesima idea di promuovere per il 19 maggio prossimo a Castelvetrano la manifestazione dal titolo MUSICA E PAROLE CONTRO LA MAFIA, nel quadro delle iniziative che si svolgono in tutto il Paese in vista della ricorrenza della 'Strage di Capaci'.
Con amarezza devo invece constatate che una scuola della Sua città, l'ITC 'Ferrigno', non parteciperà a quest'ultima.
Colleghi del Trapanese mi hanno infatti informato che il Collegio dei docenti di quell'Istituto ha sollevato l'opportunità di non aderire  perché nel titolo dell'iniziativa figura la parola MAFIA. Sono pertanto portato a pensare che, secondo quanti hanno adottato questa decisione, nella scuola si debba parlare di EDUCAZIONE ALLA LEGALITA' in termini generici ed astratti e quindi elusivi rispetto allo stesso contenuto della Circolare Ministeriale del Ministro Rosa Russo Jervolino che nell'ottobre del 1993, cioè all'indomani delle stragi nel Continente, pur presentando il titolo EDUCAZIONE ALLA LEGALITA', invitava la classe docente a mobilitare gli studenti - con l'arma della cultura e stimolando il loro diritto-dovere di cittadini di uno Stato democratico a partecipare alla soluzione dei problemi di interesse generale - contro il potere esercitato dalla mafia sulle istituzioni.
Dopo aver ricordato che «la lotta alla mafia e alle altre forme di criminalità organizzata costituisce un'occasione decisiva per la difesa delle istituzioni democratiche», il Ministro precisava infatti che nella scuola «al carattere organizzato della criminalità può rispondersi soltanto con una azione altrettanto organica e continuativa. L'isolamento di pur generose azioni individuali, la frammentarietà delle ipotesi di lavoro occasionali e locali devono cedere il passo ad un impegno strutturale». Per cui «l'impegno di lotta deve essere assunto da tutti e su tutti i fronti con decisione e responsabilità, poiché soltanto con una presenza costante e diffusa, che contrapponga la saldezza civile di una formazione alla legalità, alla prepotenza distruttrice dei criminali e delle loro azioni violente, si potrà realizzare un contrasto efficace e duraturo al fenomeno mafioso».
Ancor più esplicite furono le 'Linee di indirizzo' del Ministro Giuseppe Fioroni - presentate personalmente a Palermo il 23 maggio del 2007 nella ricorrenza del XV° anniversario della 'Strage di Capaci' durante la manifestazione realizzata dalla Fondazione Falcone - contenenti l'invito a far capire ai giovani la dimensione vera e la reale pericolosità che il fenomeno mafioso assume per la società, l'economia, la politica e le istituzioni.
Quali i particolari maggiormente innovativi? Integrando e rilanciando i concetti della circolare del '93, il nuovo Ministro si distinse per una concretezza assai più convincente precisando prima di tutto che nella scuola bisogna parlare piuttosto di EDUCAZIONE ALLA LEGALITA' FINALIZZATA ALLA LOTTA ALLE MAFIE.
La manifestazione palermitana, svoltasi alla presenza di folte rappresentanze di studenti provenienti da tutte le regioni d'Italia e delle più altre cariche dello Stato, ebbe come titolo «Giovanni Falcone e Paolo Borsellino: la loro lezione di libertà e di democrazia».
Ed è chiaro che parlare di libertà e di democrazia significa anche parlare di politica: democrazia e politica che ancora una volta in questi giorni,  si rivelano in varie parti del Paese inquinate dal virus mafioso. Basta pensare ai recenti arresti di personaggi che hanno occupato importanti cariche in delicati organismi rappresentativi e alla condanna irrevocabile riguardante un ex parlamentare, in atto latitante, indicato come 'anello di congiunzione' fra Cosa Nostra ed un ex presidente del Consiglio dei Ministri, già condannato con sentenza definitiva per altro reato.
Ebbene le 'Linee di indirizzo' del 2007 - che ho avuto l'onore di contribuire ad elaborare in seno al «Comitato Nazionale Scuola e Legalità» del Ministero - invitavano a considerare proprio la necessità che nella scuola sia affrontata «la storia e le caratteristiche del fenomeno mafioso, con particolare riguardo alla sua pervasività, che presenta il rischio di sempre maggiori inquinamenti - e non soltanto nel Sud - del sistema economico e delle Istituzioni pubbliche».
