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montalto-ciacciodi Elisabetta Ambrosi - 11 dicembre 2013
Caro Mario, c’era un tempo in cui noi magistrati sapevamo di essere tanti, magari dispersi tra le varie sedi, ma tutti amici e con le medesime idee e spirito di sacrificio. Com’era bello! Tutto questo è finito. Il potere ha ripreso il controllo”. Poco tempo dopo aver scritto questa lettera al suo collega e amico Mario Almerighi, il 25 ottobre 1983, Giacomo Ciaccio Montalto viene ucciso in Val d’Erice, per le sue indagini sulla mafia e i traffici di eroina nel Trapanese. Tra le gambe ha un thermos di caffè, per lavorare nella notte. Quel thermos (assieme ad altri due simboli, un timone e alcuni faldoni processuali “sospesi come verità imprigionate”) è appeso nella sceneggiatura dello spettacolo Il testimone, scritto da Fabrizio Coniglio e Mario Almerighi e diretto e interpretato da Fabrizio Coniglio e Bebo Storti. Lo spettacolo, partito a novembre dalla Sardegna e passato a Civitavecchia e Milano, il 14 dicembre sarà messo in scena a Gambettola, ma proseguirà il prossimo anno, passando anche in Val d’Erice.

Sulla scena, il viaggio in barca da Civitavecchia a Trapani di Ciaccio Montalto e di Almerighi, a rappresentare il corso lento della giustizia (la sentenza arriverà nel 1998), ma anche l’amicizia tra i due. Che parlano delle loro passioni, la letteratura e il mare, ma si confidano anche reciproci timori. In particolare, quelli sui contatti che la mafia intrattiene dentro il Tribunale di Trapani. “Giacomo, che per primo ha messo sotto controllo le transazioni bancarie”, spiega Coniglio, “a un certo punto intercetta una famiglia che gestisce l’eroina, ma anche un collega, vicino di stanza, che prende i soldi per insabbiare i processi. Ci si scontra, e dopo un mese muore. Nello spettacolo lo chiamiamo Federico Pressa, purtroppo – la sua condanna è caduta in prescrizione – oggi fa ancora l’avvocato”.

Dopo la morte di Giacomo inizia il viaggio di Mario per avere giustizia. Quando il giudice Claudio Lo Curto arresta il giudice connivente, il processo viene spostato da Caltanissetta a Messina, e il giudice liberato. Almerighi chiede udienza al capo di gabinetto del ministro della Giustizia di allora, il quale gli rivela che Andreotti ha detto che “Quaresima” (come si chiama nello spettacolo il giudice Carnevale, nda) non si tocca. Passano gli anni, Almerighi andrà maxi-processo e dirà quanto ha ascoltato. Andreotti a Porta a Porta gli darà del pazzo e del falso testimone. Almerighi lo porta in tribunale e, nel 2010, vince la causa: con una parte dei soldi, racconta, compra proprio una barca.

Per ricordare l’amico Giacomo “Ciaccio” Montalto.

Tratto da: Il Fatto Quotidiano

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