da corriere.it - 25 settembre 2013
Padre e figlio si ribellano alla 'ndrangheta con l'aiuto delle istituzioni. E davanti al ristorante aprono la spiaggia di Libera
Prima il padre, poi il figlio. Il copione, però, era sempre lo stesso: la richiesta, le minacce, quindi l’aggressione. Le storie di Demetrio e Filippo Cogliandro, padre e figlio cresciuti a Lazzaro, vicino a Reggio Calabria, sono perfettamente sovrapponibili. Compreso il finale, con la denuncia degli estorsori, e la vicinanza delle autorità. Ma entrambe le vicende, raccolte ne L’impero della ‘ndrangheta (Giulio Perrone Editore, 2013) - scritto da Raffaele Rio, economista e Dorina Bianchi, ex parlamentare Pd, Udc, oggi Pdl - raccontano soprattutto il premio al coraggio dei due imprenditori.
L'INSEGNAMENTO AL FIGLIO - Demetrio Cogliandro, padre di Filippo, negli anni ’80 gestiva un’area di servizio sulla statale di Lazzaro. Gli affari crescevano, e la ‘ndrangheta se ne accorse. Arrivarono i danneggiamenti e una rapina, quindi la richiesta: il pizzo per la protezione. Ma il papà di Filippo conosceva i suoi aguzzini, al punto da identificarli e denunciarli. Così una sera del dicembre 1986, dalle minacce passarono all’aggressione: all’uscita dell’area di servizio, Demetrio Cogliandro viene gambizzato. Lui, però, continuò a non pagare, anche per dare un insegnamento al figlio Filippo, allora un diciassettenne con la passione per l’arte. Passione che, anni dopo, sfocerà nella cucina del suo ristorante.
LA CUCINA E LA PITTURA - Filippo infatti diventa chef, e nel 1995 rileva proprio il locale in cui era sorta la scuola di pittura di Jim Jansen, pittore di corte del Re belga Baldovino, vissuto a Lazzaro negli anni ’70. L’Accademia Ristorante di Filippo Cogliandro diventa subito un punto di riferimento a Lazzaro, tanto da attirare anche appetiti poco graditi. Ancora una volta il copione è lo stesso, e a Filippo sembra di vedere di nuovo lo stesso film: visite sgradevoli, telefonate notturne, minacce velate. Anche lui, così, prende la stessa decisione del padre: nel 2008 chiama le autorità, e denuncia tutto. Eppure, proprio da quel momento comincia a mancargli il terreno sotto i piedi: dopo la denuncia i clienti scappano, intimoriti dalle possibili conseguenze, e Filippo non riesce più a pagare neanche gli stipendi dei dipendenti.
DON CIOTTI E LA SPIAGGIA - È a questo punto che subentrano le istituzioni, che aiutano l’imprenditore. Il sindaco del comune fa approvare una delibera per azzerare i contributi dovuti dalle vittime di mafia, mentre la camera di commercio locale lo esenta per 5 anni dalla tassa d’iscrizione annuale. La la vera svolta, però, arriva l’anno scorso, con lo sbarco a Lazzaro dell’associazione Libera e di Don Ciotti. In città nasce la prima spiaggia di Libera, e a gestirla è proprio Filippo Cogliandro. Oltre a costituirsi parte civile nel processo contro gli estorsori, infatti, il Comune concede gratuitamente a Filippo lo spazio antistante il ristorante dell’Accademia. E da ormai due anni, il locale e la spiaggia - che è libera per tutti- registrano il tutto esaurito, al punto da dover rifiutare nuove richieste. Con il copione che si ripete ancora una volta, per Filippo come per Demetrio, il padre e il figlio che hanno denunciato la ‘ndrangheta.
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In foto: il ristorante