È il caso di ricordare al riguardo che già circa 40 anni fa la Commissione parlamentare antimafia nazionale - della quale mi onoro di essere stato consulente in due passate legislature - aveva riconosciuto a chiare lettere che la «connotazione specifica» del fenomeno mafioso è sempre stata «costituita dall’incessante ricerca di un collegamento con i pubblici poteri» dimostrando con l'indicazione di personaggi, situazioni e fatti precisi «come la mafia sia stata favorita dall’incapacità dei partiti politici di liberarsi in tempo da uomini discussi nella speranza di mantenere o accrescere la propria sfera d’influenza o magari col solo effetto di rafforzare il peso elettorale delle varie correnti interne».
Ma bisogna anche tener presente e far ricordare agli insegnanti che in questo campo dimostrano di essere smemorati - o strafottenti - che le disposizioni dei Ministri Jervolino e Fioroni erano state emanate nel rispetto di un importante documento, purtroppo assai poco noto anche se ha forza di legge, a sua volta basato sull'articolo 54 della Costituzione, dove si legge che «i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche, hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore»: il decreto firmato più di mezzo secolo fa (giugno 1958) dal Ministro della Pubblica Istruzione Aldo Moro contenente i "Programmi per l'insegnamento dell'educazione civica negli istituti e scuole d'istruzione secondaria e artistica".
I punti essenziali? Primo: «l'educazione civica ha da essere presente in ogni insegnamento»; secondo: «ogni insegnante prima di essere docente della sua materia, ha da essere eccitatore di moti di coscienza morale e sociale»; terzo: ogni insegnante deve operare in modo tale da «radicare il convincimento che morale e politica non possono legittimamente essere separate».
E siccome la mafia è politica per definizione - perché altrimenti sarebbe soltanto criminalità organizzata - a nulla è valso da più di mezzo secolo in qua  il proverbio «a buon intenditor poche parole», perché sono convinto che dal 1958 ad oggi tanti docenti e tanti presidi, puntando solo al "giorno 27" del mese, hanno  lavorato e lavorano o sono andati in pensione senza mai aver conosciuto questo decreto!
E allora che si sveglino e si ravvedano i colleghi del 'Ferrigno' perché il modo di vedere che li ha portati alla presa di distanza dalla manifestazione del 19 maggio, in una città come Castelvetrano, culla della mafia vecchia, nuova ed attuale - soprattutto per il potere esercitato da Francesco Messina Denaro, figli e parenti, Matteo in primis in quanto responsabile della strategia stragista dei primi anni Novanta - appare a dir poco vergognosa all'occhio dell'opinione pubblica in tutto il Paese.
Basta, dunque, con i falsi pudori e le malcelate ipocrisie di chi, nelle istituzioni con finalità culturali ed educative, fa finta di non vedere, di non sentire, di non capire e di non sapere perché - come recita il vecchio proverbio dell'omertà - chi è òrbo, sordo e tace campa cent'anni in pace! Bisogna mettersi in testa che in certe zone il 'perbenismo didattico' è deleterio per la formazione dei giovani, pone il rischio di fare il gioco della mafia e costituisce un esempio molto negativo che non può non suscitare scandalo - dal Ministero alle più periferiche scuole di ogni ordine e grado - alla luce della frase delle citate 'Linee di indirizzo' che nel Trapanese, provincia ritenuta ad alta densità mafiosa dalle competenti autorità del settore, diventa particolarmente significativa: «l'educazione alla legalità finalizzata alla lotta alle mafie dovrà offrire strumenti per la comprensione delle loro differenti connotazioni nelle diverse aree geografiche del territorio nazionale».
Di conseguenza, se è vero che «oportet ut scandala eveniant», sarebbe  bene che una volta per tutte l'ignoranza delle regole e l'assenza di senso civico dei docenti - e non soltanto a Castelvetrano - non passassero inosservate alle autorità scolastiche provinciali, regionali e centrali perché se nelle scuole italiane c'è ancora gente che, specialmente alla vigilia della ricorrenza di un eccidio che assieme agli altri dei primi anni Novanta hanno cambiato la storia d'Italia, ha il coraggio - o la vigliaccheria? - di sostenere che non è opportuno far partecipare gli studenti a certe manifestazioni antimafia, significa che le cose non vanno per il verso giusto. L'unica opportunità sulla quale questa gente dovrebbe riflettere seriamente è piuttosto un'altra: quella di cambiar mestiere.
Ovviamente non escludo che certe mie affermazioni possano apparire diffamatorie alle orecchie di qualcuno. Ma non credo ci sia di che preoccuparsi: chi si sente offeso passi alla denuncia senza alcuna esitazione dimostrando che le disposizioni ministeriali che ho citato sono solo frutto della mia fantasia.
Grazie per l'attenzione, signor Preside, buon lavoro e cordiali saluti.

