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borsellino-via-damelio-c-barbagallodi Salvatore Borsellino e Agende Rosse - 16 novembre 2013
"Si muore generalmente perché si è soli"
Questa affermazione di Giovanni Falcone, espressa poco tempo prima di morire, evidenzia molto chiaramente la consapevolezza di quanto l'arroganza e il potere mafiosi siano conseguenza e causa dei travagli della politica. In questi giorni, purtroppo, questa frase svela tutta la sua terribile attualità.

Il capo di Cosa Nostra, Salvatore Riina, detenuto a regime carcerario 41-bis, pochi giorni fa ha minacciato il PM Nino Di Matteo e tutti i magistrati che si occupano dell’inchiesta sulla trattativa avvenuta tra pezzi dello Stato e di Cosa Nostra nel biennio ’92-’93. "Di Matteo deve morire. E con lui tutti i pm della trattativa, mi stanno facendo impazzire – ha urlato Totò Riina ad un altro detenuto –. Quelli lì devono morire, fosse l'ultima cosa che faccio".

Il 17 ottobre Rosario Pio Cattafi, imputato a Messina per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso con l’aggravante di aver promosso e diretto l’organizzazione mafiosa di Barcellona Pozzo di Gotto, ha pesantemente minacciato l'avvocato di tanti familiari di vittime di mafia Fabio Repici. "Avrei dovuto prendere a schiaffi l'avvocato Fabio Repici, mi pento di non averlo fatto – ha affermato Cattafi –. Auguro con tutto il cuore all'avvocato Repici di subire tutto quello che ha fatto subire ad altri". Cattafi è attualmente detenuto a regime carcerario 41-bis ed è pregiudicato per i reati di lesioni, porto e detenzione abusivi di arma, cessione di sostanze stupefacenti e calunnia.

Riprendendo l’analisi di Giovanni Falcone, quel vero e proprio appello del giudice, allora rimasto inascoltato, vogliamo oggi manifestare vicinanza e solidarietà all’avvocato Fabio Repici e ai magistrati palermitani Antonino Di Matteo, Francesco Del Bene, Roberto Tartaglia, Vittorio Teresi e Roberto Scarpinato.

Vogliamo che questa solidarietà arrivi chiara e forte nei luoghi da dove queste minacce sono partite, perché la mafia trova e accresce il suo potere nel silenzio e nell'omertà; una solidarietà che prenda forza dal consenso dell’intera nazione, che sia ripresa e rilanciata dai Comuni più periferici fino ad arrivare alle più alte Istituzioni.
 
Una solidarietà che, da tutta Italia, faccia passare chiaro il messaggio che tutti i tentativi di sfidare la sovranità dello Stato, minacciando la vita dei suoi uomini più esposti e preziosi, di attentare al diritto alla convivenza pacifica e alla legittima pretesa di giustizia e verità della comunità, non saranno tollerati e saranno repressi con tutti gli strumenti a disposizione in uno Stato di diritto.

Ribadiamo, pertanto, l'estrema necessità di una presa di posizione netta da parte delle Istituzioni a sostegno dei magistrati di Palermo e dell'avvocato Fabio Repici, sostegno che potrà essere dimostrato solo tramite azioni concrete come:
 
•    La convocazione del Comitato per l’ordine e la sicurezza nelle città di Palermo e Messina e l’adozione immediata di urgenti provvedimenti per la tutela dell’incolumità, rispettivamente, dei magistrati minacciati da Totò Riina e dell’avvocato Repici minacciato da Rosario Cattafi.

•    L’archiviazione da parte del CSM del procedimento disciplinare avviato a carico del sostituto procuratore Nino Di Matteo che avrebbe rilevato in un’intervista ad un quotidiano l’esistenza di intercettazioni telefoniche tra Nicola Mancino ed il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (notizia già diffusa in precedenza da altre testate giornalistiche).

•    Una seduta straordinaria della Commissione parlamentare Antimafia – che invece stenta a partire – dedicata ad approfondire ciò che è emerso dalle più recenti indagini e dai processi in corso a Palermo e Messina sulle complicità tra Cosa Nostra e potere.

Chiediamo che le Istituzioni dimostrino nei fatti l'impegno dello Stato nel portare avanti quegli ideali di verità e giustizia che mossero la vita e le scelte di persone come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, prendendo sulle proprie spalle la loro pesante ma bellissima eredità.

Foto © Giorgio Barbagallo

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