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agate-mariano-webdi Rino Giacalone - 3 aprile 2013
Il boss è morto nel suo letto. Da capo mafia. Un tumore che l’aveva aggredito gli aveva fatto ottenere la scarcerazione nonostante la sfilza di ergastoli. Qualche settimana addietro il ritorno in libertà, oggi nel tardo pomeriggio il decesso. Un boss di peso quello deceduto, Mariano Agate, 74 anni: a lutto non solo i familiari ma viene da presupporre i boss di Cosa nostra, da Totò Riina a Bernardo Provenzano, sino a Matteo Messina Denaro; anzi forse Matteo Messina Denaro oggi si ritrova ad essere più capo della mafia, perché don Mariano Agate era quello che più di lui aveva peso dentro la mafia siciliana, non si può dire che ne ha mai minato il controllo e però come ha raccontato il pentito Sinacori Mariano contava più di del giovane Matteo e non solo per un fatto anagrafico.

Custode della latitanza di Riina, regista di grandi affari e traffici internazionali, droga, appalti, politica, mafioso e massone, contro di lui le condanne per i delitti di magistrati, poliziotti, carabinieri, uomini delle istituzioni. Ciaccio Montalto, Falcone, Borsellino, le stragi del 1993, l’attentato a Maurizio Costanzo. Dal carcere continuava a comandare, si occupava di 41 bis, mandava a ringraziare gli avvocati che scrivendo ai parlamentari gli emendamenti ad un certo punto riuscirono a rendere meno pesante il carcere duro. Dal carcere si occupava di grandi traffici di cocaina, stringeva accordi con le altre mafie, con la ndragheta, mandava a dire a Rostagno di non dire minchiate e visto che questi continuava a dire quello che per Agate erano minchiate avrebbe contribuito alla sua uccisione, salvo poi fare funzionare il solito tam tam della denigrazione e Rostagno grazie al sua passa parola ancora oggi, nonostante il processo, per alcuni è morto ammazzato per questione di corna.
Mariano Agate era un mafioso potente quanto criminale ed assassino, riuscì a saldarsi con i due capisaldi della mafia siciliana, palermitani e catanesi, qualità accresciute quando a Mazara del Vallo diventa il custode del più famoso dei latitanti, capo indiscusso della cupola siciliana, il corleonese Totò Riina, Totò u curtu. Agate era sempre al suo fianco; mandò un suo emissario a Mazara il 19 agosto 1985 a ricevere l’allora ministro degli Esteri Giulio Andreotti, l’allora giovane, già rampante della mafia mazarese, Andrea Manciaracina che con Andreotti riuscì ad appartarsi a quattr’occhi per un colloquio ancora oggi segreto. Custode anche di casseforti mafiose, suo il proposito negli anni 70 di comprare addirittura un isolotto al largo di Malta, la mafia aveva mille miliardi di lire da spendere e pensava di comprare quel pezzo di isola e lì costruire un residence e Mariano Agate era dell’affare, salvo poi dirottare quei soldi verso alcune city europee per fare altro.

In foto: Mariano Agate by livesicilia

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