Prof. Enzo Guidotto
Consulente della Commissione parlamentare antimafia nazionale in due passate legislature.
Membro del 'Tavolo Interdirezionale' del «Comitato Nazionale Scuola e legalità» del Ministero della Pubblica Istruzione nel 2007.
Via Giare 9 - 31033 Castelfranco Veneto (Treviso)
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BRANI dei citati DOCUMENTI MINISTERIALI

Aldo Moro, Ministro della Pubblica Istruzione, “Programmi per l'insegnamento dell'educazione civica negli istituti e scuole d'istruzione secondaria e artistica” (Decreto del Presidente Repubblica n. 585 del 13 giugno 1958).

Circolare Ministeriale  25 ottobre 1993, n° 302  dal titolo  "Educazione alla legalità"

"Linee di indirizzo" del Ministro della Pubblica Istruzione Giuseppe Fioroni del 23 maggio 2007

Rapporto del «Comitato Nazionale “Scuola e Legalità”» che hanno costituito la base delle ''Linee di indirizzo"
 
    • L'educazione civica ha da essere presente  in ogni insegnamento.
    • Ogni insegnante prima di essere docente della sua materia, ha da essere eccitatore di moti di coscienza morale e sociale.
    • L'insegnante potrà proporsi di tracciare una storia comparativa del potere, nelle sue forme istituzionali e nel suo esercizio, con lo scopo di radicare il convincimento che morale e politica non possono legittimamente essere separate
    • Un'emergenza speciale della nostra società è certamente costituita dal fenomeno mafioso e dalle altre forme di criminalità organizzata.
    • Occorre prendere atto della circostanza che la mafia si pone, rispetto al tessuto sociale del Paese, come una comunità che, al suo interno, ha sostituito alle regole del diritto quelle della sopraffazione e della violenza e che tali regole intende proiettare al di fuori di se stessa.
    • L' educazione alla legalità è, in primo luogo, impegno comune a fronteggiare situazioni in cui le organizzazioni criminali si pongono come antagoniste dello Stato e a stimolare i giovani a respingere le seduzioni dell' illegalità organizzata.
    • Di fronte ad una situazione del genere, la scuola ha il dovere di promuovere prima una riflessione e poi un'azione volta alla riaffermazione dei valori irrinunciabili della libertà, dei principi insostituibili della legalità.
    • La scuola, in collaborazione con le altre istituzioni competenti e responsabili, deve pertanto ricercare e valorizzare le occasioni più propizie per avviare un processo di sempre più diffusa educazione alla legalità, come presupposto etico e culturale di una contrapposizione decisa a tutti i fenomeni di criminalità.
    • L'educazione alla legalità si pone non soltanto come premessa culturale indispensabile ma anche come sostegno operativo quotidiano, poiché soltanto se l'azione di lotta sarà radicata saldamente nelle coscienze e nella cultura dei giovani, essa potrà acquisire caratteristiche di duratura efficienza, di programmata risposta all'incalzare temibile del fenomeno criminale.
    • La lotta alla mafia rappresenta quindi, oltre che un'occasione specifica di traduzione in termini concreti dell'educazione alla legalità, anche una verifica operativa di un processo formativo che è destinato a creare, in tutti i cittadini, una forte cultura civile e ad inserire nel circuito democratico persone sempre più coscienti dell'importanza che, per la vita del Paese, rivestono la correttezza dei rapporti giuridici, la salvaguardia dei diritti individuali, il rifiuto di qualsiasi forma di contiguità tra società del diritto e società della sopraffazione.
    •  
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    • Queste indicazioni valgono soprattutto ai giorni nostri tenuto conto che le "Linee di indirizzo" sottolineano che
