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giordano-pippo-webdi Pippo Giordano - 8 giugno 2013
Le dichiarazioni rese spontaneamente dal generale Mori, nel processo sulla trattativa Stato-mafia, che lo vede imputato, sono del tutto legittime a riprova che nella Legge penale i diritti dell'imputato sono ampiamente garantiti. Epperò, mi permetto di non condividere alcuni passi non fosse altro perchè il generale Mori è stata una punta di diamante nel panorama investigativo italiano e quindi conosce a meno dito l'abc delle indagini di polizia giudiziaria. Sa bene che un processo non s'istruisce per mero capriccio di uno o più PM che vanno in televisione o da una pletora composita di attori che seppure diversi tra loro, avrebbero dato la stura al processo di che trattasi. Insistere e dunque affermare che Michele Riccio - non dimentichiamolo alto ufficiale dell'Arma - con Ciancimino, Genchi, Sonia Alfano, Giuseppe Lumia, Antonio Di Pietro, Angela Napoli, Fabio Granata, Luigi Li Gotti, Leoluca Orlando e Rosario Crocetta, abbiano in parte condizionato i PM, mi sembra davvero opinabile e fuori da ogni logica processuale. Appare anche fuori dal mondo il non gradimento da parte del Generale verso le associazioni legalmente costituite, come le Agende Rosse di Salvatore Borsellino, La Rete, Libera, l’associazione nazionale delle vittime della mafia, Quinto Potere, Libera Cittadinanza, Associazione Penso Libero, che in qualche modo avrebbero influito e condizionato l'iter investigativo.

Non vengono risparmiati nemmeno gli avvocati Fabio Repici e Gioacchino Genchi e i giornalisti Marco Travaglio, Concita Di Gregorio, Sandra Amurri, Saverio Lodato e Giuseppe Lo Bianco per giungere a Antimafia2000. Nemmeno il compianto Don Gallo si è salvato nelle  “memorie” spontanee. lette in aula dal Generale.  Il Generale sa bene che tutte le persone elencate non hanno e non potrebbero condizionare le decisioni della Procura di Palermo. Suvvia Generale, mi spiace ma non mi sarei mai aspettato una difesa in siffatto modo. Chi conosce i meccanismi investigativi sa bene che le “arie fritte” non vengono tenute in considerazioni e al sol pensiero che gli attori elencati vengano additate come valore aggiunto dall'accusa è davvero risibile. In ogni caso solo nel dibattimento e attraverso il contraddittorio si potrà stabilire se gli elencati attori siamo indispensabili all'accertamento delle verità: verità già offuscata da alcune telefonate distrutte, mentre da altre lapalissianamente illuminanti. Dunque nel dibattimento, come recita il nuovo codice, che si formano le prove se devo essere sincero io non parteggio né per il Generale nè per la Procura: mi limito ad attendere l'esito del processo e che Giustizia sia fatta. La mia sarà un attesa simile a precedenti processi, quando imputati erano membri della mia stessa “famiglia”, ovvero la Polizia di Stato.. Tuttavia, poiché oramai la trattativa tra Stato-mafia non può più essere considerata presunta, mi duole apprendere che “qualcuno” abbia potuto intrattenere rapporti coi beceri e bestiali mafiosi. Mi duole, pensando al parigrado del Generale Mori, ossia Carlo Alberto Dalla Chiesa, ai capitani Basile, D'Aleo e numerosi carabinieri, poliziotti e magistrati, che ho visto cadaveri nelle vie di Palermo. Se la responsabilità del Generale e dei coimputati, in ordine alle accuse contestategli, venisse scritta a sentenza, ne soffrirei tantissimo: sarebbe come una pugnalata a tradimento datami mentre cercavo di scoprire gli autori della strage di Capaci. Faccio fatica, ancora oggi, a rimarginare le ferite delle pugnalate datemi dai miei colleghi della porta accanto. E, siccome ho piena fiducia nell'operato della Magistratura, attenderò con religioso silenzio che verità emerga.

ANTIMAFIADuemila
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