    • Il fenomeno mafioso è presente, anche se in modo diverso, in tutto il Paese. Conseguentemente, l'educazione alla legalità finalizzata alla lotta alle mafie dovrà offrire strumenti per la comprensione delle loro differenti connotazioni nelle diverse aree geografiche del territorio nazionale.
    • Nella pratica didattica dovranno essere create le condizioni per consentire la massima armonia fra la dimensione cognitiva e la dimensione educativa degli interventi. Attraverso la prima possono affrontarsi la storia e le caratteristiche del fenomeno mafioso, con particolare riguardo alla sua pervasività, che presenta il rischio di sempre maggiori inquinamenti - e non soltanto nel Sud - del sistema economico e delle Istituzioni pubbliche. La seconda può promuovere negli studenti il senso di responsabilità civile e democratica, per spronarli ad un costante impegno sociale.
    • In questo senso la lotta alla mafia e alle altre forme di criminalità organizzata costituisce un'occasione decisiva per la difesa delle istituzioni democratiche e per la creazione di una condizione di vita equa e paritaria per tutti i cittadini.
    • Nelle regioni del Centronord, tutt’altro che estranee a fenomeni di illegalità, è necessario far capire che la corruzione è l’anticamera della mafia e far conoscere i rischi della ulteriore diffusione del fenomeno mafioso, tenuto conto  dei fatti che si sono verificati negli ultimi decenni in loco e, non soltanto, nel settore del riciclaggio e dell’investimento nell’economia legale di capitali di provenienza illecita.
    • Nelle regioni del Sud, nelle quali, in relazione all’alta densità di organizzazioni criminali, il fenomeno si presenta  con particolare drammaticità, è necessaria un’ educazione alla legalità che offra  agli studenti  l’opportunità per sottrarsi a stili di vita mafiosi, spesso esaltati da personaggi di film, fiction e all’influenza di altri fattori che hanno una certa presa sul mondo giovanile:  cassette audio con canzonette inneggianti alla ‘ndrangheta, magliette con le scritte “Mafia made in Italy” o con foto di vecchi boss come Al Capone o con immagini del film “Il Padrino”.     
    • E’ il caso, però, di rilevare che anche nelle regioni del Centro Nord si verificano fatti analoghi quali l’organizzazione di sfilate per il lancio di abiti d’alta moda con marchi che, nel logo, contengono la parola mafia o l’organizzazione di “criminal party” e di party “mafia style” in locali per giovani.
    • La lotta alle mafie […] va condotta attraverso una strategia globale, lungo vari versanti. Uno di questi è quello culturale ed educativo che va percorso da differenti istituzioni ed agenzie formative: la scuola, le associazioni e gli enti di impegno civico, culturale e religioso, particolarmente attivi nel contrastare la criminalità organizzata attraverso iniziative di forte impatto culturale.
    • (Nella scuola in particolare) Al carattere organizzato della criminalità può rispondersi soltanto con una azione altrettanto organica e continuativa. L'isolamento di pur generose azioni individuali, la frammentarietà delle ipotesi di lavoro occasionali e locali devono cedere il passo ad un impegno strutturale.
    • L'impegno di lotta deve essere assunto da tutti e su tutti i fronti con decisione e responsabilità, poiché soltanto con una presenza costante e diffusa, che contrapponga la saldezza civile di una formazione alla legalità, alla prepotenza distruttrice dei criminali e delle loro azioni violente, si potrà realizzare un contrasto efficace e duraturo al fenomeno mafioso.

Tratto da: 19luglio1992.com

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